Card. Angelo Comastri – Commento al Vangelo del 21 Dicembre 2025

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Il nostro peccato non stanca la bontà di Dio

Commento al Vangelo a cura del Card. Angelo Comastri – Vicario Emerito di Sua Santità per la Città del Vaticano – Arciprete Emerito della Basilica Papale di San Pietro.

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Il Peccato Non Stanca la Bontà di Dio

Il Cardinale Angelo Comastri riflette sulla Quarta Domenica di Avvento, concentrandosi sul Vangelo di Matteo e sul tema della fedeltà di Dio in contrasto con l’infedeltà umana. Si sofferma sulla genealogia di Gesù presentata da Matteo, che sottolinea il legame con Davide e la costante fedeltà divina.

La riflessione evidenzia l’inclusione di quattro donne “singolari” (Tamar, Racab, Rut, e la moglie di Uria) nell’ascendenza del Messia per dimostrare che Dio opera la salvezza all’interno di un popolo di peccatori. L’umiltà e la fede di Maria e Giuseppe sono citate come esempi dello stile di Dio che sceglie i piccoli per compiere grandi cose.

Infine, il discorso invita alla conversione e all’umiltà, incoraggiando a non permettere che l’orgoglio o lo scoraggiamento ostacolino la via a Dio Salvatore.

Trascrizione del video

Sia lodato Gesù Cristo. Quarta domenica di Avvento: Il nostro peccato non stanca la bontà di Dio. Che meraviglia!.

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Il Vangelo di Matteo oggi si apre con una lunga genealogia, è come l’album di famiglia del Messia ed è evidentemente un mezzo per capire i gusti e le scelte del Messia, quindi le scelte di Dio. Matteo, tra i tanti anelli genealogici che vanno da Abramo fino a Gesù, sceglie tre gruppi di 14 persone. Il numero 14 è il numero di Davide (4 + 6 + 4). Ricollegare il Messia a Davide significa sottolineare la fedeltà di Dio che ha mantenuto le promesse fatte a Davide. Matteo vuol dirci che tutto può crollare, ma Dio resta fedele, e ciò che promette si compirà costi quel che costi, costi anche la croce. Questo pensiero ci riempie l’anima di tanta serenità, una serenità che resiste a ogni prova. Com’è consolante poter contare sempre sulla fedeltà di Dio, del nostro Dio!.

Geremia, guardando l’uomo, esclama: “La fedeltà è sparita, è stata bandita dalla loro bocca, ma la nostra infedeltà non scoraggia Dio, forte è il suo amore per noi”. E la fedeltà del Signore dura in eterno. Non dimentichiamo che spesso la Bibbia si rivolge a Dio chiamandolo roccia, roccia di fedeltà.

Evidentemente poi Matteo ricorda quattro donne singolari: prima Tamar, seconda Rakaba, una prostituta cananea, terza Rutte, una donna pagana, e infine quella che era stata la moglie di Uria, colei che neppure viene nominata, Beezzabea, la concubina di Davide. L’evangelista Matteo avrebbe potuto fare a meno di nominare queste quattro donne, protagoniste di vicende alquanto strane e discutibili. Invece no. Matteo, che ha conosciuto Gesù e ha capito le sue scelte e il suo stile, ce lo ricorda attraverso questi personaggi.

Il messaggio è questo: Dio crea la salvezza dentro un popolo di peccatori. Misteriosamente, pertanto, anche i peccatori preparano la strada al Messia e diventano la grotta povera dove Dio non disdegna di nascere. La presenza esplicita di queste quattro donne nell’ascendenza del Messia è un invito alla speranza, alla fiducia. Niente è più contrario alla fede quanto lo scoraggiamento, la paura, la rassegnazione.

La presenza di queste quattro donne nell’albero genealogico di Gesù è anche un invito a non scandalizzarci mai del peccato, dovunque esso si trovi. Il peccato, qualunque esso sia, non ferma Dio. Soltanto l’orgoglio può ostruirgli la strada. Chi crede in Dio allora non accusa, non disprezza. Chi crede in Dio non si difende con l’intolleranza, ma sempre e solo con la forza della misericordia. Dio infatti è il Salvatore, non il punitore. La punizione se la dà l’uomo, l’uomo da solo, rifiutando l’amore di Dio. Non è Dio che punisce, Dio salva.

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Infine, Matteo racconta la nascita di Gesù, cioè la prima lettura, presentando il cerme brano di Isaia. Ci invita a non stancare Dio con le nostre paure, le nostre incredulità. Isaia dice: “Ascoltate, casa di Davide! Il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emanuele, Dio con noi”.

Matteo ha presente questo testo quando racconta la nascita di Gesù e legge la nascita di Gesù nella luce di questo testo. Egli sa che il segno di Dio è sempre umile. Sa che la venuta del Messia non sarà plateale, sarà senza esibizioni, in una condizione leggibile solo attraverso la fede. E così è stato. E Maria si è trovata coinvolta in questo stile di Dio, questo stile di Dio nel fare la storia. Ella, nel momento stesso del concepimento di Gesù, diventa un problema, diventa forse un fastidio per Giuseppe. Resta però serena perché Maria crede. Ella è credente perché è umile. Che grande insegnamento!.

E anche Giuseppe deve superare la prova. La supera perché è umile, crede, e si inserisce così nell’opera del Messia. Dio, come sempre, fa grandi cose con i piccoli, con coloro che non si lasciano guidare dall’orgoglio. Non dimentichiamo questo fondamentale insegnamento. Il Natale ci ripropone le scelte di Dio, il suo stile, le sue strade. Riconosciamoci umilmente fuori del Natale, cioè fuori delle scelte di Dio, perché è la verità, è la verità del nostro peccato. Convertiamoci allora, e la nostra vita sarà illuminata da Cristo e diventerà una nuova Betlemme. E noi sentiremo nel cuore una gioia immensa, che è la firma sicura della presenza di Dio in noi e di noi in Dio.

Non dimentichiamo che la grotta di Betlemme siamo noi. E quando l’umiltà si apre, quella grotta diventa la regge di Dio, diventa betrebbe.

Sia lodato Gesù Cristo.

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