Commento al Vangelo del 16 Dicembre 2018 – Piccole Suore della Sacra Famiglia

CHE COSA DOBBIAMO FARE?

10.   Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”.

Il brano odierno si colloca all’interno della predicazione di Giovanni Battista che, nel deserto, accoglie le folle per il battesimo di penitenza e di conversione, come profeta che conclude le attese dell’Antico Testamento e prepara il Nuovo, con la venuta di Cristo.

Il precursore si scaglia con forza contro coloro che si avvicinano e li apostrofa “razza di vipere”, dicendo che non basta appartenere per nascita al popolo eletto: è necessario operare il bene, come un albero che deve dare frutti, altrimenti viene tagliato e gettato nel fuoco.

Da questo contesto scaturisce l’interrogativo “Che cosa dobbiamo fare?”: la folla si sente apostrofata e reagisce con disponibilità, chiedendo spiegazioni più chiare per riuscire a produrre frutti di conversione.

La stessa domanda viene posta anche dalle tremila persone riunite il giorno di Pentecoste, che ascoltano Pietro, si sentono toccare il cuore e chiedono che cosa devono fare. È il segno che è giunta la vita nuova del Cristo, che manifesta la misericordia del Padre, di cui gli uomini sono assetati.

11.    Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto”.

Giovanni Battista risponde in modo concreto e dettagliato. Per capire la risposta è necessario collocarsi nel contesto: le folle hanno fatto un lungo viaggio a piedi e si trovano nel deserto, dove dormono all’aperto e dove manca il cibo. L’invito è pertanto quello di amare il prossimo: accorgersi dei bisogni di chi sta attorno e condividere quanto si possiede. Dare all’altro secondo il suo bisogno e secondo le proprie possibilità: se si hanno due tuniche, darne una a chi è senza; se si ha del cibo, dividerlo con chi ne è privo.

L’amore cristiano è molto concreto: non possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo il fratello che vediamo. Il presupposto è la certezza di essere figli del Padre e, quindi, fratelli fra noi. Come fratelli non basiamo il nostro rapporto sulla giustizia distributiva, “a ciascuno il suo”, ma sulla relazione, sulla condivisione.

12.    Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”. 13. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. 14. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”.

I pubblicani e i soldati erano collaboratori dei Romani, invasori della Palestina. Erano pertanto categorie disprezzate ai tempi di Gesù. A loro Giovanni non chiede di cambiare lavoro, ma di farlo in modo diverso, senza approfittarne: “Non esigete, non maltrattate, non estorcete”. Se ricordiamo che l’altro è mio fratello / sorella non pretendiamo nulla e condividiamo tutto, come una famiglia in cui vige la legge dell’amore reciproco.

Colui che segue Cristo si differenzia dagli altri non per quello che fa, per il posto che occupa, per il lavoro che intraprende, ma per la verità delle sue intenzioni. Il Signore giudica il segreto del cuore e vede se siamo veramente liberi, se agiamo convinti di essere sotto il suo sguardo, guidati dalla retta coscienza, che è Lui stesso a sospingere. Il desiderio di incontrare il Signore deve essere il motivo di ogni nostra attesa, di ogni moto del nostro cuore. Di conseguenza, le nostre azioni devono rivelare il disinteresse per l’attaccamento alle cose della terra: uso ma non abuso di ciò che abbiamo a disposizione.

15.  Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo,

L’attesa del Messia era talmente grande e il popolo era talmente ben disposto nei suoi riguardi che, vedendo le caratteristiche profetiche del Battista, la gente si chiedeva se non fosse lui il Cristo. Giovanni, pertanto si premura di evitare ogni equivoco.

Anche noi dobbiamo vivere in un atteggiamento di attesa, perché colui che aspettiamo è il Signore della nostra vita e non possiamo vivere senza di Lui. Coltiviamo, pertanto, il desiderio di Lui.

16.  Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

Giovanni presenta il Messia come una persona più forte, un essere divino, a cui egli non era degno di “sciogliere i sandali” (servizio prestato solo dagli schiavi). La certezza che egli trasmette è quella di un’effusione dello Spirito, un evento che trasforma il cuore, lo converte e lo dilata.

Battezzare vuol dire immergere: Giovanni immerge nell’acqua a significare che la persona raggiunge e constata il suo limite di creatura, finita e debole, soggetta alla morte, di cui l’immersione è il simbolo. Cristo ci battezza, invece, in Spirito Santo, cioè, non solo fa emergere la nostra verità di deboli creature, ma ci fa rinascere ad una vita nuova, da risorti, nella partecipazione alla vita di Dio.

“A cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”: Giovanni e Gesù sono su due piani diversi: uno è la promessa, l’Altro è il compimento; uno è il precursore, l’Altro è l’Atteso che è venuto.

17.  Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”.

Continua l’immagine del fuoco che brucia quanto è inutile e inservibile.

Il giudizio del Signore è discernimento tra il bene e il male. Non condanna, ma avvisa, esorta, mette in guardia allo scopo che la persona si converta e si salvi.

18.  Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

In questo contesto il verbo evangelizzare significa dare buone notizie. Giovanni incoraggiava il popolo e, mentre sferza gli animi per scuoterli dal torpore di una vita depravata, sprona alla speranza perché il Messia, di sicuro, è in arrivo.

Abbiamo bisogno di essere cristiani che annunciano il Messia che viene per dire che siamo amati da Dio, siamo importanti per Lui, al punto di inviare il Figlio Unico. Proprio perché amati, dobbiamo amare, così come il nostro cuore ci detta, se lo sappiamo ascoltare. L’uomo viene al mondo “per amare” e non può non farlo; “per donare” e non può non farlo. Se decide di avere per sé, se sceglie il possesso, l’egoismo, l’ingiustizia si condanna già da ora alla morte dell’anima e all’infelicità.

Noi vogliamo essere persone che si lasciano conquistare da Cristo e che, per avere Lui, che ha parole di vita eterna, sono disposte a dare tutto, anche la vita. Nascerà, così un mondo di fraternità, dove nessuno ha bisogno, perché tutti condividono: chi ha di più lo dà a chi ne ha di meno. Possiamo sognare, dobbiamo sognare, e agire perché il sogno diventi realtà.

Suor Emanuela Biasiolo

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III DOMENICA DI AVVENTO – ANNO C

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Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

  • 09 – 15 Dicembre 2018
  • Tempo di Avvento II
  • Colore Viola
  • Lezionario: Ciclo C
  • Anno: III
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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