Commento al Vangelo del 4 febbraio 2018 – p. Fernando Armellini

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 4 febbraio 2018.

Il male esiste, ma non รจ invincibile

Verso il 2200 a.C., veniva composto in Egitto il celebre Dialogo di un disperato con la sua anima, un monologo in cui il protagonista, sconvolto da una tragedia personale, pensa al suicidio: โ€œOggi โ€“ confessa โ€“ la morte mi sta dinnanzi come la guarigione per un malato, come la libertร  per un prigioniero, come un profumo di mirra, come il piacere di chi siede sotto una palma nel giorno in cui spira una fresca brezzaโ€. Siamo agli albori della letteratura egiziana e subito affiora lโ€™angosciante problema del dolore. Perchรฉ lโ€™uomo รจ destinato a soffrire?

La risposta tradizionale dโ€™Israele a questo enigma รจ la dottrina della retribuzione che Elifaz, lโ€™amico di Giobbe, sintetizza cosรฌ: โ€œQuale innocente รจ mai perito e quando mai furono distrutti gli uomini retti? Chi coltiva iniquitร , chi semina affanni li raccoglieโ€ (Gb 4,7-8). Ma la vita smentisce in modo impietoso questo dogma della fede giudaica, evidenziandone lโ€™ingenuitร , lโ€™aspetto provocatorio e lโ€™insolenza nei confronti di chi soffre.

Colpevolizzare lโ€™uomo rifacendosi al racconto del cosiddetto peccato originale รจ altrettanto insostenibile. Parlare di pedagogia di Dio che fa maturare i suoi figli attraverso il dolore, รจ stato definito โ€œsadismo teologicoโ€, ideato da chi non si รจ reso conto del male orrendo che colpisce gli innocenti. E poi, chi ha mai detto che il dolore umanizza?

Dare spiegazioni teoriche a questo grido esistenziale equivale a โ€œimpartire una lezione di igiene alimentare a chi sta morendo di fame e di seteโ€.

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Gesรน non si รจ lasciato coinvolgere in disquisizioni teoriche sul dolore, ha prospettato la sua soluzione: il male esiste e non va spiegato, ma combattuto.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œOgni volta che asciugo una lacrima, coopero alla salvezza di Cristoโ€.

Prima lettura (Gb 7,1-4.6-7)
1 Non ha forse un duro lavoro lโ€™uomo sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli dโ€™un mercenario?
2 Come lo schiavo sospira lโ€™ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
3 cosรฌ a me son toccati mesi dโ€™illusione
e notti di dolore mi sono state assegnate.
4 Se mi corico dico: โ€œQuando mi alzerรฒ?โ€.
Si allungano le ombre e sono stanco di rigirarmi fino allโ€™alba.
6 I miei giorni sono stati piรน veloci dโ€™una spola,
sono finiti senza speranza.
7 Ricordati che un soffio รจ la mia vita:
il mio occhio non rivedrร  piรน il bene.

La storia di Giobbe รจ ambientata in un paese favoloso dellโ€™antico Medio Oriente. Il protagonista รจ un servo di Dio, prima ricco e felice, poi improvvisamente colpito dalla sventura: perde i figli, i beni, la salute; รจ afflitto da una piaga maligna dalla pianta dei piedi alla cima del capo e, adagiato sulla cenere, cerca sollievo sfregandosi con un coccio. Perfino la moglie รจ colta da disgusto e, dando libero sfogo alla sua incontenibile rabbia, gli grida: โ€œRimani ancor fermo nella tua integritร ? Maledici Dio e crepa!โ€ (Gb 1,1-2,13).

Questo รจ lโ€™antefatto, il resto del libro รจ un serrato dibattito fra Giobbe e quattro amici, giunti da Edom e dallโ€™Oriente, paesi ritenuti la patria della saggezza.

Sul tema del dolore, dunque, Giobbe si confronta con tutta la sapienza degli uomini e, con una luciditร  e una carica di passione che non hanno eguali nella letteratura mondiale, demolisce, una dopo lโ€™altra, tutte le spiegazioni della teologia tradizionale, anzi, e con ragione, se ne fa beffe.

Giobbe รจ un personaggio affascinante e, come il Qoelet, sempre piรน amato.

La lettura di oggi contiene la sua celebre riflessione sulla condizione dellโ€™uomo sulla terra: la vita non รจ altro che dolore, lโ€™uomo รจ uno schiavo sottoposto a immani sacrifici da cui non ricava alcun vantaggio; รจ un bracciante che fatica dallโ€™alba al tramonto in un campo non suo, sopporta lโ€™arsura del sole nellโ€™angosciante attesa che giunga, agognata, la sera (vv. 2-3).

Giobbe si ritiene persino piรน sventurato dello schiavo, piรน infelice del bracciante. Questi gli paiono dei privilegiati: durante le ore notturne riposano dalle loro fatiche, mentre lui neppure nel sonno trova sollievo. Sconvolto dal dolore si agita e si rivolta nel letto, fino allโ€™alba (v. 4).

La speranza di un cambiamento della sua condizione รจ una chimera, una vana illusione. Gli anni trascorrono veloci, passano come un soffio e a lui non resta che concludere sconsolato: โ€œI miei occhi non vedranno mai piรน il bene!โ€ (vv. 6-8).

Perchรฉ Dio lo ha collocato in una situazione cosรฌ disperata? Perchรฉ lo ha fatto nascere se a lui erano riservate solo disgrazie?

Giobbe non รจ un rassegnato, non soffre in silenzio, sfoga il suo dolore davanti al Signore e gli chiede conto delle sventure che รจ costretto a sopportare. Il suo grido quasi ci spaventa, pare una ribellione, una bestemmia. Invece รจ preghiera.

La lingua ebraica conosce tredici termini per indicare la preghiera; tre di loro esprimono forme progressive di supplica a Dio. Al primo gradino, il piรน basso, troviamo la preghiera espressa con parole; รจ la piรน semplice e la piรน comune, sgorga dal cuore dellโ€™uomo e raggiunge il cuore di Dio. Un gradino piรน su cโ€™รจ il grido che costituisce unโ€™invocazione ancora piรน efficace. Al terzo livello cโ€™รจ la piรน irresistibile delle richieste di aiuto al Signore: il pianto. Insegnavano i rabbini: โ€œNon cโ€™รจ porta che le lacrime non riescano ad aprireโ€ e il salmista pregava: โ€œAscolta la mia preghiera, porgi lโ€™orecchio al mio grido, non essere sordo alle mie lacrimeโ€ (Sl 39,13).

Di fronte al male non viene chiesta la rassegnazione, lโ€™uomo puรฒ e deve gridare allo scandalo, ha il diritto di dire a Dio che non capisce per quale ragione lโ€™ha creato amante della vita e della gioia e poi lโ€™ha collocato in un mondo di dolore e di morte.

La preghiera di Giobbe รจ fatta di grida e di lacrime. Chi piange e grida il proprio dolore, anche se non se ne rende conto, sta invocando Dio, sta chiedendogli luce e forza.

Seconda Lettura (1 Cor 9,16-19.22-23)
Fratelli, 16 non รจ infatti per me un vanto predicare il vangelo; รจ un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo! 17 Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, รจ un incarico che mi รจ stato affidato.
18 Quale รจ dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
19 Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: 20 mi sono fatto Giudeo con i giudei, per guadagnare i giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che รจ sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. 21 Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che รจ senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. 22 Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. 23 Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.

Il maggior servizio che si possa rendere a una persona รจ annunciarle il vangelo, parola divina che converte le menti e i cuori e comunica uno slancio di vita. Consapevole di questa veritร , qualcuno puรฒ anche decidere di dedicare tutta la propria vita a questa missione. Ma chi gli darร  il necessario per vivere?

La domanda รจ legittima e Gesรน ha dato una risposta: โ€œNon cercate perciรฒ che cosa mangerete e berrete, e non state con lโ€™animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiuntaโ€ (Lc 12,29-31). Lโ€™esperienza dei discepoli ha confermato la veritร  delle parole del Maestro che un giorno li ha interrogati: โ€œQuando vi ho mandato senza borsa, nรฉ bisaccia, nรฉ sandali, vi รจ forse mancato qualcosa? Risposero: Nullaโ€ (Lc 22,35).

Scrivendo ai corinti, Paolo riprende lโ€™argomento e richiama ai cristiani il dovere di assistere gli apostoli: โ€œColoro che annunziano il vangelo devono vivere del vangeloโ€ (1 Cor 9,14), come anche Gesรน ha insegnato: โ€œLโ€™operaio ha diritto al suo nutrimentoโ€ (Mt 10,10).

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In pratica perรฒ non รจ sempre facile applicare questo principio perchรฉ, a causa della debolezza umana, possono subentrare abusi. Qualcuno puรฒ servirsi di questo diritto per arricchire, acquisire privilegi, condurre una vita agiata. Esiste anche pericolo che i responsabili delle comunitร  si comportino da โ€œfunzionari del sacroโ€ e svolgano il loro ministero non con la passione, la generositร  e il disinteresse di chi รจ davvero innamorato del vangelo, ma come impiegati che lavorano in vista dello stipendio. Quando si registrano simili comportamenti, anche i predicatori piรน eloquenti e preparati, perdono di credibilitร ; per questo Gesรน raccomanda, anzi, ingiunge ai discepoli: โ€œGratuitamente avete ricevuto, gratuitamente dateโ€ (Mt 10,8).

Per ovviare a questi rischi, Paolo afferma che, in certe situazioni, รจ meglio rinunciare al diritto di essere mantenuti dalla comunitร . Tale decisione deve essere presa quando possono insorgere sospetti che la predicazione della parola di Dio sia dettata da secondi fini.

รˆ ciรฒ che egli e Barnaba hanno fatto: sono vissuti lavorando con le loro mani, hanno continuato a svolgere la loro professione, senza mai essere di peso ad alcuno.

Coloro che, come Paolo, sono disposti a servire, in modo completamente gratuito, la loro comunitร , quale ricompensa si devono aspettare? Nullโ€™altro che la gioia che nasce dalla coscienza di aver dedicato la propria vita ai fratelli, in pura perdita, senza sperare di ricevere qualcosa in cambio (v. 18).

Paolo non ha predicato il vangelo per ricavarne un guadagno, ma per assecondare un incontenibile impulso interiore. Convinto della grandezza e della sublimitร  del dono ricevuto, non poteva trattenerlo per sรฉ, sentiva il bisogno di comunicarlo a tutti.

Vangelo (Mc 1,29-39)
29 Usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. 30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31 Egli, accostatosi, la sollevรฒ prendendola per mano; la febbre la lasciรฒ ed essa si mise a servirli.
32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la cittร  era riunita davanti alla porta. 34 Guarรฌ molti che erano afflitti da varie malattie e scacciรฒ molti demรฒni; ma non permetteva ai demรฒni di parlare, perchรฉ lo conoscevano.
35 Al mattino si alzรฒ quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirรฒ in un luogo deserto e lร  pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce 37 e, trovatolo, gli dissero: โ€œTutti ti cercano!โ€. 38 Egli disse loro: โ€œAndiamocene altrove per i villaggi vicini, perchรฉ io predichi anche lร ; per questo infatti sono venuto!โ€.
39 E andรฒ per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demรฒni.

Quando si affronta il tema del male, รจ indispensabile distinguere fra male morale e male fisico. Del primo il vero responsabile รจ lโ€™uomo che puรฒ anche commettere crimini atroci. Di Auschwitz non puรฒ essere incolpato Dio, ma coloro che sono giunti a simili aberrazioni. Rimane comunque aperto il problema: Dio puรฒ o no intervenire nella storia dellโ€™uomo? Se puรฒ, perchรฉ non interviene? A questo interrogativo trova risposta solo chi ha depennato dagli attributi di Dio lโ€™onnipotenza.

Il vero enigma รจ costituito perรฒ dal male che non dipende dallโ€™uomo: i disastri naturali, le malattie genetiche, la morte. Come puรฒ Dio permettere queste sventure? Lโ€™obiezione spesso rivolta al credente รจ: โ€œDรฌ al tuo Dio che questo รจ impossibile. O lui non ha nulla a che vedere con il male o รจ molto cattivoโ€.

Nel vangelo di oggi Gesรน si confronta con il male. Non cerca e non dร  spiegazioni teologiche, non si chiede perchรฉ esistono nel mondo disgrazie, malattie e dolori. Di fronte ai drammi del mondo รจ inutile incolpare Dio o gli uomini, lโ€™unica cosa da fare รจ mettersi a fianco di chi soffre e lottare, con tutte le forze, contro il male.

In tre quadretti Marco presenta il suo intervento liberatore.

Nel primo riporta la guarigione della suocera di Pietro (vv. 29-31).

Non viene specificata la malattia che la affliggeva, sappiamo soltanto che era a letto con la febbre. Gesรน le si avvicinรฒ, la prese per mano, la sollevรฒ e lei, rimessa in piedi, si mise a servire.

Il fatto รจ riferito in modo molto conciso; รจ il piรน breve dei racconti di miracoli dei vangeli, ma tutti i dettagli sono significativi e sono stati rilevati da Marco perchรฉ contengono spunti per la catechesi.

Anzitutto cโ€™รจ il comportamento dei discepoli che, di fronte ad una difficoltร  che non sanno come affrontare, fanno la scelta piรน sensata: ne parlano a Gesรน. รˆ ciรฒ che i discepoli sono invitati a fare: prima di risolvere un problema, prima di imbastire risposte e proporre soluzioni, prima di gestire situazioni ingarbugliate, devono โ€œparlarne a Gesรนโ€, devono dialogare con lui. Solo cosรฌ sono in grado di vedere ogni malattia, sia fisica che morale, con i suoi occhi, di provare i suoi sentimenti di fronte al dolore, di operare guarigioni con la forza della sua parola. Chi non fa precedere dalla preghiera i tentativi di guarire le febbri dellโ€™uomo, non solo non cura le infermitร , ma corre il rischio di venirne contagiato.

Poi โ€“ altro particolare significativo โ€“ quando gli parlano dellโ€™ammalata, Gesรน non si allontana, non fugge, non scantona: le si accosta. Anche il discepolo non puรฒ ignorare le febbri che impediscono alle persone di vivere, non puรฒ estraniarsi, fingere di non vedere, aspettando che siano gli altri ad affrontare i problemi. Chi ha assimilato i pensieri e i sentimenti del Maestro si avvicina, si fa prossimo di chiunque รจ vittima di situazioni disumane.

A questa introduzione segue il dettaglio piรน significativo: Gesรน prende per mano la suocera di Pietro e la risolleva. Non si tratta di una banale annotazione di cronaca, ma del gesto che simboleggia la trasmissione della forza divina, apportatrice di salvezza. Il verbo greco scelto dallโ€™evangelista รจ egรฉiro che, nel Nuovo Testamento, viene usato per indicare la risurrezione, il risollevarsi dalla morte, da una condizione di โ€œnon vitaโ€. Lโ€™ammalata che giace a letto, incapace di muoversi, prigioniera della febbre, rappresenta lโ€™umanitร  intera alla quale Gesรน si avvicina per introdurla in una condizione nuova.

Il cristiano รจ chiamato a ripetere questi gesti del Maestro.

I racconti di miracoli si concludono sempre con una dimostrazione che la guarigione รจ realmente avvenuta. Di fronte agli astanti, il paralitico prende il suo lettuccio e cammina, il cieco mostra di vederci chiaramente, la figlia di Giairo, tornata in vita, comincia a mangiare. Anche la suocera di Pietro dร  prova di essere completamente ristabilita: si mette a servire Gesรน e i discepoli. Ecco il segno che caratterizza chi รจ stato rimesso in piedi da Cristo: il servizio ai fratelli. Finchรฉ questo non accade, la guarigione o non รจ avvenuta o รจ ancora incompleta.

Dagli scavi archeologici risulta che la casa in cui lโ€™episodio รจ accaduto รจ stata trasformata, fin dal I secolo d.C., in luogo dโ€™incontro della prima comunitร  cristiana. Lรฌ veniva celebrata lโ€™eucaristia, il sacramento che comunica a chi lo riceve con fede la forza di risollevarsi e di mantenersi sempre in piedi, a disposizione dei fratelli.

Nella seconda scena (vv. 32-34) Gesรน cura ogni sorta di malattie.

Durante il sabato la gente ha rispettato la norma che proibiva di spostarsi, di caricare pesi, di curare ammalati, ma, giunta la sera, iniziato il nuovo giorno, ecco che tutti cominciano a muoversi e conducono a Gesรน i loro malati, deponendoli davanti alla porta della casa di Pietro (v. 33). Sanno che รจ solo in quella casa che puรฒ essere incontrato colui che risana tutti.

Gesรน guarisce molti, ma non consente che sia divulgato ciรฒ che fa, perchรฉ non vuole che sorgano equivoci sulla sua identitร  e sulla sua missione. Non accetta che lo si consideri un santone guaritore; il suo obiettivo รจ mostrare i segni del mondo nuovo e indicare ai discepoli lโ€™opera che sono chiamati a svolgere.

In lui รจ possibile contemplare la risposta di Dio al problema del male.

Dio non รจ indifferente al grido di dolore dellโ€™uomo. Il Dio impassibile e imperturbabile lโ€™hanno inventato i filosofi; il Dio biblico chiede di โ€œnon allontanarsi da coloro che versano lacrimeโ€ (Sir 7,34) e di โ€œpiangere con coloro che sono nel piantoโ€ (Rm 12,15) perchรฉ anchโ€™egli soffre, piange, si commuove, prova i sentimenti di una madre; ode il lamento e viene a condividere la nostra condizione umana fatta di sofferenza e dolore, si pone al nostro fianco nella lotta contro il male e insegna a trasformarlo in una opportunitร  per costruire amore.

Nellโ€™ultima parte del brano (vv. 35-39) troviamo Gesรน in preghiera.

In Israele cโ€™erano diverse forme di preghiera. Quella comunitaria era costituita soprattutto dalla lode a Dio e cominciava sempre con lโ€™espressione: โ€œBenedetto sei tu Signoreโ€. Le preghiere individuali invece assomigliavano molto di piรน alle nostre, erano suppliche accorate, lamenti, grida di dolore, invocazioni di aiuto. Il Salterio ne รจ pieno.

Al mattino del sabato Gesรน ha pregato nella sinagoga con la sua comunitร , ma il giorno seguente, quando era ancora buio, egli รจ uscito di casa e, nella solitudine della montagna, nella quiete della notte si รจ rivolto al Padre con la preghiera personale.

รˆ in questo dialogo con il Padre che egli ha ricevuto la luce per affrontare il dolore dellโ€™uomo.

Non tutti i problemi di questo mondo possono essere risolti: โ€œI poveri li avrete sempre con voiโ€, ha detto un giorno (Gv 12,8). Il mondo senza drammi, senza inquietudini, senza malattie, senza morte non รจ quello attuale. La preghiera non รจ una fuga dalle difficoltร  della vita, non รจ unโ€™ingenua richiesta di miracoli, ma รจ lโ€™incontro con Colui che aiuta a vedere lโ€™uomo e i suoi problemi come lui li vede.

Non รจ facile capire che il miracolo รจ un segno, un dito puntato verso il mondo nuovo, viene piรน spontaneo interpretarlo come una prova di potenza o come un intervento di Dio in favore di alcuni privilegiati. Anche gli apostoli hanno inteso in questo senso le guarigioni operate da Gesรน; non ne hanno colto il messaggio. Al mattino si sono messi sulle sue tracce e, trovatolo, hanno esclamato: โ€œTutti ti cercano!โ€ (v. 36).

Cercavano Gesรน, sรฌ, ma per il motivo sbagliato: pretendevano che egli continuasse a compiere prodigi, lo volevano strumentalizzare per realizzare i loro sogni di successo, per raggiungere la popolaritร  e ottenere i vantaggi che ne conseguono. Non accettavano di assumersi le loro responsabilitร , di portare a compimento lโ€™opera che spettava soltanto a loro.

Gesรน si rifiuta di lasciarsi coinvolgere nei loro progetti e li invita ad โ€œandare altroveโ€, a raggiungere con lui tutti i villaggi per realizzare ovunque ciรฒ che ha operato a Cafarnao.

Dio non si sostituisce allโ€™uomo: lo guida con la luce della sua parola, lo accompagna con la sua presenza, ma vuole che sia lโ€™uomo ad agire e a combattere il male.

 

[accordions]
[accordion title=”Chi รจ Fernando Armellini” load=”hide”]Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Universitร  Urbaniana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma.
Ha perfezionato gli studi di storia, archeologia biblica e lingua ebraica presso lโ€™Universitร  di Gerusalemme.
Per alcuni anni รจ stato missionario in Mozambico.
Attualmente insegna sacra Scrittura, รจ accreditato conferenziere in Italia e allโ€™estero ed รจ autore di commenti alle Sacre Scritture.[/accordion]
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