Omelia dell’Em.mo Cardinale Claudio Gugerotti, giร Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali.
Beatitudini, venerati Padri Cardinali, fratelli e sorelle,
qualche giorno fa abbiamo pregato sulla salma del nostro Santo Padre Francesco e su quel corpo abbiamo proclamato la nostra fede incrollabile nella risurrezione dei morti. In questi giorni la nostra certezza e la nostra invocazione continuano perchรฉ il Signore guardi con misericordia al suo servo fedele.
La risurrezione, infatti, come ci ricorda la prima Lettura, non รจ un fenomeno intrinseco alla natura umana. ร Dio che ci fa risorgere, mediante il suo Spirito. Dalle acque del Battesimo noi siamo emersi come nuove creature, familiari di Dio, suoi intimi o, come dice San Paolo, figli adottivi e non piรน schiavi. Ed รจ proprio perchรฉ figli che nel medesimo Spirito ci รจ concesso di gridare la nostra invocazione: โAbbรก, Padreโ. A questo grido si associa la creazione intera che, nelle doglie del parto, aspetta la sua guarigione. Sembrano avere cosรฌ poco valore oggi il creato e la persona umana. Eppure tra noi ci sono Cardinali, come quelli provenienti dallโAfrica, che sentono spontaneamente la bellezza del frutto di queste doglie, perchรฉ una nuova vita รจ per i loro popoli un valore inestimabile.
Emerge poi il tema della creazione come compagna di viaggio dellโumanitร e solidale con essa, cosรฌ come essa chiede solidarietร al genere umano, perchรฉ sia rispettata e guarita. ร questo un tema che fu molto caro al nostro Papa Francesco.
Intorno a noi non facciamo altro che percepire il grido della creazione e in essa quello di chi รจ destinato alla gloria ed รจ la finalitร per la quale la creazione รจ stata voluta: la persona umana. Grida la terra ma soprattutto grida una umanitร travolta dallโodio, a sua volta frutto di una profonda svalutazione del valore della vita che, come abbiamo sentito, per noi cristiani รจ partecipazione alla famiglia di Dio, fino alla concorporeitร e consanguineitร con il Cristo Signore, che stiamo celebrando in questo sacramento dellโEucaristia.
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Molto spesso questa umanitร disperata fatica a esprimere nel grido la sua preghiera e invocazione al Dio della vita. Ed รจ allora, ci ricorda San Paolo, che lo spirito interviene dentro di noi e rende i nostri silenzi rocciosi e le nostre lacrime inespresse unโinvocazione al nostro Dio con gemiti inesprimibili o, come pure si puรฒ tradurre, con gemiti inespressi, cioรจ silenziosi. ร questa unโespressione tanto cara al mondo cristiano orientale che vede nella incapacitร di esprimere Dio (apofasi) una delle caratteristiche della teologia: contemplazione dellโincomprensibile, vano tentativo di togliere il velo alla veritร somma e quindi, al massimo, possibilitร di dire, come ripeterร in occidente San Tommaso dโAquino, non ciรฒ che Dio รจ, ma ciรฒ che Egli non รจ.
Ecco un grande insegnamento per noi che spesso ci sentiamo i padroni di Dio, i conoscitori perfetti della veritร , mentre siamo solo dei pellegrini a cui รจ stata data la Parola, che รจ il Figlio di Dio incarnato, perchรฉ ciรฒ che ci ha dato il dono di vivere nella gloria di Dio รจ solo frutto di grazia e di quellโinfusione dello Spirito Santo che ci fa, appunto, โspiritualiโ. E in oriente, padre e madre spirituale sono il monaco, la monaca o comunque la guida di quanti cercano Dio. Anche noi occidentali, significativamente prima di aver chiamato queste persone โdirettoriโ spirituali, li abbiamo chiamati padri e madri spirituali. Un interessante cambiamento.
In questa Eucaristia noi intendiamo unirci come possiamo e sappiamo, pur nelle nostre ariditร , distrazioni, continue perdite di focalizzazione sul solo necessario, al gemito inesprimibile dello Spirito che grida a Dio ciรฒ che gli รจ gradito e ciรฒ che esprime in pienezza il gemito della nostra natura, che noi non sappiamo formulare in parole, anche perchรฉ non ci concediamo neppure, travolti dalla fretta, il tempo per conoscerci, per conoscerlo, per invocarlo. SantโAgostino ci invita ad entrare dentro a noi stessi perchรฉ รจ lรฌ che si puรฒ trovare il senso autentico che non solo esprime ciรฒ che siamo, ma grida al Padre il nostro bisogno di essere figli amati, ripetendo: โ Abbรก, Padre โ: โ Noli foras ire, in te ipsum redi; in interiore homine habitat veritas โ.
Chi ama la sua vita la perderร – ci ricorda il Vangelo secondo Giovanni – e chi odia la propria vita la troverร . In questa frase cosรฌ estrema il Signore esprime la nostra specificitร di cristiani, considerati dal mondo seguaci di un perdente, di uno sconfitto della vita, che attraverso la morte, e non attraverso lโedificazione di un regno terreno, ha salvato il mondo e redento ciascuno di noi.
Papa Francesco ci ha insegnato a raccogliere il grido della vita violata, ad assumerlo e presentarlo al Padre, ma anche ad operare per alleviare concretamente il dolore che suscita questo grido, a qualsiasi latitudine e negli infiniti modi con cui il male ci indebolisce e ci distrugge.
Oggi la liturgia viene animata e partecipata da alcuni dei Padri e dai figli e dalle figlie delle Chiese Orientali cattoliche, presenti insieme con noi per testimoniare la ricchezza della loro esperienza di fede e il grido della loro sofferenza, offerta per il riposo eterno del defunto Pontefice.
Ad essi noi diciamo grazie per aver accettato di arricchire la cattolicitร della Chiesa con la varietร delle loro esperienze, delle loro culture, ma soprattutto della loro ricchissima spiritualitร . Figli degli inizi del cristianesimo, essi hanno portato nel cuore, insieme con i fratelli e le sorelle ortodossi, il sapore della terra del Signore, e alcuni addirittura continuano a parlare la lingua che Gesรน Cristo parlรฒ.
Attraverso gli sviluppi prodigiosi e dolorosi della loro storia, essi raggiunsero dimensioni importanti ed arricchirono il tesoro della teologia cristiana con un apporto tanto originale quanto, in buona parte, da noi occidentali sconosciuto.
Nel passato gli Orientali cattolici hanno accettato di aderire alla piena comunione con il successore dellโapostolo Pietro il cui corpo riposa in questa Basilica. Ed รจ nel nome di questa unione che hanno testimoniato, spesso col sangue o la persecuzione, la loro fede. In parte ora ridotti, di numero e di forze ma non di fede, proprio dalle guerre e dallโintolleranza, questi nostri fratelli e sorelle rimangono saldamente aggrappati a un senso della cattolicitร che non esclude, ma anzi implica, il riconoscimento della loro specificitร .
Nello scorrere della storia essi furono a volte poco capiti da noi occidentali, che, in alcune epoche, li giudicammo e decidemmo che cosa di quanto essi, discendenti di apostoli e di martiri, credevano era o non era fedele alla teologia autentica (cioรจ la nostra), mentre i loro fratelli ortodossi, consanguinei e partecipi della stessa cultura, liturgia e modo di sentire lโessere e lโoperare di Dio, li consideravano fuggiti di casa, perduti alla propria origine e assimilati a un mondo allora ritenuto reciprocamente incompatibile.
Papa Francesco, che ci ha insegnato ad amare la diversitร e la ricchezza dellโespressione di tutto ciรฒ che รจ umano, oggi credo esulti al vederci insieme per la preghiera per lui e per lโintercessione di lui. E noi ancora una volta ci impegniamo, mentre molti di loro sono costretti a lasciare le loro antiche terre, che furono Terra Santa, per salvare la vita e vedere un mondo migliore, a sensibilizzarci, come aveva voluto il nostro Papa, per accoglierli e aiutarli nelle nostre terre a conservare la specificitร del loro apporto cristiano, che รจ parte integrante del nostro essere Chiesa cattolica.
Agli occhi e al cuore dei nostri fratelli e sorelle dโOriente รจ sempre stato caro custodire lโincredibile paradosso dellโevento cristiano: da una parte la miseria del nostro essere peccato, dallโaltra lโinfinita misericordia di Dio che ci ha collocati accanto al suo trono a condividere persino il suo essere, mediante quella che con il grande Vescovo e Dottore santโAtanasio, che la Chiesa ricorda oggi, definiscono โdivinizzazioneโ.
La loro liturgia รจ tutta intessuta di questo stupore. E cosรฌ, ad esempio, in questo tempo liturgico, la tradizione bizantina ripete senza fine questa esperienza ineffabile, dicendo, cantando e comunicando agli altri: โCristo รจ risorto dai morti, calpestando con la morte la morte, e ai morti dei sepolcri ha elargito la vitaโ. E lo ripetono costantemente, come per farlo entrare nel cuore proprio e degli altri.
Questo stesso stupore esprime anche la liturgia armena, nel pregare con le parole di quel San Gregorio di Narek che proprio Papa Francesco volle ascrivere tra i Dottori della Chiesa e che la tradizione ha reso parte integrante dellโeucologia eucaristica: โNoi ti imploriamo, Signore, i nostri peccati siano consumati dal fuoco come quelli del profeta furono consumati dal carbone ardente offertogli con le pinze, cosรฌ che in tutto la tua misericordia sia proclamata come la dolcezza del Padre fu annunciata attraverso il Figlio di Dio, che condusse il figlio prodigo a tornare allโereditร paterna e guidรฒ le prostitute alla beatitudine dei giusti nel regno dei cieli. Sรฌ, anchโio sono uno di loro: ricevi anche me al pari di loro, come bisognoso del tuo grande amore per lโumanitร , io che vivo per le tue grazieโ.
Ecco solo due esempi della forza vibrante con cui lโemozione del cuore si mescola in oriente alla luciditร della mente per descrivere la nostra immensa povertร salvata dallโinfinitร dellโamore di Dio.
Cari confratelli Cardinali, mentre sempre piรน prossimi si fanno i giorni in cui saremo chiamati a scegliere il nuovo Papa, poniamo sulle nostre labbra lโinvocazione dello Spirito Santo che un grande padre orientale, San Simeone il Nuovo Teologo, scrisse allโinizio dei suoi inni: โVieni, luce vera; vieni, vita eterna; vieni, mistero nascosto; vieni, tesoro senza nome; vieni, realtร ineffabile; vieni, persona inconcepibile; vieni, felicitร senza fine; vieni, luce senza tramonto; vieni, attesa infallibile di tutti coloro che devono essere salvati. Vieni, tu che ha desiderato e desidera la mia anima miserabile. Vieni, tu, il solo, a me, solo, perchรฉ tu lo vedi che io sono solo; affinchรฉ, vedendoti in eterno io, morto, viva; possedendo te, io, povero, sia sempre ricco e ricco piรน dei re; io che mangiando e bevendo di te e vestendomi in ogni istante di te, passi di delizia in delizia ai beni inesprimibili, perchรฉ tu sei ogni bene e ogni gloria e ogni delizia ed รจ a te che appartiene la gloria, o santa, consustanziale e vivificante Trinitร , Padre, Figlio e Spirito Santo (โฆ) ora e sempre nei secoli dei secoli. Amenโ.
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