Commento al Vangelo del 1 aprile 2018 – Don Gian Franco Brusa

Il Signore è risorto, alleluja!

Quest’anno la scelta editoriale è caduta sul commento al vangelo di Emmaus, offerto dalla liturgia come possibile opzione per la messa vespertina del giorno di Pasqua – Lc 23,13-35.

Due uomini si incamminano verso Emmaus, un villaggio a 10 km da Gerusalemme. È il primo giorno dopo il sabato. Gesù è stato crocifisso quarantott’ore prima. Quegli uomini, discepoli di Cristo, hanno avuto appena il tempo di maturare una cocente delusione e ritirarsi nel proprio villaggio. Avevano inutilmente confidato in Gesù e sperato nella liberazione di Israele. Della triennale predicazione del Maestro hanno compreso solo che è un liberatore! Non hanno capito che è un liberatore non politico, ma religioso; e non soltanto di Israele, ma di tutti gli uomini. Non hanno capito che Gesù doveva soffrire, morire e risuscitare il terzo giorno. Non hanno capito che la vita, la morte e la risurrezione di Gesù dovevano diventare il paradigma di ogni vita umana. La domenica, giorno della risurrezione, volgeva al declino: da giorno della gioia e della verifica diventa per loro giorno di delusione. E invece di attendere ancora un poco a Gerusalemme, i due tornanto al loro villaggio. Pur avendo sentito dire da alcune donne che Gesù è risuscitato, credono a coloro che, andati al sepolcro, non l’hanno trovato né morto né vivo. Eppure erano due discepoli di Gesù.

Il Risorto appare loro in incognito; e se vuole recuperarli, deve ricostruire tutto: cuore, mente, forze, poiché Dio dev’essere amato con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze. Gesù li raggiunge sulla strada di Emmaus e si apre un varco anzitutto nella loro interiorità: la sua stessa vicinanza fa subito ardere il cuore. Poi punta alla mente, alla ragione, spiegando le Scritture. La mente stolta e tarda nel credere comincia così ad aprirsi al riconoscimento di Cristo.

Ma il cuore e la mente non sono ancora abbastanza: per riconoscere e testimoniare Gesù è necessario ricevere la forza dal Cielo e appropriarsene. C’è un solo alimento per corroborare l’interiorità e lo spirito: l’Eucaristia. Quando Gesù spezza il pane per loro, i due scattano in piedi e corrono ad annunciare ciò che da quel momento ammettono senza esitazione: Cristo è veramente risorto! Allora l’ardore del cuore e la conoscenza biblica hanno lo sbocco voluto da Gesù: la fede incrollabile nel Cristo risorto. È l’Eucaristica la vera sorgente della vita cristiana. Benché tardi, per i due discepoli la domenica si trasforma in giorno di gioia. Tornano a Gerusalemme quasi correndo, per dare il lieto annunco agli Undici e agli altri che erano con loro: il Signore è risorto, alleluja! È la notizia della gioia e della testimonianza fatta dalle donne agli apostoli, fatta dai discepoli di Emmaus; è il grido di gioia che tutti i cristiani ripetono in diverse lingue. L’esperienza del Cristo risorto deve diventare per ciascuno di noi esperienza della propria risurrezione. Pur stando sulla terra, siamo come morti e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Il cristiano vive con questa certezza: «Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3,3s).

Il Signore è veramente risorto, alleluja!

Buona e santa Pasqua

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