LA NECESSITA’ DELL’AMORE SINO ALLA FINE DOVUTA AI NOSTRI PECCATI SENZA FINE
[ads2]Come quel giorno a Gerico, così oggi Gesù cerca ciascuno di noi, schiavi dei nostri peccati, incapaci di perdonare e di chiedere perdono, ma con un desiderio insopprimibile di “vederlo”. Ma, come Zaccheo, cerchiamo Gesù ancora con occhi troppo umani; lo crediamo simile a noi, e pensiamo che per incontrarlo dovremmo fare come siamo abituati con gli altri: “salire” sul “sicomoro” per essere diversi dalla “folla”, cambiare in qualche modo la nostra realtà, che ci sembra inadeguata e di inciampo. Ma Gesù ci stupisce con il suo amore che fa proprio del sicomoro così meschino e ridicolo sul quale ci issiamo, il “katalyma”, come la grotta di Betlemme e il Calvario, – nei cui brani è usato lo stesso termine – il “seno” benedetto dove si rinasce a vita nuova. Gesù, che conosce il nostro nome come quello di Zaccheo, ci guarda e ci dice: “Puro, (un significato del nome Zaccheo) scendi subito, che devo fermarmi a casa tua”. Non importa se puri non siamo, i suoi occhi intrisi di misericordia ci vedono già così, “anche noi figli di Abramo”, nonostante tutto; per questo “deve” venire, e “fermarsi” a casa nostra per “purificarci” riconciliandoci con Dio e con i fratelli. E non c’è tempo di mettere ordine, di spazzare, di prepararci all’incontro, perché Lui ci anticipa sempre. Solo la Sua Parola può compiere il Perdono: “scendi”, convertiti, torna in te, scendi i gradini del cammino che ti conduce al battesimo, “non temere, io ti amo così come sei”.
Gesù anche oggi è in ginocchio davanti a ciascuno di noi per lavarci ogni peccato; ci guarda dal basso, “alza lo sguardo” e, se ci chiama a “scendere”, è perché Lui è già lì, dove abbiamo “derubato e frodato”. Per amarci il Signore non pone condizioni: la conversione è il frutto del suo amore, perché “l’agire segue sempre l’essere”, e l’essere deve essere prima rinnovato. “E il Signore vide proprio Zaccheo. Fu visto e vide; ma se non fosse stato veduto, non avrebbe visto… Siamo stati veduti perché potessimo vedere; siamo stati amati affinché potessimo amare” (S. Agostino, Discorso 174). Zaccheo, nevrotico e sempre in lotta con se stesso e con i suoi complessi, si è specchiato in Cristo e ha trovato in Lui la pace, la statura ideale per la sua vita: è tornato ad essere il “figlio di Abramo” che s’era “perduto” a causa del peccato. Zaccheo, “cercato” e “salvato” senza condizioni, vede il suo cuore ormai trasformato gratuitamente in una sorgente d’amore, nonostante le “mormorazioni” e lo “scandalo” che sempre provoca una conversione impensata. Liberato da se stesso si dona senza misura ai fratelli, “poveri” come lui. Accogliendo “oggi” Cristo che si auto-invita nella nostra casa, possiamo vivere in pienezza ogni giorno come Yom Kippur, il grande giorno del perdono, nel quale ogni ebreo era invitato a visitare coloro con i quali aveva qualche cosa in sospeso per riconciliarsi. Ed è proprio quello che ha fatto Gesù con Zaccheo; Lui, senza peccato, si è fatto peccato e ha preso l’iniziativa andando a cercare in Zaccheo ogni peccatore per offrirgli il perdono e la riconciliazione. Ecco perché era “necessario”, come recita il greco originale, che Cristo si “fermasse” nella casa di Zaccheo, doveva sciogliere l’inganno che lo aveva separato da Dio! Come anche “oggi” è necessario che ci visiti, con la Parola o con gli eventi attraverso i quali sempre Dio ci parla, e così si possa fermare nella nostra vita, per salvarci, e non solo. E’ necessario che ci faccia una cosa con Lui, nella nostra casa, nei pensieri, nelle parole, nei gesti, perché noi si possa finalmente restituire “quattro volte tanto” quanto abbiamo sottratto ingiustamente a chi ci è accanto, l’amore di cui avevano diritto moltiplicato dalla misericordia di Dio. E per fare di noi altrettanti Gesù che devono fermarsi a casa di ogni uomo, sino al più lontano, per farvi entrare la salvezza e trasformare ogni oggi nel giorno di Pasqua, offrendo la riconciliazione con il Padre e issare in Cielo questa generazione. Come accadde a San Francesco a Spoleto mentre si dirigeva incontro alla vana gloria e incontrò il Re che si donava a lui perché anche lui si donasse a Cristo.
Don Antonello Iapicca
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Dal Vangelo secondo Luca 19,1-10.
Entrato in Gerico, attraversava la città.
Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,
cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua».
In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ciò, tutti mormoravano: «E’ andato ad alloggiare da un peccatore!».
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo;
il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».