p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 28 Dicembre 2025

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IL SOGNO DI PAROLE DI GIUSEPPE

28 dicembre 25 – Santa Famiglia – Mt 2,13-15. 19-23

Le letture sembrano venire da un altro mondo.

Il Siracide parla di padri e di obbedienza, ma non si riferisce a padri o madri nel pieno del loro ruolo, ma a quei genitori che hanno perso il senno o la salute; parla della fragilità dell’anziano e della compassione del figlio, nel senso più evangelico della parola.

Paolo afferma qualcosa che era un dato di fatto, in Israele, a Roma, in Grecia e in tutto il mondo. “Voi mogli siate sottomesse ai mariti”. Eppure c’è un salto, Paolo subito dopo ha un colpo d’ala: “Voi mariti amate le vostre mogli”. Per la prima volta, Paolo inserisce l’amore dentro una relazione di coppia.

Colpo di scena: le mogli esistono per amare ed essere amate.

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Ma le sorprese proseguono. Il racconto di Matteo ci lascia a bocca aperta: Giuseppe e Maria fuggono come due profughi in Egitto, due migranti senza terra nella terra di tutte le disgrazie per Israele.

Ma com’è che al vangelo viene in mente di indicarci come modello una coppia di profughi?

E immagino Giuseppe che per ben tre volte si ritrova a sognare, sogni di parole, e per tre volte si mette in strada. Sogna, stringe a sé la sua famiglia e si mette in cammino. Tre azioni da scolpire nel diario di casa: seguire un sogno, iniziare un cammino e custodire.

Tre verbi decisivi per ogni famiglia e per le sorti del mondo.

Sognare è il primo verbo. È il verbo di chi non si accontenta del mondo così com’è. «La materia di cui sono fatti i sogni è la speranza» (Shakespeare).

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Mettersi in cammino è la seconda azione. Non stare fermi anche se, Dio offre poco, soltanto la direzione verso cui fuggire; poi subentrano la libertà e l’intelligenza, la creatività e la tenacia.

A noi spetta di non restare fermi, ma studiare progetti, itinerari, riposi, misurare la fatica e le forze. Il Signore non offre mai un prontuario di regole, lui accende obbiettivi e il cuore, poi ti affida alla tua libertà intelligente.

Il terzo verbo è custodire, prendere con sé, stringere a sé, proteggere.

Due ragazzi innamorati e un neonato, quasi niente, eppure le sorti del mondo si decidono dentro questa famiglia.

È successo allora, succede e succederà. Dentro gli affetti, nell’umile coraggio di una, di tante, di mille creature innamorate e silenziose. «Compito supremo di ogni vita è custodire delle vite con la propria vita: guai a noi se non scopriamo chi dobbiamo custodire, guai a noi se li custodiamo male» (Elias Canetti).

Allora vedo Vangelo di Dio quando vedo una coppia che stringe a sé la vita dell’altro; è presenza di Dio ogni famiglia che cammina insieme, pellegrini o profughi, ma di speranza.

Oggi, nella festa della famiglia santa, vera liturgia domestica sarà regalare un abbraccio, non distratto, non svogliato, in cui dare e ricevere amore.

Per gentile concessione di p. Ermes, fonte.

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