«Si apra la terra». È l’invito del profeta Isaia che attraverso l’antifona d’ingresso dà il tono alla IV domenica di Avvento.
È la terra che aprendosi fa sì che il Salvatore germogli. È la creatura che aprendosi fa sì che germogli l’Onnipotente.
Straordinaria news del giorno! Straordinaria situazione su cui l’ultima domenica di Avvento, ormai alle soglie del Natale, ci fa fare una sosta.
E noi ci ritroviamo a essere un po’ come il re Acaz: ne combiniamo un sacco, ma poi facciamo finta di non voler provocare il Signore. Molte volte impediamo alla vita di realizzarsi. Molte volte ci ergiamo giudici di interiorità altrui. Molte volte preferiamo stare, nella storia, dalla parte comoda, più facile. Molto volte preferiamo costruire alleanze sicure piuttosto che percorrere sentieri incerti o fare scelte impegnative e compromettenti.
E allora, quando noi preferiamo stare un passo indietro rispetto alla vita, o anche semplicemente rispetto alle possibilità che la vita potrebbe avere, ecco, Dio ci dà un segno. Lo ha sempre fatto per Israele e continua a farlo per noi: quando la terra, anche la più brulla, si apre, germoglia la vita, così come quando la creatura, anche la più sterile, si apre, germoglia il creatore.
Così la luce, che la IV domenica di Avvento offre alla nostra fede, ha il volto di una vergine, di un bambino e di uomo che può decidere se bloccare la vita o se lasciarsi attraversare dalla vita, per quanto imprevista e indomabile.
È questo il segno più potente, ed è l’unico che Dio stesso offre al mondo prima ancora che il mondo possa chiederlo.
L’Emmanuele, il Dio con noi, ci viene dato non come atto di potenza ma di fragilità. Il Dio sempre presente entra nella storia servendosi della natura, attraversandola, potenziandola, rendendola canale di grazia. Ed è in questo agire che riscopriamo le sue logiche.
Il Bambino e la vergine sono lontani anni luce dalla grandezza e dalla perfezione. Sono prototipo di vulnerabilità, di rottura con la tradizione, e anche con la discendenza. Eppure è proprio lì che Dio si offre per essere incontrato.
È questo il segno di cui l’Onnipotente si serve per dirci quanto il suo amore possa andare oltre le nostre attese e allargare gli orizzonti di ciò che noi comprendiamo come giusto. E di questo diviene maestro Giuseppe, il giusto per eccellenza.
Giuseppe riesce a restare nell’inedito, aperto a quelle promesse che si stanno realizzando in modo imprevisto e che stanno interrogando la sua fede e la sua coscienza.
Può il Dio dei Padri sovvertire quella legge che lui stesso ha dato?
Può un uomo pio e giusto, osservante della legge, non rispettarla fino in fondo?
Può il bambino e sua madre indicare una via da percorrere?
Può Dio manifestarsi in ciò che agli occhi di tutti è scandaloso?
Ci lasciamo così, con domande che interrogano la nostra fede ogni volta che siamo chiamati a scegliere tra la cosa giusta e la cosa buona (non sempre coincidenti).
Ci lasciamo così… augurandoci di lasciarci scomodare, in questo ultimo tratto di strada verso il Natale, da una vergine e da un uomo che hanno scelto di essere una terra aperta alla vita.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com
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