Commento al Vangelo del 12 maggio 2013 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

LA VIA AL CIELO

L’Ascensione di Cristo comincia dalla croce: quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me (Gv 12, 32). Nella passione si realizza l’offerta che Gesù fa di sé stesso al Padre, la Resurrezione segna la vittoria sul peccato che causò la morte e la conseguente Ascensione riapre la strada al cielo, cioè a quella familiarità con Dio che i progenitori avevano perduto col peccato originale. Dice la lettera agli Ebrei (4, 9): Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Nell’incarnazione il Signore si fa uomo, entra nella storia e tornando al cielo porta con sé la sua umanità. L’uomo che non era più ammesso alla presenza di Dio, fa ritorno alla sua dignità. Così si compie il disegno della salvezza. Gli apostoli che guardano Gesù che sale avvolto in una nube, rimangono a bocca aperta a fissare il cielo e due angeli li riportano alla realtà: il Signore tornerà e ora tocca a voi. La via è aperta e il loro compito, da allora in poi, sarà quello di aiutare le persone a trovarla. Per questo il Maestro promette lo Spirito Santo, che è l’anima della Chiesa la cui missione è di annunciare a tutto il mondo la conversione e il perdono dei peccati. La nostra vita terrena acquista una grande importanza, perché non è solo un lento decadere verso la morte, ma la preparazione di un’esistenza piena, liberata dalla sofferenza figlia del peccato. Come i discepoli, anche noi siamo chiamati ad essere testimoni di questa novità. Il Cristo apre la via e noi, come legati in una grande cordata, siamo aiutati da chi ci ha preceduto e diventiamo sostegno ed esempio per chi ci segue. Gesù ha detto a Pietro: seguimi ti farò pescatore di uomini, per indicargli che la sua missione sarebbe stata quella di portare, con le sue reti, più anime possibile in cielo. Questo è il compito della Chiesa, ricordare all’uomo qual è il suo destino, spronandolo ad ispirarsi sempre a grandi ideali, perché la nostra patria è il cielo dove Gesù, Maestro e Capo, ci ha preceduti. Molti vorrebbero che la Chiesa si limitasse a garantire il culto senza far sentire la sua voce altrove, ma non esistono due piani separati, da una parte la religione e dall’altra la vita quotidiana. Gesù si è fatto uomo, ha incarnato la divinità, la sua passione, morte e resurrezione, danno un senso nuovo all’esistenza. Il nostro destino va oltre questa vita. Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? (Mt 16, 26). Essere credenti vuol dire ispirare la vita intera all’ideale dell’amore, senza accontentarsi di niente di meno. La luce di Cristo, che nel rito del Battesimo rappresentiamo con una candela, non può essere nascosta, ma deve poter illuminare ogni uomo.

Lc 24, 46-53 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

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