GRAZIE: LA PAROLA CHE APRE IL CIELO
Dieci lebbrosi a distanza,
solo occhi e voce:
Gesù, abbi pietà.
Davanti al dolore in Gesù scatta
un’urgenza di bene:
non devono soffrire
neanche un secondo di più.
E infatti subito dice loro:
Andate dai sacerdoti.
Mettetevi in cammino.
Perché li manda via?
Perché stanno già guarendo, anche se ancora non lo sanno, anche se ancora non lo vedono.
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Il futuro entra in noi
con il primo passo,
prima ancora che accada;
con il primo raggio di sole,
con il primo seme
che si apre.
A tutti noi Gesù dice:
“Kum!”. Alzati!
Imperativo potente
e indiscutibile.
Solo per questa
scommessa di fiducia
data a tutti,
perfino al nemico,
la nostra terra avrà
un futuro e
non una guerra nucleare.
Io lo credo.
Il mondo intero ha bisogno
della nostra piccola fede,
di profeti, i quali credevano
alla Parola di Dio
più ancora che al suo attuarsi.
Una vergine partorirà,
profetizza Isaia,
ma lui non la vedrà.
Avrai più figli che stelle,
ha detto ad Abramo.
E Lui ci crede,
fino alla fine,
anche se ha un figlio solo, quell’Isacco che ha
pure tentato di uccidere.
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E a Mosè stesso,
Dio farà vedere
la terra promessa
soltanto da lontano,
regalandogli solo
una struggente nostalgia.
Un Dio esigente
con i suoi profeti?
Sulla tua parola getterò le reti, aveva detto Pietro;
sulla tua parola
ci mettiamo in cammino,
dicono i dieci piccoli lebbrosi,
spalle al muro
e piaghe aperte.
E mentre andavano,
furono guariti.
É la strada ad essere guarigione, perché fermento di speranza.
La vita guarisce
non perché raggiunge
la meta, ma
quando trova il coraggio
di salpare.
Lentamente, poco a poco,
un piede dietro l’altro,
e ad ogni passo
una piccola goccia di guarigione.
La speranza è più forte dei fatti,
lo contesta e li attraversa.
Non è la fede
che si piega alla storia,
è la storia che si piega
alla speranza.
Ancora una volta
il Vangelo propone
un samaritano, un eretico,
come modello di fede
che salva.
L’unico a cui Gesù dice:
«la tua fede ti ha salvato».
Ai nove che non tornano
è invece sufficiente
la guarigione,
che li fa scomparire nel turbine
della loro felicità.
Non tornano perché
ubbidienti all’ordine di Gesù:
andate dai sacerdoti.
E non vedono oltre.
Uno solo vede
oltre le parole di Gesù.
E torna. Ha intuito
che il segreto non sta
nella guarigione,
ma nel Guaritore.
Non va dai sacerdoti
perché ha capito che
la salvezza non deriva
da norme e leggi eseguite, ma
dal rapporto personale con lui,
Gesù di Nazaret.
È salvo perché
torna alla radice,
trova la fonte e vi si immerge come in un lago.
Non cerca doni,
cerca il Donatore.
Come usciremo da questo vangelo?
Io voglio tornare indietro
come quel samaritano,
e fare mia la madre
di tutte le parole: “grazie”.
Torniamo indietro tutti,
seguiamo la bussola del cuore e
“affrettiamoci ad amare:
le persone se ne vanno
così in fretta!” (Ian Twardowski).
Per gentile concessione di p. Ermes – Fonte.
