HomeVangelo del GiornoAlessandro Ginotta - Commento al Vangelo del giorno, 21 Aprile 2024

Alessandro Ginotta – Commento al Vangelo del giorno, 21 Aprile 2024

Domenica 21 Aprile 2024
Commento al brano del Vangelo di: Gv 10, 11-18

Ecco la storia di un Dio che proprio non fugge per salvare se stesso, ma arriva a sacrificare la propria vita per salvare noi. Egli è il buon Pastore che non esita a lasciare il gregge di novantanove pecore per inoltrarsi nel deserto a cercare proprio te. Sì, te che leggi in questo momento. Tu non sei “una” sua pecora, ma “la” sua pecora. Perché Dio è prossimo a ciascuno di noi

Nella vita ci sono due tipologie di lavoratori: i “bollatori di cartellino”, che pensano soltanto al proprio tornaconto e riducono il loro rapporto lavorativo ad un mero scambio economico, un rapporto contabile fatto di entrate e di uscite; poi ci sono gli “straordinari”, gente che dedica tutta se stessa per realizzare un sogno, per un ideale, per cercare di costruire un futuro migliore. Inguaribili sognatori, forse. Ma anche persone mosse dallo spirito e che incarnano i valori del Vangelo.

Gesù, in questo brano, ci insegna che il Buon Pastore è l’opposto del pastore salariato, che fa questo mestiere solo perché pagato, che guarda alla ricompensa per il lavoro, ma che in verità non ama le pecore: queste non gli appartengono, non sono destinatarie del suo amore e non contano nulla per lui. Lo dimostra il fatto che, quando arriva il lupo, egli fiuta il pericolo, abbandona le pecore e fugge via: vuole salvare se stesso, non il gregge che gli è stato affidato! il pastore salariato è facilmente riconoscibile nel quotidiano, perché sta lontano dalle pecore e non le ama.

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Cristo invece resta sempre accanto a noi, anche nella difficoltà più grande, anche e soprattutto nel pericolo più grave, e non esita a mettere in gioco tutto se stesso per proteggerci, per salvarci, anche a costo di perdere la propria vita. “Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre” (cfr. vv. 14-15).

E noi conosciamo Gesù? Il suo modo di pensare e di agire è così diverso dal nostro che ci risulta difficile comprenderlo. ma c’è qualcosa che possiamo fare per aiutarci a capire meglio Dio: provare a rileggere il Vangelo con il cuore anziché con la mente. Solo così potremo capire, ad esempio, perché un Dio che poteva restare a godersi le sue comodità nei cieli ha deciso di scendere sulla terra. Ha scelto di incarnarsi e vivere un’esistenza difficile. Una vita in mezzo agli ultimi, nascendo in una mangiatoia, al freddo ed al gelo. Rischiando ripetutamente la propria vita, fino a perderla per noi. Un Dio che fa questo per amore, non può non amare le proprie creature. E così Gesù si è fatto carne per camminare in mezzo a noi. Si è fatto uomo per vivere in mezzo a noi. Per salvarci. Per guarirci. Per liberarci dal male. Per portarci a vivere insieme a Lui. 

No. Gesù non è sceso sulla terra per dare una pacca sulle spalle ai migliori, ma per restare più vicino a chi ne ha bisogno, a chi soffre e si lamenta, a chi cerca luce lontano da Lui. Per farsi prossimo a chi soffre perché si è smarrito. Egli è il buon Pastore che non esita a lasciare il gregge di novantanove pecore per inoltrarsi nel deserto a cercare proprio te. Sì, te che leggi in questo momento. Tu non sei “una” sua pecora, ma “la” sua pecora. Perché Dio è prossimo a ciascuno di noi, indipendentemente dal peccato che possiamo aver commesso o dal bene che abbiamo potuto rinunciare a compiere.

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Per questo Gesù lo troviamo a pranzo con Zaccheo, a cena con una peccatrice, al pozzo con la samaritana… perché Dio è così. Non sa stare lontano da noi. E quando siamo noi ad allontanarci, perché non lo riconosciamo, o perché desideriamo la libertà di sbagliare con le nostre stesse mani, allora Gesù si fa ancora più vicino. Ci tende la mano. Ci cinge con il suo braccio. Ci risolleva e ci conforta. Perché Dio camminerà sempre con noi, anche – e soprattutto – nei momenti più dolorosi, anche – e soprattutto – nei momenti più brutti, anche quando nella nostra gola assaporiamo il sapore amaro della sconfitta. È lì che il Signore ci sta più vicino! 

No Dio non è un vendicatore od un giustiziere, come ci sarebbe più facile vederlo. Dio non viene a giudicare, ma per amare. E quando si fa buio nel nostro cuore, pensiamo a Gesù. Perché Lui è qui, a soffrire con noi. A sostenerci con le sue braccia forti. Perché é proprio nei momenti bui che Egli si fa luce!

Fonte: La Buona Parola, il blog di Alessandro Ginotta https://www.labuonaparola.it
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