XI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
Siamo di nuovo nel vangelo di Marco, nel capitolo delle parabole del Regno. La parabola del Seminatore ci aveva aperto questa visione della bellezza dove per terreno bello si intende quello che accoglie il seme, dunque la bellezza come accoglienza della vita del Figlio, della figliolanza, del Logos che trasfigura lโumanitร nellโumanitร del Figlio, cioรจ nella divino umanitร .
La resurrezione, la vita di comunione sta allโinizio della nostra vita, non รจ la meta da raggiungere. Questo รจ il Regno di Dio in mezzo a noi. La creativitร sta nel vivere la mia umanitร perchรฉ rimanga nellโamore eterno, come epiclesi dello Spirito Santo affinchรฉ affondando in Cristo manifesti il Corpo di Cristo.
ร proprio su questo versante della divino umanitร , cioรจ del Regno di Dio come trasparenza della vita di Cristo in noi e nel creato che le due piccole parabole di oggi – di cui una si trova solo nel vangelo di Marco โ accendono qualche luce, come due fari che illuminano un unico mistero, che รจ appunto quello del Regno di Dio. La prima dice che il Regno dei cieli โรจ come lโuomo che getta il semeโ (Mc 4,26). Interessante che questโuomo non lavora lรฌ sulla terra, non la sta continuamente trattando per tirar fuori il germoglio, รจ detto infatti che: โCome cresce il seme lui stesso non lo saโ (Mc 4,27).
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La vita che sta nel seme si sprigiona e ha dentro di sรฉ, intrinseco, iscritto, tutto ciรฒ che succederร nel suo sviluppo, tutte le tappe successive fino alla maturitร , fino alla mietitura. Si tratta di una crescita che va da sรฉ, automate รจ detto in greco, cioรจ automaticamente il seme cresce e passa da una tappa allโaltra: stelo, chicco pieno nella spiga… tutto questo accade perchรฉ il seme ha giร dentro un codice attivo che porta avanti la crescita. Si tratta solo dellโaccoglienza, il terreno accoglie e poi il seme si sprigiona.
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La seconda parabola mette ancora piรน in evidenza questo perchรฉ usa lโesempio del seme di senape che รจ il piรน piccolo dei semi di questa terra, una cosa appena percettibile che poi perรฒ fa crescere una pianta grande, non รจ un albero e tuttavia sviluppa rami tanto folti che gli uccelli del cielo possono posarsi dentro. Cristo sta sottolineando proprio questa sproporzione tra tale pianta e un seme cosรฌ piccolo, dicendo praticamente che il Regno dei cieli ha una forza dentro e anche se รจ cosรฌ piccolo e apparentemente invisibile, ha una potenza grande.
La mietitura ci apre allโimmagine del giudizio, รจ lโimmagine del passaggio, dellโeschaton, della piena realizzazione del Regno.
Nella storia cโรจ un ritmo, che diventa il ritmo della storia perchรฉ รจ lโuomo che si aggiorna al ritmo della Parola che ha accolto. Siamo noi che siamo invitati a sintonizzarci sul ritmo e sulle tappe della crescita. Se siamo tentati dallโimpazienza e nella Bibbia ci sono tantissime immagini dellโimpazienza dellโuomo, tipica reazione del peccatore (cf Es 32) si finisce per creare idoli al posto di Dio. Questo interventismo, questa voglia di fare, di intervenire, di essere noi a gestire sostituisce la nostra mentalitร al ritmo del Regno, mette i nostri discorsi al posto della Parola e diventa lโostacolo a questa crescita fino addirittura a comprometterla in questa smania di far uscire il germoglio a tutti i costi, secondo i nostri modi e tempi. Cristo in qualche modo va anche oltre la profezia di Ezechiele della prima lettura. Ci troviamo a Babilonia, in una depressione generale, il popolo รจ sfinito. E da questo cedro enorme, prima di seccare, si taglierร un ramo che verrร piantato su un monte e da esso uscirร un cedro magnifico, stupendo, alto, una cosa impressionante: si realizzerร il Regno di Israele.
Ma non รจ questo il modo di ragionare dice Cristo. ร molto piccolo il seme che diventerร una pianta di tutto rispetto, e sarร un ortaggio, sarร dentro lโorto, non una cosa che impressiona per la grandezza. Impressiona per la sproporzione e non perchรฉ attira lโattenzione perchรฉ รจ una cosa mastodontica.
La stanchezza del cristianesimo mostra che forse proprio il modo in cui noi abbiamo inteso il Regno non ha portato frutti. Le parabole di oggi fanno intendere che cโรจ anche unโarte. Dopo lโabbondante semina cโรจ anche lโarte di lasciare lโuomo nella pace. Di saper vivere nellโamicizia con questโuomo proprio per abituarlo al ritmo del Regno, che non รจ il ritmo nostro e che non puรฒ diventare preda della nostra immaginazione della redenzione, di come fare prima e meglio, di come salvare, redimere, con quale efficacia ed efficienza ed aumentando i numeriโฆ
ร proprio un altro modo con il quale il Regno detta il ritmo e richiede occhi e orecchi aperti per sentirlo dentro di noi e per sentirlo nel mondo, nelle persone intorno a noi. Quale รจ il ritmo della Parola? Quale รจ il ritmo del Regno? Cosa invece รจ nella mentalitร della carne e perciรฒ rimane carne (cf Gv 3,6)? Cosa รจ dellโuomo vecchio che come tale non puรฒ entrare nel Regno? Molte cose sembrano deboli, smarrite, si stanno spezzando, crollando, perรฒ forse ci dicono mettere la nostra attenzione allโascolto del germoglio: โEcco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?โ (Is 43,19). Il germogliare si puรฒ sentire: questo รจ il ritmo della Chiesa.
ร molto diverso e richiede certamente un grande discernimento su cosa seminiamo. Perchรฉ se seminiamo le nostre filosofie, se seminiamo le nostre scienze, tutto ciรฒ che negli ultimi secoli abbiamo usato come corazza dellโevangelizzazione insieme alla nostra forza, alla nostra convinzione รจ chiaro che non cresce nulla e che i campi sono aridi. Perchรฉ manca proprio la semina. Manca la semina della Parola. Manca la semina del seme buono, del seme bello che รจ il Verbo, che รจ la vita del Figlio, che รจ la sapienza divina. Questo รจ ciรฒ che cresce e questo รจ ciรฒ che il mondo aspetta, la semina di una Parola che รจ teurgica e che รจ imprescindibile dimensione di ogni annuncio e di ogni evangelizzazione. Proprio perchรฉ รจ la semina del Regno stesso ed รจ il Regno che determina il nostro modo di procedere costringendoci a far silenzio e cominciare ad ascoltare.
P. Marko Ivan Rupnik – Fonte

