Commento al Vangelo del 1 novembre 2015 – don Walter Magni

Fratelli, sorelle,

Solennità di tutti i Santi (1 novembre 2015). Ascoltando la lettura di questa pagina di Vangelo – le Beatitudini secondo Matteo – si ha subito l’impressione di parole buone. Cariche di consolazione e di speranza. Mentre le leggevo sentivo che mi si sprigionava dentro una forza positiva, un’energia del tutto particolare. Forse perché si tratta di parole, di espressioni che Gesù stesso ha pronunciato così e che gli evangelisti non hanno voluto rielaborare più di tanto. Qualche esegeta dice che Gesù le avrebbe persino declamante cantando. Come un canto che ha il suo ritornello: beati, beati…

Una pagina che fa respirare

E mentre forse viviamo giorni un po’ stanchi e la luce del giorno diminuisce e il tempo diventa più freddo e invernale, una pagina come questa ti scalda il cuore e ti fa riprendere fiato. Semplicemente l’ascolti e già ti sembra di respirare a polmoni pieni. Tutto sta nel potere proprio di queste otto parole che Gesù ci ha regalato. Del resto Lui sa bene che abbiamo bisogno di respirare. Mi è capitato talvolta di incontrare, stando in chiesa, gente che, guardandomi in faccia, mi diceva con lo sguardo: “Sono qui perché avevo bisogno profondo di venire. Per raccontarmi un po’ al mio Signore. Perché ho voglia di respirare”. Perché abbiamo bisogno di respirare dentro le nostre case, percorrendo le strade, nel traffico caotico della città. Ma anche all’interno dei nostri gruppi parrocchiali, là dove lavoriamo, facciamo volontariato, avendo l’opportunità di incontrare la gente. Respirare significa essere semplicemente umani. Ancora capaci di stabilire con la gente, a partire da quelli di casa, rapporti spontanei, relazioni più gratuite e semplici. Non subito segnati dal calcolo e dal bisogno. Uscendo dalla banalità di certi discorsi. Tra parolone talvolta molto alte o astratte e certi discorsi che potrebbero rasentare il pettegolezzo, si ha bisogno di parole normali. Capaci di farci respirare. Le otto parole di Gesù, le Sue otto beatitudini hanno questo straordinario potere. Quello di farci entrare nel respiro profondo di Dio che ci prende così come siamo, senza disquisire delle nostre precarietà, dei nostri bisogni, dei nostri limiti e delle nostre capacità.

Com’erano i Suoi occhi?

Com’era lo sguardo di Gesù, mentre pronunciava o cantava quelle otto parole, quelle beatitudini? Come posava lo sguardo sui Suoi amici? Su chi Lo stava ad ascoltare? Alcuni discepoli sicuramente provenivano da situazioni sociali segnate da pesanti povertà e precarietà umilianti. C’era chi si portava nel cuore qualche ferita affettiva profonda. Forse il dolore per qualcuno che aveva lasciato o per qualcosa di ingiusto che aveva commesso. Per mitezza di carattere – qualcuno l’avrebbe chiamata ingenuità – un altro s’era scontrato con la fatica a sostenere un clima di buoni rapporti in un piccolo gruppo di pescatori che pure s’erano innamorati di Gesù. Persino altri avevano cercato di lottare, senza ottenere grandi risultati, a favore della libertà del loro popolo, invocando più rispetto e giustizia. Così, dunque, li vedeva Gesù, mentre leggeva nei loro cuori anche altri passaggi delicati della loro esistenza. E perché non possiamo fare altrettanto, imitando Gesù? Regalare consolazione, anche solo con lo sguardo, a chi ci sta accanto, introducendolo ad una speranza più solida, ad una consolazione più vera? Avvolgendo la loro esistenza di un calore sincero, di un affetto sano, facendo loro sentire il profumo delle beatitudini proclamate da Gesù? Imparare a guardare gli altri così come Gesù guardava i Suoi mentre cantava le Beatitudini. Imparare a custodire in noi la vita di chi ci sta accanto, perché la sua vita non si spenga, soffocata dall’indifferenza.

Suscitare ancora speranza

Qui ci vuole realismo. Quando Gesù diceva “beati i poveri… beati gli afflitti… beati coloro che hanno fame e sete di giustizia… ”, diceva questo guardando negli occhi i Suoi e tutti coloro che s’erano accalcati attorno a Lui per poterLo ascoltare. I poveri e gli afflitti erano anzitutto loro. Loro erano i miti, gli assetati di giustizia, i puri di cuore, i misericordiosi, gli operatori di pace e i perseguitati a causa della giustizia. E a loro Gesù voleva regalare, senza retorica, una parola buona, carica di affetto e di felicità. Potete immaginare i loro occhi, i sussulti del loro cuore. E noi, dove fissiamo i nostri occhi ancora? Noi che viviamo dentro un tempo, immersi in una società che, forse non diversamente da allora, esalta ben altre parole, come l’arroganza della forza, il luccichio della ricchezza, la furbizia delle cordate, l’incenerimento del nemico. Quali parole di speranza lasciamo che emergano dal nostro cuore, guardando la fatica, la povertà, la precarietà, la fame e la sete di giustizia, il desiderio di pace che pure abita l’esistenza di chi ci sta accanto? Qui si gioca la nostra santità. Nel superare il timore d’essere giudicati dei sognatori, caduti in ragione della fede nella rete dell’utopia, nell’orizzonte di un mondo, di un’isola che non c’è! Entriamo nel sogno della santità secondo il cuore di Dio, della beatitudine, se abbandoniamo il sospetto che questi sono solo discorsi di chiesa. Di un Papa, papa Francesco, del quale non si sa bene cosa pensare. Soprattutto quando ci parla di una chiesa che deve uscire, chiamata ad andare nelle periferie del mondo e del cuore della gente per continuare a scovare segni di beatitudine. Segni di una santità possibile. Disponibile ancora.

don Walter Magni

[ads2]BEATITUDINI PER IL NOSTRO TEMPO

“Che bello che, in un mondo di feriti ed esclusi, ci sia qualcuno che si china e lenisce. Che bello che, in un mondo di prepotenze e arroganze, ci sia qualcuno che crede nella mitezza d’animo e di cuore. Che bello che in un mondo di fame e ingiustizie ci sia qualcuno che ancora non ha cancellato la sete di giustizia. Che bello che, in un mondo di durezze e spietatezze, ci sia qualcuno che ha il volto della tenerezza e della compassione. Che bello che, in un mondo di corruzioni e intrighi, ci sia qualcuno integro e retto di cuore. Che bello che in un mondo di guerre e di violenze, ci sia qualcuno testardo costruttore di ponti. Di comprensione, di rispetto e di pace. Che bello che in un mondo di convenienze e opportunismi ci sia qualcuno disposto a pagare di persona per la difesa della verità e dell’altro. Ora guardi. Forse anche tu respiri. Di che colore sono i tuoi occhi?”

(Angelo Casati, Di che colore sono i tuoi occhi).

BEATI quelli che sanno ridere di se stessi: non finiranno mai di divertirsi.

BEATI quelli che sanno distinguere un ciottolo da una montagna: eviteranno tanti fastidi.

BEATI quelli che sanno ascoltare e tacere: impareranno molte cose nuove.

BEATI quelli che sono attenti alle richieste degli altri: saranno dispensatori di gioia.

BEATI sarete voi se saprete guardare con attenzione le cose piccole e serenamente quelle importanti: andrete lontano nella vita.

BEATI voi se saprete apprezzare un sorriso e dimenticare uno sgarbo: il vostro cammino sarà sempre pieno di sole.

BEATI voi se saprete interpretare con benevolenza gli atteggiamenti degli altri anche contro le apparenze: sarete giudicati ingenui, ma questo è il prezzo dell’amore.

BEATI quelli che pensano prima di agire e che pregano prima di pensare: eviteranno tante stupidaggini.

BEATI soprattutto voi che sapete riconoscere il Signore in tutti coloro che incontrate: avete trovato la vera luce e la vera pace.

“La prima qualità che si segnala nella vita dei santi è una forma di grande e ilare felicità, di sereno e totale abbandono, di serena e totale fiducia nel disegno che la vita, scendendo dalle mani di Dio, compone sui sentieri e sulle strade dell’uomo” (C. M. Martini).

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