Nella prima lettura di questa XXXIII domenica del tempo ordinario ci troviamo di fronte a una lode per la donna forte, una donna le cui mani come il grembo generano vita, bontร , bellezza. Poi una donna la ritroviamo anche nella seconda lettura, anche se solo citata, piรน come immagine che come vero e proprio riferimento; anzi, piรน che una donna in sรฉ a essere richiamate sono le sue doglie, il suo dolore generativo.
E il riferimento usato dallโapostolo Paolo sembra piรน una minaccia per chi sceglie di vivere nelle tenebre, che una promessa. E poi nel Vangelo troviamo i talenti, la cui parabola รจ piรน che famosa. Come stanno insieme tutte queste cose? E dove ci vorrebbero portare?
La prossima domenica sarร lโultima dellโanno liturgicoโฆ e il clima in cui le letture di questo tempo ci inseriscono รจ tipico degli โultimi tempiโ, quelli escatologici, quelli che hanno a che fare non con la fine, ma con un nuovo inizio. Tutti gli anni ci ritorniamo, e dovremmo โ come in una sorta di ascesa a spirale โ trovarci non allo stesso punto, ma sempre un poโ piรน in su, un poโ piรน vicini a Dio, un poโ piรน parte viva del Regno.
Da donna, lo ammetto:ย รจ bello che gli ultimi tempi siano riletti nella prospettiva di una donna forte, una donna il cui valore รจ ben superiore alle perle. Una donna che sa procurare, generare, proteggere, custodire, mantenere, governare, aprire, donare.ย Quello che il libro dei Proverbi descrive non รจ altro che laย potenzaย che ci vive dentro (primo tra i doni, proveniente da quel nostro essere a immagine del Creatore) e che ci rende capaci di contenere ogni singolo dono, per generarlo come dono.ย
La nostra vita, quella di tutte e di tutti noi, non รจ altro se non contenitore capace di contenere il dono dei doni: la potenza di Dio, la vita di Dio โ; contenere perรฒ per investire in dono. Siamo chiamati a essere come anfore ricche, colme, traboccanti di dono, perchรฉ altri ricevano, perchรฉ altri prendano.
I talentiโฆ che meraviglia! Eppure abbiamo impostato la nostra risposta a Dio piรน nella logica di quel servo condannato che non di quelli premiati. In nome dellโumiltร , o per tenere a bada la superbia, abbiamo preferito costruire stili pastorali, comunitari, congregazionali chiedendo alle persone di vivere esattamente come quel servo che ha seppellito il suo talentoโฆ E abbiamo chiesto (e chiediamo) a innumerevoli persone di tacere, di attendere, di custodire, di non manifestare. Abbiamo (e forse ancora lo facciamo) accusato di superbia persone ricche di talenti, idee, creativitร , esperienze. Abbiamo (e forse ancora lo facciamo) non ascoltato, chiuso cuore e orecchie a chi aveva e ha idee non allineate, disturbanti, fuori dal coro.
E cosรฌ facendo abbiamo impoverito Chiese, famiglie, istituti, comunitร , carismi, associazioni, movimentiโฆ
Ma ogni talento non รจ forse dono di Dio?
Ogni talento non รจ forse dato perchรฉ il Regno cresca?
Ogni talento non รจ forse il seme di ciรฒ che ancora non cโรจ?
Ogni talento non รจ forse la fedeltร di Dio alle sue promesse?
Ogni talento non รจ forse il rischio di un futuro che deve ancora sorgere?
E ogni talento non รจ forse una persona? In carne e ossa, con le sue parole, le sue ferite, la sua bontร , i suoi errori? Possiamo davvero continuare a preferire le logiche di quel servo che il Vangelo stesso ha condannato? I tempi ultimi possono essere vissuti in molti modi. A noi รจ chiesto di viverli da figli della luce, che sanno correre il rischio della risposta, come quei servi la cui fedeltร al padrone sta proprio nel rischiare di moltiplicare il dono ricevuto, come quella donna forte che sa cercare, procurare, moltiplicare, donare.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com
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