Non si è sempre fatto così
«Si è sempre fatto così» è il più temibile dei nemici attuali della Chiesa nelle nostre terre, più dell’incontro con persone di fedi e religioni diverse e persino più pericoloso dello stesso ateismo.

In questi giorni sono stato con un gruppo di giovani animatori di adolescenti di una parrocchia per fare formazione. In una delle immagini che ho mostrato loro compariva l’espressione «sinodo della Chiesa». Uno di loro mi ha subito fermato per chiedermi che cosa significasse, un’espressione che io davo per scontata conoscessero. Mi sono così reso conto che di tutto il cammino di questi tre anni che la Chiesa sta facendo con il Sinodo mondiale, con migliaia di delegati laici e consacrati, è forse arrivato molto poco alla base e soprattutto alla base giovanile, che è il futuro della Chiesa. Ho colto allora l’occasione per ricordare ai giovani, e anche a me stesso, che cos’è il Sinodo e perché è così importante anche per una visione personale della fede.
La Chiesa, fin dagli inizi, già al tempo dei primissimi discepoli, si è radunata per comprendere a fondo il messaggio racchiuso nella storia di Gesù, in ciò che aveva detto e fatto. È stato chiaro da subito che non si sarebbe mai finito di comprendere la novità del Vangelo e che l’unico modo per rimanere fedeli a Gesù è la disponibilità a rimettersi in discussione, anche cambiando abitudini, tradizioni e convinzioni consolidate. Con Gesù nulla di ciò che è umano è fermo o fissato per sempre. Per questo il «si è sempre fatto così», come modo di pensare, è estremamente pericoloso per il Vangelo, anche se in buona fede.
La storia di Giuseppe ne è un esempio davvero luminoso.
Giuseppe vive dentro una tradizione religiosa e sociale con regole ben precise. L’evangelista ci dice subito che è un uomo giusto e, da quel poco che ci è raccontato, possiamo pensare che ciò che fa lo fa guidato dai buoni insegnamenti della sua religione e dalle regole del suo tempo. Ma Dio entra nella sua vita in modo inatteso e difficile da comprendere, e Giuseppe si trova ad affrontare una situazione con poche alternative: sua moglie aspetta un bambino non da lui ed è quindi considerata un’adultera. Le adultere dovevano essere ripudiate immediatamente e pubblicamente. Giuseppe vorrebbe farlo in segreto, anche se non sarebbe stato facile per Maria giustificare il suo allontanamento. Era comunque destinata a una brutta fine, come donna allontanata dal marito e senza protezione. Eppure si era sempre fatto così: questo era il modo di operare secondo le tradizioni e le regole religiose.
- Pubblicità -
Nel racconto di Matteo si inserisce però un evento decisivo: l’angelo che in sogno parla a Giuseppe. Il sogno, nel simbolismo biblico, rappresenta la spiritualità e la preghiera, il tempo in cui mente e cuore si sintonizzano con ciò che è vero e con Dio stesso. Giuseppe non è solo un uomo giusto e socialmente retto, ma anche un uomo spirituale, capace di ascoltare il cuore e di andare oltre le apparenze. Comprende che seguire il «si è sempre fatto così» non è la strada giusta per affrontare la vita, per sé e per Maria. Capisce che deve essere disposto a cambiare idea, ed è proprio cambiando che rimane fedele, nel modo più vero, alla volontà di Dio. Paradossalmente è più fedele alle Scritture proprio cambiando prospettiva e superando le regole. «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo…». Così obbedisce a Dio e non alle regole religiose e sociali, anche se avevano un loro senso e forse erano nate in buona fede.
Siamo nei giorni del Natale, in cui «fare tutto secondo tradizione» dona sicurezza e calore, soprattutto in questi nostri tempi precari e dal futuro incerto a livello religioso, sociale ed economico. Il Natale diventa una sicurezza se tutto resta come «è sempre stato fatto». Se questo può andare bene per alcuni giorni, non può però diventare lo stile del nostro essere cristiani e del nostro essere Chiesa. Giuseppe è lì a dirci che è proprio cambiando che si rimane fedeli, a patto di ascoltare non le paure, ma la voce di Dio che parla al cuore: un cuore allenato ad ascoltare e ad amare.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)



