Commento al Vangelo del 17 aprile 2016 – don Giovanni Berti – Gioba

Commento al Vangelo a cura di don Giovanni Berti 

Per comprendere meglio la portata delle parole di Gesù in questa pagina del Vangelo è fondamentale ancora una volta non separarle dal contesto in cui sono pronunciate. Ed è specialmente l’ultima piccola frase (“io e il Padre siamo una cosa sola” … letteralmente “siamo uno”) che se non sappiamo dove Gesù la pronuncia non possiamo comprendere bene il messaggio che Gesù vuole comunicare ai suoi discepoli e soprattutto noi.

Gesù è nel luogo più sacro agli Ebrei (e Gesù e i suoi ascoltatori sono tutti ebrei), cioè il Tempio di Gerusalemme. E’ proprio in questo luogo che rappresenta la presenza di Dio in mezzo agli uomini, che questo semplice e umile maestro della Galilea si auto dichiara “uno” con Dio!

Bestemmia! E di quelle grosse e terribili! E non gli è sfuggita per “sbaglio” come si direbbe oggi… come vizio dell’intercalare volgare, ma una affermazione blasfema consapevole e diretta.

L’evangelista Giovanni racconta che appena sentono questa cosa coloro che erano venuti ad interrogare Gesù se fosse lui o no il profeta da aspettare, prendono delle pietre e a buon ragione lo vogliono lapidare.

Da un certo punto di vista forse possiamo capire questa reazione, perché Gesù sta scardinando tutta la loro costruzione religiosa che è ben rappresentata da quel magnifico Tempio della città santa. Il Tempio di Gerusalemme con le sue alte mura, i suoi cortili separati e i luoghi inaccessibili se non ai custodi del sacro, restituisce una immagine di Dio che invece Gesù vuole sovvertire!

Dio non è separato dall’uomo, ma si trova dentro la realtà umana, mescolato con le miserie dell’umanità più povera e distante. Dio si comunica in modo diretto nei gesti della carità e misericordia di Gesù e di coloro che portano oggi il suo nome. Questo è inaudito anche oggi per coloro che vorrebbero Dio solamente giudice dell’umanità peccatrice e non compagno di viaggio dell’umanità con i suoi limiti e piccolezze. Eppure è proprio questo che Gesù è venuto a rivelare ai suoi discepoli che ascoltano la voce del suo insegnamento.

Il papa che visita, insieme ad altri rappresentanti delle Chiese sorelle, i profughi nell’isola greca di Lesbo, nuovo simbolo della tragedia della migrazione moderna dei poveri, mette in pratica questa pagina di vangelo, mostrando che la Chiesa è come Cristo, e prende per mano tutte le pecore, specialmente quelle più disperse e sole. Questa visita del papa mostra che Dio si può incontrare anche in questa povertà, anzi soprattutto in questa povertà umana, fatta di dolore, fuga dalla guerra, sofferenza per le divisioni delle famiglie, e anche fatica dell’accoglienza.

Il Dio onnipotenze, creatore del cielo e della terra, è “uno” con il Cristo sofferente, povero e nudo sulla croce, ed è “uno” con il Cristo povero, nudo e sofferente nelle migliaia di uomini, donne, bambini e anziani che scappano da guerre e fame, e bussano sempre più a fatica alle porte dell’Europa.

Quale è la nostra reazione di fronte a questo? Magari non scagliamo pietre per eliminare Gesù come hanno fatto nel Tempio di Gerusalemme, ma usiamo le pietre per alzare muri e barriere. E alla fine il risultato è lo stesso. E’ davvero questa la nostra reazione?

Giovanni don

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IV Domenica del Tempo di Pasqua

Gv 10, 27-30
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 – 23 Aprile 2016
  • Tempo di Pasqua IV, Colore bianco
  • Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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