L’OCCHIO BUONO COME LUCERNA ACCESA DIFFONDE LUCE
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, e non ti accorgi della trave che c’è nel tuo?
Noi pensiamo che la trave sia sempre negli occhi di qualcun altro,
un potente,
una nazione,
un potere occulto,
un collega,
e che nel nostro occhio ci sia al massimo una pagliuzza,
una responsabilità da niente.
Perché guardi la pagliuzza?
Un motivo c’è:
chi non vuole bene a se stesso, vede solo male attorno, vive una sindrome da accerchiamento.
Chi non sta bene con sé, sta male anche con gli altri.
- Pubblicità -
Un occhio che viene da un cuore che non è in pace, vede solo occhi malati, moltiplica pagliuzze alzando travi davanti al sole.
L’occhio buono è invece come lucerna accesa, diffonde luce.
Colui che è riconciliato con la sua radice profonda, guarda con sguardo benedicente,
limpido,
includente.
L’occhio cattivo emana oscurità, diffonde amore per l’ombra. E nascono le guerre.
Il priore dei sette monaci trappisti decapitati a Thibirine, frère Christian de Clergè, davanti all’imminenza del martirio pregava:
- Pubblicità -
“Signore,
disarmali e disarmaci!”
Due parole assolute,
totali e sufficienti.
Vangelo puro.
Signore, disarma anche noi!
Facci ripetere,
tutti insieme,
che la guerra è
la più grande bestemmia.
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene.
Il buon tesoro del cuore: una definizione così bella, così piena di luminosa speranza, di ciò che siamo nel nostro intimo mistero:
portatori di un tesoro buono,
custodito in vasi d’argilla,
ma pieno di oro fino da distribuire.
Anzi il primo tesoro è il nostro stesso cuore:
un uomo vale quanto vale il suo cuore (Gandhi).
La nostra vita è viva se abbiamo coltivato tesori di speranza,
di passione
per il bene possibile,
per il sorriso possibile,
per la buona politica possibile,
per una ‘casa comune’ curata e bella,
dove sia possibile
vivere meglio per tutti.
La nostra vita è viva quando ha cuore
e regala generosità,
luce,
attenzione.
La nostra vita vive di vita donata.
Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi.
Gesù ci porta a scuola dalla sapienza degli alberi. La cui legge è semplice:
vivere,
crescere,
fiorire,
fare frutto,
donarlo.
Sono le leggi della vita reale, e coincidono con quelle della vita spirituale, con la stessa morale evangelica:
un’etica del frutto buono, della fecondità creativa, della sterilità vinta,
del gesto che fa bene davvero,
della parola che consola davvero,
del sorriso autentico
che guarisce chi è
malato di solitudine.
Martin Buber semplificava così la legge ultima della vita: “a partire da me, ma non per me”.
Il cuore del cosmo
non dice semplice sopravvivenza di sé,
ma dono di sé:
crescere e fiorire,
fare frutti e donarli.
Come alberi forti,
come cuori buoni.
Per gentile concessione di p. Ermes – Fonte.
