card. Gianfranco Ravasi – Le discepole della Galilea al sepolcro

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Sarà la Passione secondo Luca ad accompagnare la liturgia della Domenica delle Palme di quest’anno. La scorsa settimana abbiamo introdotto nella serie di presenze femminili del terzo Vangelo le cosiddette “pie donne”, cioè quel gruppo che aveva seguito Cristo mentre, spinto verso il colle della crocifissione, attraversava le vie di Gerusalemme: «Esse si battevano il petto e facevano lamenti su di lui» (Luca 23,27). Ora, invece, facciamo idealmente scorrere il filo degli eventi tragici di quelle ore di un venerdì primaverile, forse nell’anno 30, sempre alla ricerca di qualche volto femminile che segua quei momenti con trepidazione.

L’evangelista – che aveva in passato segnalato (e noi con lui) una piccola comunità di discepole che procedeva con Gesù per le strade della Terra Santa (8,2-3) – ora ne segnala nuovamente la presenza. Cristo ormai è eretto sulla croce e ha pronunciato a gran voce le sue ultime parole, un’invocazione salmica rivolta al Padre divino: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (23,46; cfr. Salmo 31,6). A questo punto Luca aggiunge questa nota: «Tutti i suoi conoscenti e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo» (23,49).

Nel versetto precedente era di scena, invece, «la folla che era venuta a vedere questo spettacolo»: il vocabolo greco usato da Luca è theoría ed è l’unica volta che ricorre nel Nuovo Testamento. Esso indica uno sguardo che è intenso: venuta a godersi uno spettacolo macabro, la gente alla fine viene conquistata e sconvolta. Infatti l’evangelista aggiunge: «Ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto» (23,48). A maggior ragione lo sguardo delle discepole di Gesù era colmo di amore e di fede di fronte a quello “spettacolo”.

Ebbene, queste stesse «donne venute con Gesù dalla Galilea», una volta che il suo corpo è stato ritirato dalla croce e deposto nel sepolcro offerto da un seguace segreto del maestro di Nazaret, Giuseppe di Arimatea (Rama o Ramataim), si accostano a quella tomba scavata nella roccia. Siamo ormai alle soglie del sabato che inizia con il tramonto del venerdì e che è, per il giudaismo, giorno di assoluto riposo. Ecco, allora, la raffigurazione che Luca fa delle loro azioni in quel tardo pomeriggio ormai con il brillare nelle case delle prime luci del rito sabbatico: «Esse osservarono il sepolcro e come era stato deposto il corpo di Gesù; poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati, mentre il giorno di sabato osservarono il riposo prescritto» (23,55-56).

Abbiamo, così, un ponte ideale con l’alba della risurrezione di Cristo, trascorso il sabato con il suo riposo rituale. Ed è ciò che vedremo la prossima settimana quando seguiremo queste donne che dalle loro case si recheranno di nuovo al sepolcro di Gesù. Per ora le guardiamo mentre, con finezza e tenerezza tutta femminile, stanno approntando aromi e oli odorosi per onorare quel corpo martoriato. Non si trattava, certo, dell’imbalsamazione praticata dagli Egiziani, ma solo di un atto di venerazione che quelle donne avrebbero trasformato in un segno estremo di amore per il loro Maestro, un segno che nella mattina del giorno dopo il sabato sarà, a sorpresa, del tutto scompaginato e cancellato.

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