โAvverrร come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamรฒ i suoi servi e consegnรฒ loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacitร di ciascuno; poi partรฌโ.
Il numero dei nostri talenti non รจ un modo di Dio di fare ingiustizia. Troppe volte paragoniamo la nostra vita a quella degli altri e ci domandiamo perchรฉ quello si e noi no. Pensiamo spesso che lโerba del nostro vicino sia sempre piรน verde, ma in realtร non sappiamo quasi nulla della vita degli altri, di quello che vivono, di quello che soffrono.
Giudichiamo dallโesterno e viviamo arrabbiati pensando di essere dei figliastri e non dei figli. Ci dimentichiamo che Dio dร โsecondo le capacitร di ciascunoโ. Il vero problema non รจ fare la conta dei nostri talenti ma decidere che ne vogliamo fare. Passiamo la vita a invidiarci lโun lโaltro, o a ragionare con la paura e quasi mai investiamo su ciรฒ che siamo e su ciรฒ che abbiamo.
La santitร non รจ guadagnare di piรน ma avere il coraggio di rischiare ciรฒ che si ha. Se tu rischi ti comporti da figlio, se non rischi tu ragioni da servo che temendo la punizione si paralizza. Una vita con la paura della punizione ci trasforma in devoti inutili, ma la santitร consiste nel diventare figli di Dio, non nel semplice stare alle regole.
Se per paura dellโinferno fai una vita da santo, allora non hai capito che il bene andava fatto per amore e non paura. ร questa la lezione che lโuomo della parabola di oggi vuole dare ai suoi servi: dargli fiducia non serve a fargli guadagnare di piรน a lui, ma trasformare degli esecutori in protagonisti.
ร far crescere un servo fino al punto da farlo sbocciare come figlio. Troppe volte noi corriamo a destra e a manca cercando di fare tutto quello dobbiamo fare, ma non ci sentiamo mai veramente protagonisti, mai veramente figli.
Gesรน non ci chiede di fare semplicemente il nostro dovere, ma di vivere una vita da figli piรน ancora che da devoti. Una vita da protagonisti e non da frustrati ben educati.
โ NUOVO COMMENTO DALLA PAGINA FACEBOOK
Pensare male di Dio รจ peggio di dire โDio non esisteโ. Perchรฉ dire di credere in Dio e collegare a ciรฒ una serie infinita di pregiudizi negativi su di Lui, fa piรน male del piรน rigido ateismo. Siamo abituati a leggere la parabola che ci offre la pagina del Vangelo di Matteo di questa XXXIII domenica del tempo ordinario, ponendo sempre lโaccento sui talenti e sullโuso che se ne fa. Sarebbe bello se invece questa volta sostassimo sul contorto ragionamento di quel servo che non si mette in gioco in nulla, pur avendo una sola cosa a cui pensare, e rintracciare cosรฌ nella sua logica una traccia di morte che molte volte attraversa anche i nostri ragionamenti: โSignore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciรฒ che รจ tuoโ. In pratica dice che non ha combinato nulla della sua vita per paura. […] Continua a leggere qui.
Autore: don Luigi Maria Epicoco
Commento al brano del Vangelo di: โ Lc 18,1-8
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