Il commento di don Claudio si concentra sulla Quarta Domenica di Avvento, tradizionalmente una festa mariana, ma che, seguendo l’Evangelista Matteo, pone in risalto la figura di Giuseppe e il suo ruolo nel piano di salvezza.
Include un esame approfondito del sogno di Giuseppe e dell’annuncio dell’angelo, che lo rassicura riguardo alla gravidanza di Maria per opera dello Spirito Santo, e l’importanza del nome Gesù, che significa “il Signore salva.” Inoltre, il commento collega l’evento della nascita di Cristo con la profezia di Isaia ad Acaz riguardante il segno di Emmanuele, che nell’Antico Testamento si riferiva a una “giovane donna,” ma che fu interpretato da Matteo come la Vergine che concepisce.
Infine, vengono brevemente commentati il Salmo Responsoriale, che celebra l’ingresso del Signore e chiama a mani innocenti e cuore puro, e la Seconda Lettura dalla Lettera ai Romani, la quale sottolinea la duplice natura di Gesù, vero uomo e vero Dio, e l’importanza dell’obbedienza della fede.
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Trascrizione generata automaticamente da Youtube e rivista tramite IA.
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La quarta domenica di Avvento, fin dall’antichità, è Festa Mariana. La domenica che precede la natività del Signore è dedicata alla madre che ha generato il figlio di Dio. Ma, seguendo quest’anno l’evangelista Matteo, non abbiamo un brano direttamente dedicato a Maria, perché il primo evangelista presenta piuttosto il ruolo di Giuseppe, a cui il Signore, attraverso il suo angelo, comunica il progetto di salvezza che passa attraverso questo strano evento. Giuseppe era già impegnato con Maria e avevano celebrato la prima parte delle nozze.
Nella tradizione ebraica, il matrimonio avviene in due momenti distinti ma ugualmente importanti. Il primo momento era già stato celebrato: i due erano ufficialmente impegnati a sposarsi, ma non c’era ancora la coabitazione. In questo periodo, Maria resta incinta, e l’opera è dello Spirito Santo, che ha creato in lei la novità assoluta: l’incarnazione di Dio con la collaborazione di una creatura umana. Dio dà inizio ad una nuova umanità, ma per il povero Giuseppe, credere una cosa del genere era troppo, veramente, andava al di là di ogni immaginazione. Non gli era mai stato detto, non poteva immaginarlo.
L’angelo del Signore nella notte si presenta a Giuseppe e in sogno gli dice: “Fidati, Maria ha ragione, non è colpevole. Quello che è nato in lei viene dallo Spirito Santo, e quel bambino che nascerà, tu lo considererai tuo figlio, lo riconoscerai perché sia parte della dinastia di Davide. Lo chiamerai Gesù”. È un nome importante nella tradizione ebraica, è legato alla radice del verbo “salvare”. Il nome Gesù vuol dire: “Il Signore salva”. “Tu lo chiamerai così perché effettivamente egli salverà il suo popolo, non dai romani o dai nemici in genere, ma dai suoi peccati”.
E l’evangelista annota che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia, ed è il testo che ci è proposto come prima lettura. Isaia, al capitolo 7, [contiene] il famoso oracolo che il profeta annunciò al re Aaz in un momento drammatico per Gerusalemme, quando la città era assediata da alcuni nemici, che volevano fare un colpo di stato, deporre il re e sostituirlo con una figura di fantoccio per poter prendere il controllo a Gerusalemme.
Isaia propone al re un atto di fiducia, ma il re è miscredente o, perlomeno, crede in altre forze. Sembra, da alcuni racconti biblici, che Akaz preferisse il culto di Baal, una divinità cananea, a cui aveva addirittura fatto un sacrificio umano: aveva ucciso il proprio figlio per ottenere l’aiuto da questa divinità cananea. Il profeta Isaia sta perdendo la pazienza e chiede al re che domandi a Dio un segno. Quello non vuole, perché è ostinato nella sua idea. E Isaia allora gli propone un segno grandioso: “Anche se il re non lo vuole, il Signore stesso te lo darà. Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerai Emanuele”. Sta dicendo concretamente: “La giovane donna che hai sposato avrà un bambino. Tu ne hai ucciso uno, ma il Signore te ne dà un altro.
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Tu dagli un nome significativo: chiamalo Himmanuel, ‘Dio è con noi'”. E vedrai che prima che questo bambino raggiunga l’età di ragione, sappia distinguere il bene dal male, quei due re che adesso ti fanno la guerra non ci saranno più”. È un segno a breve scadenza. Il profeta annuncia qualche cosa che sta per capitare e che tutti possono verificare. E, difatti, i due re di Damasco e di Samaria abbandoneranno molto presto l’assedio e ognuno avrà da affrontare dei seri problemi e verranno eliminati dagli invasori assiri. E Gerusalemme, nonostante le ferite, è salva: il profeta aveva ragione.
L’immagine della donna che partorisce un figlio diventa una splendida figura poetica e profetica della salvezza che offre il Signore. È la nascita di una vita nuova. Ma questo testo viene conservato nella tradizione e viene riletto anche quando non è più di attualità, quando non c’è più il problema contingente di Acat e dell’assedio di Gerusalemme. E il segno proposto dal profeta resta un segno per le future generazioni. E la parola che in ebraico voleva dire semplicemente “giovane donna”, in greco viene tradotta con parthenos, termine tecnico per indicare la Vergine. E lentamente il segno proposto dal profeta cambia sfumatura e viene sottolineato l’aspetto miracoloso di un parto verginale, ma non era compreso così nella tradizione ebraica. Fu proprio il fatto storico della nascita di Gesù dalla Vergine Maria a permettere di capire che cosa intendeva il profeta. Non è che Matteo abbia inventato la verginità di Maria per far quadrare le Scritture, ma è proprio il fatto strano, inspiegabile, della nascita di Gesù che ha chiarito l’antico segno del profeta. Giuseppe, intende dire l’evangelista, illuminato dall’angelo del Signore, capisce che c’è un progetto di Dio. Capisce che lì la Vergine sta concependo l’Emmanuele, e a Giuseppe è chiesta la collaborazione, è chiesta l’obbedienza della fede, l’impegno a collaborare.
Il salmo responsoriale è un antico testo che celebra la liturgia di ingresso, il Signore che entra dentro il santuario o il movimento di salita verso il tempio. La domanda è: “Chi potrà salire sul monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?“. La risposta è: “Mani innocenti e cuore puro”. Avevamo iniziato l’Avvento dicendo: “Venite e saliamo sul monte del Signore”. Adesso lo completiamo con questa domanda: chi può salire? [Risposta:] “Mani innocenti e cuore puro”, azioni e intenzioni buone. “Viene il Signore Re della gloria, entra nella nostra vita. Apritevi, porte eterne, alzate i frontali, spalancate le porte, accogliete questa grazia”.
La seconda lettura ci propone per la terza volta in questo Avvento un brano della Lettera ai Romani, proprio l’inizio, i primi sette versetti che contengono il saluto. Un testo molto denso: sette versetti, un unico periodo. L’apostolo cerca di infilare in questo saluto iniziale molte idee teologiche. Ne sottolineiamo solo due. La prima è la presentazione di Gesù nelle sue due nature: nato dal seme di Davide secondo la carne, cioè vero uomo, ma costituito Figlio di Dio con potenza in virtù della risurrezione, cioè vero Dio.
E contempliamo nel bambino che sta per nascere l’unione delle nature: veramente fu uomo secondo la stirpe di Davide, ma era davvero Dio, e lo si è capito perfettamente nel momento della sua risurrezione. L’altra idea importante è che l’apostolo orienta tutta la storia della salvezza all’obbedienza della fede. Voi, destinatari di questa bella notizia, siete chiamati, come San Giuseppe, all’obbedienza della fede. Obbedire al Signore è credergli. Non gli si crede se non si obbedisce. Si dimostra la fede obbedendo al Signore con le mani innocenti e il cuore puro. Continuiamo il nostro Avvento in salita, alziamo il livello, saliamo verso il Signore. Non disperdiamoci troppo facilmente in cose marginali. Attendiamo il Signore come l’oggetto del nostro desiderio. Obbediamo in forza della fede al suo progetto, e il Natale possa trasformare davvero la nostra vita facendoci crescere nell’obbedienza e nella fede.
