Antonio Ascione – Per una mistica del vivere insieme

Giustizia, fraternità e amicizia sociale

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Lo smarrimento e le fragilità dell’umanità di questo nostro tempo così inquieto chiedono ai cercatori di senso una nuova sensibilità. I “credenti che pensano” non possono restare insensibili di fronte alle patologie del nostro mondo, ma sono invitati a mettere in campo le ragioni di una passione più decisa e motivazioni forti, allargando lo sguardo su scenari futuri che siano forieri di modi di vivere sostenibili per tutti. O ci salviamo insieme o non si salverà nessuno. È necessario perciò realizzare buone pratiche di incontro, di dialogo, di solidarietà e di amicizia tra uomini, donne, popoli e religioni. La riscoperta dell’ideale di una fraternità, il cui punto di forza è il ritrovamento della bellezza dell’avere cura per l’altro e di avere a cuore l’altro, è la via antropologica, oltre che evangelica, nella quale riemerge la prospettiva delle ragioni per cui vivere. Papa Francesco ha suggerito l’immagine della “carovana solidale”, dove tutti si prendono sottobraccio e camminano insieme, come in un “santo pellegrinaggio” dell’umanità che attraversa questa tormentata storia per raggiungere una meta. Ne nasce una sorta di “mistica” della fraternità di uomini e donne che mettono in pratica l’arte della convivenza: giustizia, fraternità, amore sociale sono il bagaglio di questo santo viaggio e allo stesso tempo il rimedio per sanare le ferite della nostra umanità.

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L’umanità smarrita e fragile di questo nostro tempo così inquieto chiede ai cercatori di senso una nuova sensibilità. Le donne e gli uomini delle nostre società occidentali attraversano un’epoca triste nella quale sembra evaporata l’idea che la vita abbia un senso e vengono meno le ragioni per cui vivere e morire. Che bisogna fare allora? In questa distretta dei tempi è chiamata in causa la responsabilità di “credenti che pensano”. Non si può restare insensibili. Al di là di una “riproposizione” della fede, nei suoi concetti e valori fondamentali, che pure resta valida nelle forme di un concreto “farsi compagnia” solidale con ogni uomo e donna di questo nostro tempo, coloro che hanno incontrato il “vero Senso” della loro vita hanno il dovere di esprimerlo nelle forme della carità, nelle forme comunicative di linguaggi più accoglienti, cordiali e ospitali possibili, senza giudicare, lasciandosi alle spalle metodi e inutili chiusure che, più che avvicinare e far scoprire l’autentica bellezza di una vita donata per amore, sono stati purtroppo motivo di allontanamento e di sfiducia. Ma bisogna mettere in campo anche una passione più decisa nelle motivazioni per vivere insieme in questo nostro mondo e allargare lo sguardo su possibili scenari futuri che non siano forieri di distruzioni incombenti ma di modi di vivere sostenibili e felici per tutti.

Questo nostro percorso vorrebbe tracciare semplicemente una via: risuscitare e dischiudere nel cuore umano il desiderio della ricerca e dell’approdo in un Assoluto che possa dare pienezza e significato alla vita, non solo a quella personale ma anche a quella sociale. I “cercatori di senso” viaggiano in questo nostro mondo come nuovi esploratori, con l’invincibile ottimismo che il nostro tempo, seppur segnato da fragilità e patologie, pur se lontano da Dio, apparentemente, nasconde invece segni di un desiderio di senso che, se alimentato e sostenuto, può accompagnare ancora l’umanità del Terzo millennio. O ci salviamo insieme o non si salverà nessuno. È necessario allora mettere in campo buone pratiche di incontro, di dialogo, di solidarietà e di amicizia. La riscoperta dell’ideale di una fraternità, il cui punto di forza è il ritrovamento della bellezza dell’avere cura per l’altro e di avere a cuore l’altro, è la via antropologica, e anche evangelica, nella quale riemerge la prospettiva del senso. La testimonianza della dedizione, il dono di sé, la cura fraterna, l’impegno per la giustizia, il dialogo costante in vista dell’acquisizione di un bene possibile per tutti in una coesistenza pacifica tra noi, può contagiare qualsiasi animo in vista di una fraternità d’amore.

Oggi, nel bel mezzo della crisi ecologica, ci rendiamo conto che “tutto è connesso”, come afferma papa Francesco, e che se vogliamo vivere dobbiamo “con-vivere”, nel modo migliore possibile, per il bene di tutti, senza lasciare nessuno indietro. Lo stesso papa Francesco ha suggerito un’immagine icastica alla quale ha voluto richiamare tutti i credenti, quella di una “carovana solidale”, dove tutti si prendono sottobraccio e camminano insieme, con un incedere magari un po’ caotico ma che tuttavia permette di incontrarsi, di parlarsi, di sostenersi a vicenda. Un “santo pellegrinaggio” dell’umanità, come afferma ancora il papa, che attraversa questa tormentata storia avendo una meta da raggiungere, insieme…

Papa Francesco ha lanciato la proposta di una “mistica” della fraternità agli uomini e alle donne di oggi come arte della convivenza: vivere insieme nella pace e nel bene, senza farci del male tra di noi. Giustizia, fraternità, amore sociale sono il bagaglio di questo santo viaggio e allo stesso tempo il farmaco per sanare le ferite della nostra umanità. Alla base c’è l’idea della costituzione intimamente relazionale dell’essere umano, espressione della sua struttura ontologica estremamente vulnerabile, ferita, bisognosa d’aiuto, degli altri. Avvertiamo in modo drammatico, oggi più di ieri, che la qualità del nostro essere relazionale domanda prossimità, cura, presenza dell’altro. «Mai senza l’altro», aveva affermato il teologo gesuita Michel De Certeau. La vita dell’uomo non può essere concepita senza l’altro: la tragedia interviene quando la differenza diventa conflitto e l’alterità ostile, quando i due estremi si negano e si distruggono a vicenda. È necessario invece tessere trame e rapporti che, pur distinguendo, uniscono. È faticosa la ricerca dell’unione nella differenza mantenendo distinti i poli, ma la vera tragedia incombe su di noi solo quando rinunciamo agli altri e ce ne separiamo. Gli altri non sono l’inferno: sono il nostro bene in questo nostro mondo.

Queste pagine nascono nelle aule accademiche di teologia, che raccolgono studentesse e studenti che hanno fatto la scelta di seguire il Maestro di Nazaret. Affascinati dal suo messaggio, hanno abbracciato un ideale di vita nel quale la riflessione e la dimensione pensante della fede non è meno importante della carità e della solidarietà con i poveri del mondo. Vedo in loro e leggo nei loro cuori uno slancio e un ardore che mi commuove: chissà quali strade dovranno percorrere questi giovani così speciali, quale testimonianza saranno chiamati a dare, quali progetti di bene realizzeranno nel loro futuro. Queste riflessioni sono consegnate e dedicate principalmente a loro, perché possano contribuire, per quanto possono, a sostenere il compito che è stato loro affidato, non domani, oggi. Si rivolgono anche a un pubblico più vasto, a coloro che sono convinti che vivere insieme sia l’avventura bella a cui siamo destinati in questo nostro tempo così inquieto ma anche gravido di nuove promesse. Quelle promesse che l’intelligenza della fede è capace di discernere sotto la guida dello Spirito che parla ancora oggi nella Chiesa.

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