Pace e bene cari fratelli e sorelle, questa domenica lasciamo risuonare nel cuore il comandamento nuovo di Gesรน, chiedendogli la grazia di viverlo, cosรฌ da essere uomini e donne nuovi, capaci di amare come Lui ci ama. Sapendo che proprio da questo riconosceranno che siamo suoi discepoli…
Il Vangelo di oggi ci consegna, tra le altre, due parole importanti: la gloria e lโamore.
La prima parola รจ la gloria. Giuda esce dal cenacolo; Gesรน sa bene che sta andando a mettere in atto il suo proposito di tradimento. Proprio in questo contesto mortifero, mentre la sua vita รจ minacciata, Gesรน parla di gloria! Cosa significa? La gloria nel mondo ebraico indica il peso specifico, potremmo dire il valore di una cosa.
Gesรน intreccia il tema della gloria alla sua passione, morte e risurrezione. In primo luogo dice che proprio ora, nella sua passione e morte, si manifesterร la sua gloria, la sua consistenza, il suo valore. Proprio qui si vedrร il suo amore per noi, quanto gli stiamo a cuore. Proprio sulla croce si dispiega lโamore gratuito, smisurato ed eterno del Signore per noi.
Proprio lรฌ, nel momento in cui tutti avremmo tirato i remi in barca, Lui si consegna fino alla fine. In secondo luogo Gesรน accenna alla risurrezione; in essa si vedrร la sua gloria, il suo splendore, e proprio la risurrezione confermerร e suggellerร il valore immenso della sua passione e morte sofferta per amor nostro.
Tutto questo sembra suggerirci una profonda differenza tra la vanagloria e la vera gloria. La vanagloria รจ il gonfiarsi, il darsi arie; ma potremmo anche allargare il concetto a quella โgloriaโ che cerchiamo nei successi, nelle capacitร umane, nel mettersi in evidenza. Possiamo chiamarla โvanaโ perchรฉ passa con sorella morte.
La vera gloria invece รจ quella propria di chi ama, di chi sa dare la sua vita, di chi sa impegnarsi a favore degli altri, specie dei bisognosi. Si vede la consistenza di un padre, di un marito, di un sacerdote, di una consacrata, di una moglie… insomma, di un credente non nei titoli ma nellโamore, nella capacitร di spendersi, di sacrificarsi, di essere fedele nelle piccole come nelle grandi cose. Ci farร bene chiederci: e io che gloria cerco?
La seconda parola che il Vangelo ci consegna รจ lโamore, in greco ร gape. ร un termine che Giovanni predilige per indicare anzitutto lโamore di Dio, quel dono di sรฉ totale, gratuito, senza se e senza ma, quellโamore โfolleโ, immeritato e appassionato che Dio ha per noi.
Si tratta di un amore che, una volta accolto, chiede per sua natura di essere corrisposto e donato. Nello specifico, Gesรน consegna il suo โtestamentoโ: ยซVi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, cosรฌ amatevi anche voi gli uni gli altriยป.
Tutto parte da quel ยซcome io vi ho amatoยป, che qualcuno ama tradurre: โpoichรฉ io vi ho amatoโ. Lโamore del Signore รจ lโorigine e la forma dellโamore che siamo chiamati ad accogliere e incarnare. E non si tratta di un amore a condizione o part-time; no, Gesรน stesso ci ha detto che si tratta di dare la vita per i propri amici.
E gli amici di Gesรน non sono stati solo i suoi discepoli ma tutti, anche quelli che lo hanno abbandonato e crocifisso. Basti pensare che Gesรน chiamรฒ โamicoโ anche Giuda nellโora del tradimento al Getsemani!
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Ecco: ยซcosรฌ amatevi gli uni gli altriยป. Gesรน chiede che nella sua comunitร regni e sia visibile la concreta caritร ; sรฌ, il sogno di Dio รจ che nel suo popolo, tra noi credenti, circoli il suo amore, perchรฉ la nostra gioia sia piena e perchรฉ tanti siano attratti a Lui!
Perciรฒ continua dicendo: ยซDa questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altriยป. Ciรฒ che manifesta eloquentemente che siamo suoi discepoli รจ il fatto che ci amiamo.
Vedere comunitร cristiane composte da persone che si vogliono bene, vedere comunitร religiose dove ci si vuol bene, vedere presbiteri dove ci si vuol bene, vedere famiglie cristiane dove ci si ama รจ la prima e piรน grande forma di evangelizzazione. Il Vangelo non si diffonde per costrizione ma per attrazione!
Giร nei primissimi secoli, come ricorda Tertulliano, sorgeva unโespressione di stupore nei pagani che per la prima volta venivano in contatto con i cristiani: โVedi come si amano fra loro e sono pronti a morire lโuno per lโaltroโ (Apologetico, XXXIX,7).
Bellissima anche la testimonianza di Aristide: ยซSe tra i cristiani qualcuno รจ povero o indigente, ed essi non hanno il necessario per soccorrerlo, digiunano due o tre giorni al fine di inviare il cibo a questi bisognosiยป (Aristide, Apologia 15,7; testo del 130 d.C. circa).
Sono testi che ci fanno riflettere e chiedere: gli altri, vedendo noi, vedendo me, possono dire altrettanto?
