Cura e annuncio
โ๏ธย Commento al brano del Vangelo di:ย ย โย Mt 9,36-10,8
La prima lettura di questa domenica (Es 19,2-6a) afferma che lโintervento di Dio nella storia crea unโentitร comunitaria: i fuoriusciti dallโEgitto vengono costituiti in popolo eletto e santo; dal canto suo, il vangelo (Mt 9,36-10,8) mostra che alcuni discepoli di Gesรน formano il gruppo dei Dodici per proseguire la sua missione. Se il popolo radunato da Dio attorno a Mosรจ ha come compito di testimoniare la signoria di Dio tra tutti i popoli vivendo lโappartenenza a Lui, i Dodici sono chiamati a testimoniare la signoria di Cristo facendo il bene e predicando il Regno. La missione cristiana, lโevangelizzazione, รจ opera di un soggetto comunitario, รจ opera ecclesiale. Possiamo dunque cogliere il tema della comunitร come legame che unisce le due letture.
Se il brano liturgico dellโAntico Testamento inizia con il v. 2 del capitolo 19 dellโEsodo, รจ interessante ascoltare cosa dice il versetto immediatamente precedente. Sta scritto in Es 19,1: โNel terzo mese dallโuscita dei figli dโIsraele dalla terra di Egitto, in questo giorno, essi arrivarono al deserto del Sinaiโ. Il testo ebraico non dice โin quel giornoโ, bensรฌ โin questo giornoโ. Come sottolinea la tradizione ebraica, questa notazione cronologica crea una temporalitร condivisa fra il testo e il lettore, fra ciรฒ che รจ narrato nel racconto biblico ed รจ stato vissuto dai figli dโIsraele nel passato e ciรฒ che vive il lettore oggi. La narrazione biblica stabilisce cosรฌ una data fondante che sarร ricordata nel tempo e celebrata liturgicamente nella festa delle Settimane che farร memoria dellโalleanza sinaitica e del dono della Legge. Ma ciรฒ che avviene nella liturgia che fa memoria dellโevento sinaitico rendendolo partecipato da chi lo celebra nel tempo a venire, avviene anche nella lettura credente del testo biblico: la notazione โin questo giornoโ dice lโattualitร sempre rinnovata e dunque la contemporaneitร dellโevento sinaitico con il lettore. Il commentatore ebreo medievale Rashi commenta lโespressione โin questo giornoโ affermando che essa significa: โche le parole della Torah siano sempre nuove per te, come nel giorno in cui furono dateโ. Il giorno del dono della Torah รจ sempre โquesto giornoโ, ovvero โoggiโ, come sta scritto nel Salmo: โOggi, se ascoltate la mia voceโ (Sal 95,8). Lโascolto della parola del Signore rinnovato ogni giorno รจ il saldo fondamento della comunitร dei credenti. Ecco la comunitร credente: il popolo di coloro che ascoltano la parola del Signore. E al cuore delle parole rivolte da Dio a Mosรจ vi รจ proprio la richiesta dellโascolto: โSe darete ascolto (lett.: โse ascoltare ascoltereteโ; cioรจ se ascolterete veramente, se prenderete sul serio le mie parole e le porrete nel vostro cuore, ovvero, se le obbedirete facendole divenire vostra volontร ), allora sarete mio popolo, anzi: โproprietร particolare, regno di sacerdoti, gente santaโ (Es 19,5-6). Lโalleanza si regge sullโascolto obbediente del popolo alla parola di Dio.
Se il brano evangelico liturgico inizia con il v. 36 del capitolo 9 di Matteo, da un punto di vista letterario esso inizia nel versetto immediatamente precedente che riporta un sommario dellโattivitร quotidiana di Gesรน: โGesรน percorreva tutte le cittร e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e curando ogni malattia e ogni infermitร โ (Mt 9,35). Annunciare il Regno e curare le persone malate, queste le due azioni che contraddistinguono lโattivitร quotidiana di Gesรน nel suo ministero itinerante. Parole e gesti che rivelano la sua persona e che trovano la loro scaturigine nella compassione. ร infatti il suo sguardo di compassione che Matteo pone in primo piano come inizio dellโepisodio: โVedendo le folle, ne sentรฌ compassioneโ (Mt 9,36). E cosรฌ facendo pone ogni lettore, anche noi ora, oggi, davanti a quello sguardo. Altre tre volte il vangelo secondo Matteo parla della compassione di Gesรน. In 14,14 prova compassione di fronte alla folla che lo aveva seguito a piedi mentre lui attraversava il lago di Galilea. Gesรน cercava un luogo solitario per stare in solitudine dopo aver saputo della morte di Giovanni Battista, ma, sceso dalla barca, resta colpito dalle folle, dalla loro tenacia nel seguirlo, dal loro bisogno che diviene ricerca perseverante, muta richiesta di parola e presenza. Li vede come mendicanti assetati di senso, del senso che lui solo sapeva dare. E la compassione diviene azione terapeutica: โcurรฒ i loro malatiโ (Mt 14,14). In 15,32 รจ di nuovo di fronte alla folla che Gesรน sente compassione, cioรจ resta profondamente toccato, commosso, ma la compassione per lui non resta mai a livello puramente emotivo, ma diviene azione, soccorso, aiuto. Gesรน si fa cassa di risonanza del bisogno delle folle, che da ben tre giorni stavano con lui ed erano senza cibo. Provare compassione รจ anche entrare nei panni degli altri e intervenire per loro. Qui Gesรน va incontro al loro bisogno e li nutre distribuendo pani a sazietร . Infine, in 20,34 Gesรน prova compassione davanti a due ciechi e li guarisce. Noi traduciamo con il termine compassione ciรฒ che letteralmente indica lo spaccarsi del cuore, una lacerazione viscerale, un essere colpiti nel piรน profondo dellโessere dalla percezione della povertร e della sofferenza dellโaltro. E nel nostro testo Gesรน vede la gente e ne coglie la stanchezza e lo sfinimento. I verbi usati sono al passivo e indicano una condizione subรฌta, che prostra, esaurisce, abbatte. Ma questo sguardo non รจ per nulla di commiserazione, bensรฌ รจ sguardo che vede lโangustia delle folle con lo sguardo di Dio. Matteo esprime questo per mezzo di un riferimento veterotestamentario. La loro prostrazione รจ dovuta alla loro condizione di essere come gregge senza pastore, dunque smarrito, senza direzione, perso. Lโespressione รจ riferita al popolo dโIsraele in Nm 27,17, in 1Re 22,17, in 2Cr 18,16. Quindi lo sguardo di compassione di Gesรน รจ anche traduzione dello sguardo divino che vede lโumana derelizione e se ne lascia ferire. Il vero pastore non รจ indifferente al dolore e ai bisogni del gregge.
Se i figli dโIsraele appaiono a Gesรน come pecore sperdute (Mt 9,36; 10,6), essi gli appaiono anche come un campo di grano pronto per la mietitura (cf. Mt 9,37-38): ormai lโattesa messianica dโIsraele รจ giunta a maturazione, occorrono operai che annuncino il Vangelo del Regno. E Gesรน chiede ai discepoli di pregare perchรฉ Dio mandi operai nella messe. Di fronte alla smisuratezza del compito (โla messe รจ moltaโ), Gesรน non si scoraggia nรฉ si lamenta, ma chiede preghiera, e lui stesso affida ai Dodici il compito di narrare la vicinanza del Regno con la loro presenza, parola e azione. La missione, che รจ prosecuzione dellโazione di Gesรน nella storia, nasce dalla compassione e dalla preghiera. E se i discepoli sono inviati a annunciare il Regno e a curare i malati (Mt 10,7-8), cioรจ a proseguire lโattivitร di Gesรน, essi dovranno anche pregare Dio, โil signore della messeโ, perchรฉ mandi operai nella sua messe. Questโultima indicazione significa riconoscere che la vocazione cristiana viene dal Padre, da Dio, attraverso il Figlio, nella potenza dello Spirito santo e si caratterizza come annuncio e testimonianza del Regno e delle sue esigenze e cura compassionevole per gli umani. La vocazione non nasce dal discernimento di un bisogno nella chiesa o nella societร a cui ci si dispone a rispondere, ma dal volere di Dio a cui ci si apre grazie alla preghiera. Una comunitร cristiana che abbia compreso la necessitร della preghiera e la viva, รจ una comunitร in cui le esigenze radicali della vocazione cristiana e la volontร di Dio echeggiano con vigore e possono trovare uomini e donne disposti ad accoglierle.
Come primizia di questi operai โinviatiโ (questo il senso del termine apรณstoloi che nel primo vangelo ricorre solo qui: Mt 10,2) ecco che Gesรน chiama a sรฉ โi suoi dodici discepoliโ e conferisce loro potere di curare e guarire malati e di far retrocedere e sconfiggere le potenze del male. E Matteo situa qui lโelenco dei Dodici e i loro nomi. Lโelenco dei Dodici rivela il volto concreto di una comunitร reale: personalitร forti che hanno lasciato un segno (Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni) e figure sbiadite di cui a malapena si รจ conservato il nome (Taddeo) e di cui non sappiamo nulla. E viene evocato con discrezione il cammino che molti hanno dovuto affrontare per costituire la comunitร di Gesรน: Simone diventato Pietro; le due coppie di fratelli chiamate a trasformare i loro rapporti di sangue in rapporti determinati dal fare la volontร del Padre (cf. Mt 12,50; 20,20-23); Matteo che da esattore delle tasse รจ diventato discepolo e apostolo; Simone il cananeo, ovvero, con un passato di zelota, di resistente armato antiromano. Infine รจ nominato Giuda, colui che tradรฌ Gesรน. Come ogni comunitร cristiana, anche la comunitร di Gesรน conosce glorie e gioie, ma anche miserie e infedeltร ed รจ attraversata da eventi dolorosi e tragici (cf. Mt 27,5).
La missione a cui sono inviati i Dodici consiste nel far retrocedere il male, nel compiere il bene come ha fatto il loro Signore Gesรน, e nel predicare il Regno narrato da Gesรน nella sua persona. Essa si situa tra il dono e la responsabilitร : โGratuitamente avete ricevuto, gratuitamente dateโ (Mt 10,8). La missione รจ evocata nella sua interezza non come un fare, ma come un ricevere e un donare. Siamo di fronte a un processo di trasmissione: da Dio a Gesรน, da Gesรน ai discepoli, dai discepoli allโumanitร tutta. Sempre sotto il segno della gratuitร .
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



