Card. Gianfranco Ravasi – Un duello impari, ma nel nome del Signore

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รˆ una figura che domina nella serie di ritratti biblici di vocazione. Emerge sulle altre non tanto per la sua vita non immune da miserie e da tragedie familiari, quanto piuttosto per il valore simbolico della sua persona a cui Dio aveva assegnato una missione altissima. Intendiamo parlare di Davide, un vero e proprio vessillo della speranza messianica. Non dimentichiamo che Matteo ordina la genealogia di Gesรน โ€“ acclamato spesso dalle folle come ยซfiglio di Davideยป โ€“ sulla base di una triplice sequenza di quattordici generazioni (1,1-17).

Ebbene, secondo alcuni esegeti, quel numero, oltre a indicare perfezione (due volte sette, cifra simbolica di pienezza), sarebbe la somma del valore numerico delle tre lettere ebraiche che compongono il nome Dawid: d che vale quattro; w che รจ computato come sei e ancora il quattro di d, cosรฌ da assommare quattordici. Sta di fatto che la chiamata di Davide รจ, invece, collocata in un contesto molto modesto e marginale. Il suo stesso padre, Iesse, quando il profeta Samuele si era recato da lui per consacrare lโ€™eletto del Signore a nuovo re in sostituzione di Saul, se lโ€™era scordato elencando gli altri suoi sette figli giร  cresciuti e robusti.

Lโ€™ottavo, Davide appunto, era un pastorello la cui dote era solo la bellezza: ยซEra fulvo di capelli, con occhi stupendi e lโ€™aspetto affascinanteยป (1Samuele 16,12). Eppure, proprio per la sua fragilitร , aveva confermato una legge piuttosto costante per le vocazioni, nelle quali a sorpresa Dio privilegia gli ultimi e ยซsceglie i deboli per confondere i fortiยป (1Corinzi 1,27). Ed era accaduto cosรฌ per il ragazzo Davide (โ€œlโ€™amatoโ€) quando il Signore aveva imposto a Samuele: ยซAlzati e ungilo: รจ luiยป, il chiamato a essere re di Giuda.

La conferma della vocazione avverrร  non molto tempo dopo, quando questo ragazzo cosรฌ delicato sarร  davanti al corpulento e imponente eroe filisteo Goliat, alto ยซsei cubiti e un palmoยป, qualcosa come tre metri circa. Chi non ricorda le statue di Donatello o del Verrocchio raffiguranti il giovane Davide che, dopo aver colpito con la sua fionda il gigante nemico, averlo atterrato e avergli spiccato la testa con la spada, si erge fulgido nella sua bellezza, mentre ai suoi piedi (o nella sua mano) รจ posto quel volto mostruoso?

Il racconto del capitolo 17 del Primo Libro di Samuele รจ la conferma e quasi la sceneggiatura narrativa della scelta di Dio che opera nella storia attraverso i dimenticati, gli emarginati, i secondi, come nel caso di Giacobbe o di Mosรจ o di Geremia o dello stesso Paolo e del popolo di Israele, ยซil piรน piccolo di tutti i popoliยป, come dice il Signore stesso (Deuteronomio 7,7-8).

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Significative al riguardo sono le parole che Davide pronuncia replicando al sarcasmo di Goliat che era giร  pronto a consegnare ยซla carne del ragazzo agli uccelli del cielo e alle bestie selvaticheยป (17,44): ยซTu vieni a me con la spada, la lancia e lโ€™asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, il Dio delle schiere che tu hai sfidatoยป (17,45). Egli avanza armato solo della certezza della sua vocazione che cancella la paura e dona allโ€™eletto serenitร  e forza. Divenuto adulto e re, Davide canterร : ยซTu, Signore, mi hai dato il tuo scudo di salvezza, la tua destra mi ha sostenutoยป (si legga lโ€™intero Salmo 18 che contiene questo v. 36).

Articolo pubblicato su Famiglia Cristiana

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