Commento video (e trascrizione) al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM
ร tipica di ogni religione l’immagine di un Dio che giudica e poi condanna, un Dio che premia i buoni, ma castiga i malvagi. Questa immagine di Dio รจ completamente assente in Gesรน; addirittura Gesรน smentisce l’immagine di un Dio che giudica e condanna. Sentiamo cosa ci scrive Giovanni, nel capitolo 3, ai versetti 16-18. Il contesto รจ quello del discorso con il fariseo Nicodemo – i farisei aspettavano il messia appunto che fosse espressione del giudizio divino – Gesรน dice che no.
โDio infatti ha tanto amato il mondo da dare il figlio unigenitoโ, Gesรน si dichiara espressione dell’amore di Dio per l’umanitร – Dio esprime il suo amore dando il suo figlio – โperchรฉ chiunque crede in luiโ, credere non significa dare adesione a una dottrina, ma significa dare adesione a una persona, al suo messaggio, in questo caso a Gesรน, โnon vada perduto, ma abbia la vita eternaโ. Per la seconda volta, in questo capitolo, appare un tema molto caro per l’evangelista, quello della vita eterna. La vita eterna i farisei la pensavano come un premio da ottenere nel futuro, per il buon comportamento tenuto nella vita presente; per Gesรน, invece, รจ una condizione nel presente. Vita si chiama eterna non tanto per la durata indefinita, ma per la qualitร indistruttibile.
E continua Gesรน: โDio infatti non ha mandato il figlio nel mondo perโ, il verbo non รจ giudicare (condannare), il verbo in greco adoperato dall’evangelista significa: emettere una sentenza, giudicare, quindi non รจ condannare, โil mondo, ma perchรฉ il mondo sia salvato per mezzo di luiโ. Gesรน รจ venuto a offrire un’alternativa di vita, una possibilitร di crescita, di realizzazione piena della sua esistenza all’uomo.
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โChi crede in luiโ continua Gesรน – โnon รจ giudicatoโ, quindi l’immagine di un giudizio da parte di Dio, รจ assente nel messaggio di Gesรน: non si va incontro a nessun giudizio e pertanto nessuna condanna, โma chi non crede รจ giร stato giudicato perchรฉ non ha creduto nel nome dell’unigenito figlio di Dioโ. E qui bisogna aggiungere due versetti che, nella versione liturgica, non c’รจ (ci sono), altrimenti non si capisce, sembra una contraddizione. Continua Gesรน dicendo che il giudizio รจ questo: โla luce รจ venuta nel mondoโ, e poi conclude โchi fa il male odia la luceโ. Non c’รจ un giudizio da parte di Dio, c’รจ un’offerta di vita, qui raffigurata come la luce, sta all’uomo sentirsi attratto da questa luce ed entrare a far parte del cono d’amore della salvezza, ma chi fa il male, si sa, detesta la luce. Chi fa male vuole le tenebre e quindi si rintana ancora di piรน nelle tenebre, immagine della morte.
Allora non รจ un giudizio da parte di Dio che respinge la persona, ma รจ la persona che, per il suo interesse, per la sua convenienza – il male รจ questo – respinge l’offerta di pienezza di vita da parte di Dio. Dio non puรฒ far altro che far brillare ancor di piรน la sua luce, ma piรน brilla la sua luce, per chi fa le tenebre questa รจ una minaccia, รจ un qualcosa che lo acceca, รจ qualcosa che detesta. Quindi l’invito dell’evangelista รจ a compiere quotidianamente azioni di luce per poter poi entrare in piena sintonia e in comunione con quel Dio che รจ luce e che รจ amore.
