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Carlo Miglietta – Commento alle letture di venerdì 8 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Lc 1, 26-38

L’ANNUNCIO A MARIA (1,26-38)

Luca presenta Maria in una scena inaugurale che ha il preciso compito di caratterizzare il ruolo della madre: abitualmente si parla del racconto dell’annunciazione, ma, secondo il genere letterario proprio del brano, sarebbe meglio chiamare questo testo “la vocazione di Maria” (Lc 1,26-38). Si tratta, infatti, di un racconto di vocazione, molto simile a quello in cui è narrata la chiamata di Gedeone (Gdc 6,11-24): Dio, per mezzo di un suo messaggero, chiede la collaborazione ad una persona umana per la realizzazione di una grande impresa. 

Analizziamo ora il testo dell’annuncio a Maria.

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v. 28: “Rallegrati, trasformata dalla grazia: il Signore è con te!”

Rallegrati

Maria deve “rallegrarsi” (“kàire”) perché è l’incarnazione dell’Israele antico, che deve esplodere di gioia perché è giunto il Messia: meglio che l’“Ave” latina è la traduzione “Gaude” dei padri greci. “Maria infatti è salutata da Gabriele con le parole di gioia (1,28) con le quali i profeti Zaccaria (2,14-17; 9,9-10), Sofonia (3,14-20) e Gioele (2,21-27) avevano invitato alla speranza la “figlia di Sion”, cioè il resto di Israele (Is 10,20) che, tornato dall’esilio, avrebbe ricostruito la “casa di Giacobbe”, della quale Gesù sarà il re (Lc 1,33)” (M. Masini).

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Graziata

Amata

Maria è la “kecharitòmene”, la “graziata”, resa amabile (non “piena di grazia”, sarebbe stato “plerès charitòs”, come in At 6,8 riferito a Stefano). È la favorita per amore, l’Israele scelto per misericordia (Os 11,1-4). È l’eletto reso bello per grazia (Ez 16,8-14). È Israele fatto sposo di Dio (Os 2,21-28; CdC). 

Eletta

Nel linguaggio della Bibbia “grazia” significa un dono speciale, che secondo il Nuovo Testamento ha la sua sorgente nella vita trinitaria di Dio stesso, di Dio che è amore (1 Gv 4,8). Frutto di questo amore è l’elezione – quella di cui parla la Lettera agli Efesini (Ef 1,2-23) – da parte di Dio: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà” (Ef 1,3-10).

Nuovo Abramo 

La fede di Maria può essere paragonata a quella di Abramo, chiamato dall’Apostolo “nostro padre nella fede” (Rm 4,12). “Come Abramo, Maria trova grazia presso Dio, genera un figlio in modo miracoloso, è benedetta per la sua fede, nella sua persona si realizzano le promesse fatte ad Abramo per il popolo d’Israele” (A. Serra). “Da questo momento Abramo diventa espressamente il padre di tutti i credenti e Maria, come dirà espressamente Gv 19,25-27, ne diventa la madre” (G. Bruni).

Bellissima

Se Eva aveva disobbedito a Dio, Maria le si contrappone con il suo “sì” (Lc 1,38), e con il suo invitare a “fare quello che lui vi dirà” (Gv 2,5), come l’Israele obbediente al Sinai. Al Sinai, infatti, c’è una nuova creazione e Israele, al sesto giorno della Teofania, è fatto manducare dell’albero (il monte Sinai), che produce le Parole sante della Torah, e risponde: “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo” (Es 19,8; cfr 24,3.7), nell’obbedienza contrapponendosi al peccato di Eva. E il popolo, che secondo i Rabbini era di minorati fisici, oppresso dalla schiavitù, diventa la sposa bella e senza macchia del Cantico dei Cantici (Es 15,26). E il giudaismo leggerà il Cantico dei Cantici come il poema d’amore dello Sposo-Dio che bacia nel giardino la sua sposa dandogli la Torah sul Sinai: “Mi baci egli con i baci della sua bocca” (Ct 1,2). 

Maria è anche la nuova Eva, la prima delle “madri” di Israele, che nella tradizione rabbinica era bellissima. I rabbini, parafrasando Gen 2,22, vedono in Dio il paraninfo che la agghinda di splendore per presentarla ad Adamo. Tale bellezza, perduta con il peccato, è riflessa in Sara la bellissima, in Abisag la Sunamita di Davide (1 Re 1,4), nella madre dei Maccabei, ma soprattutto nell’Israele fedele che nel giardino del Sinai accoglie la Torah. Maria, dirà Giustino (+165 circa), è la nuova Eva, che con il suo “sì” è fatta bellissima. Ai piedi del nuovo albero della vita, la Croce, sarà perciò costituita “madre” dei discepoli (Gv 19,25-27), e potrà, come Eva, esclamare: “Ho acquistato un uomo dal Signore” (Gen 4,1). 

Ma è anche figura della Chiesa, che nasce dall’obbedienza, è fatta bella dallo Spirito, diventa sposa di Cristo.

“Il Signore è con te”

È termine proprio dei racconti di vocazione. Maria è modello del credente, chiamato a stare con il Signore. 

v. 29: “A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto”

Maria è turbata, riflette, domanda: entra in crisi. La sua è Fede matura che nasce dall’ascolto di una Parola che è segno di contraddizione, che è sempre chiamata a uscire, a convertirsi, all’esodo.

v. 34: “Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”

L’obiezione di Maria rappresenta un elemento normale nello schema biblico degli annunzi. Si tratta quindi di un semplice passaggio redazionale oppure d’una reale difficoltà avanzata da Maria? Le opinioni sono discordanti.

1. Secondo numerosi esegeti, soprattutto cattolici, Maria aveva intenzione di restare vergine, nonostante il suo fidanzamento con Giuseppe. Ma l’idea di un “voto di verginità” è certamente lontana dalla mentalità ebraica, che vedeva nella procreazione l’unico modo di perpetuarsi e di inserirsi nell’attesa messianica (unica eccezione, gli Esseni di Qumram…), si fa strada solo con Origene (185-254) e poi soprattutto con Agostino (354-430).

2. Altri esegeti affermano che dal testo lucano si può dedurre soltanto che Maria intendeva contrarre un matrimonio normale con Giuseppe, aperto alla prole. Il senso dell’obiezione riguarda la sua situazione di fidanzata, quando i rapporti matrimoniali erano considerati sconvenienti, non però illegittimi, perché il fidanzamento aveva il medesimo valore giuridico del matrimonio. 

3. Altri esegeti rifiutano le precedenti spiegazioni perché partono da presupposti psicologici o storicizzanti. Con l’artificio del dialogo l’evangelista non intende ricordare l’atteggiamento psicologico di Maria, ma piuttosto l’ascendenza davidica e la filiazione divina di Gesù-

In ogni caso, bisogna “sottolineare che il testo… invita ad andare oltre alla disputa circa la verginità fisiologica o meno di Maria. La curiosità deve lasciare il posto alla teologia, le questioni marginali al cuore di un annuncio sempre più esplicitato dalla riflessione orante della Chiesa primitiva: da una terra vergine Dio creò Adamo mediante il suo soffio, da una carne incontaminata Dio creò Gesù, il nuovo Adamo, mediante il suo Spirito” (G. Bruni). Verginità tipo della chiamata a liberarci dalla contaminazione data dal matrimonio con gli idoli. Verginità del cuore a cui tutti, sposati e celibi, sono chiamati e dalla quale, in definitiva, trae senso quella fisica. Ma anche verginità che sottolinea la straordinarietà del piano di Dio, che dona il Messia al di là di ogni merito o capacità umana. 

v. 35a: “Lo Spirito Santo verrà su di te, su te stenderà la sua nube la potenza dell’Altissimo

“Spirito Santo” non è preceduto dall’articolo e si riferisce a un attributo divino, alla sua forza, ma c’è un’allusione allo spirito di Dio (“mah ‘Elohim”) che “aleggiava sulle acque” del caos primitivo per la creazione del cosmo (Gen 1,2).

In Maria si incarna la Presenza-Shekinah di Dio. C’è assonanza tra il verbo greco “episkiàzein” (= adombrare) e l’ebraico “shakàn”: da questo deriva anche il termine rabbinico Shekinàh, usato al posto del nome di Dio; può indicare l’Altissimo, la Dimora, il Luogo santo. Il medesimo verbo ricorre nella trasfigurazione, in riferimento alla nube, indicante la presenza di Dio, che avvolge i tre discepoli (“epeskìasen” = coprì, in Lc 9,34). Al momento dell’annunciazione, Dio prende veramente possesso del grembo di Maria, che diviene la sua dimora vivente, quale figlia di Sion, cioè rappresentante del nuovo popolo eletto.

v. 35b: “Colui che nascerà sarà dunque (“dià kai”) santo e chiamato Figlio di Dio”

La stessa maternità di Maria costituisce già in se stessa un evento di salvezza e di divinizzazione, e non è solo strumentale alla nascita del Figlio. “Colui che nascerà sarà dunque (dià kai) santo e chiamato Figlio di Dio”: Maria non è solo un tempio vuoto in cui arriva la Presenza di Dio, ma “Maria fu predestinata fin da tutta l’eternità a essere l’abitazione dello Spirito che per mezzo di lei e in lei avrebbe cominciato la creazione rinnovata” (L. Boff). 

v. 38: “Eccomi, sono la serva del Signore”

Maria poi è la “schiava (dùle) (di IHWH” (Lc 1,38: non la “serva”), cioè la madre dello Schiavo (ebed) di IHWH trafitto per i nostri peccati (Is 53,5): anche a lei una spada trafiggerà l’anima (Lc 2,35). Come diranno i Padri, è “l’Agnella che partorisce l’Agnello” (Lc 2,35). 

“Avvenga di me quello che hai detto”

Non solo: Maria esprime l’entusiasmo e la gioia di questa disponibilità. Il verbo greco tradotto con “avvenga” (“gnoito”) è un ottativo, cioè una forma che esprime un desiderio ed una gioia: Maria non accetta con rassegnazione, ma accoglie con entusiasmo e dice in sostanza: “Sono proprio contenta che avvenga quello che hai detto, non desidero altro!”. Ecco il modello del credente e del discepolo. Maria esplicita l’opzione fondamentale “secondo la tua parola”, “katà to rèma tu”, modello del credente che vive della Parola di Dio (Lc 2,29).

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Lc 1, 26-38 | Carlo Miglietta 44 kB 3 downloads

MEDITAZIONE SUL VANGELO DI VENERDI’ 8 DICEMBRE 2023 – LUCA 1,26-38 …

Il commento alle letture della domenica a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

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