Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 18 Giugno 2023

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Cura e annuncio

โœ๏ธย Commento al brano del Vangelo di:ย ย โœย Mt 9,36-10,8

La prima lettura di questa domenica (Es 19,2-6a) afferma che lโ€™intervento di Dio nella storia crea unโ€™entitร  comunitaria: i fuoriusciti dallโ€™Egitto vengono costituiti in popolo eletto e santo; dal canto suo, il vangelo (Mt 9,36-10,8) mostra che alcuni discepoli di Gesรน formano il gruppo dei Dodici per proseguire la sua missione. Se il popolo radunato da Dio attorno a Mosรจ ha come compito di testimoniare la signoria di Dio tra tutti i popoli vivendo lโ€™appartenenza a Lui, i Dodici sono chiamati a testimoniare la signoria di Cristo facendo il bene e predicando il Regno. La missione cristiana, lโ€™evangelizzazione, รจ opera di un soggetto comunitario, รจ opera ecclesiale. Possiamo dunque cogliere il tema della comunitร  come legame che unisce le due letture.

Se il brano liturgico dellโ€™Antico Testamento inizia con il v. 2 del capitolo 19 dellโ€™Esodo, รจ interessante ascoltare cosa dice il versetto immediatamente precedente. Sta scritto in Es 19,1: โ€œNel terzo mese dallโ€™uscita dei figli dโ€™Israele dalla terra di Egitto, in questo giorno, essi arrivarono al deserto del Sinaiโ€. Il testo ebraico non dice โ€œin quel giornoโ€, bensรฌ โ€œin questo giornoโ€. Come sottolinea la tradizione ebraica, questa notazione cronologica crea una temporalitร  condivisa fra il testo e il lettore, fra ciรฒ che รจ narrato nel racconto biblico ed รจ stato vissuto dai figli dโ€™Israele nel passato e ciรฒ che vive il lettore oggi. La narrazione biblica stabilisce cosรฌ una data fondante che sarร  ricordata nel tempo e celebrata liturgicamente nella festa delle Settimane che farร  memoria dellโ€™alleanza sinaitica e del dono della Legge. Ma ciรฒ che avviene nella liturgia che fa memoria dellโ€™evento sinaitico rendendolo partecipato da chi lo celebra nel tempo a venire, avviene anche nella lettura credente del testo biblico: la notazione โ€œin questo giornoโ€ dice lโ€™attualitร  sempre rinnovata e dunque la contemporaneitร  dellโ€™evento sinaitico con il lettore. Il commentatore ebreo medievale Rashi commenta lโ€™espressione โ€œin questo giornoโ€ affermando che essa significa: โ€œche le parole della Torah siano sempre nuove per te, come nel giorno in cui furono dateโ€. Il giorno del dono della Torah รจ sempre โ€œquesto giornoโ€, ovvero โ€œoggiโ€, come sta scritto nel Salmo: โ€œOggi, se ascoltate la mia voceโ€ (Sal 95,8). Lโ€™ascolto della parola del Signore rinnovato ogni giorno รจ il saldo fondamento della comunitร  dei credenti. Ecco la comunitร  credente: il popolo di coloro che ascoltano la parola del Signore. E al cuore delle parole rivolte da Dio a Mosรจ vi รจ proprio la richiesta dellโ€™ascolto: โ€œSe darete ascolto (lett.: โ€œse ascoltare ascoltereteโ€; cioรจ se ascolterete veramente, se prenderete sul serio le mie parole e le porrete nel vostro cuore, ovvero, se le obbedirete facendole divenire vostra volontร ), allora sarete mio popolo, anzi: โ€œproprietร  particolare, regno di sacerdoti, gente santaโ€ (Es 19,5-6). Lโ€™alleanza si regge sullโ€™ascolto obbediente del popolo alla parola di Dio.

Se il brano evangelico liturgico inizia con il v. 36 del capitolo 9 di Matteo, da un punto di vista letterario esso inizia nel versetto immediatamente precedente che riporta un sommario dellโ€™attivitร  quotidiana di Gesรน: โ€œGesรน percorreva tutte le cittร  e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e curando ogni malattia e ogni infermitร โ€ (Mt 9,35). Annunciare il Regno e curare le persone malate, queste le due azioni che contraddistinguono lโ€™attivitร  quotidiana di Gesรน nel suo ministero itinerante. Parole e gesti che rivelano la sua persona e che trovano la loro scaturigine nella compassione. รˆ infatti il suo sguardo di compassione che Matteo pone in primo piano come inizio dellโ€™episodio: โ€œVedendo le folle, ne sentรฌ compassioneโ€ (Mt 9,36). E cosรฌ facendo pone ogni lettore, anche noi ora, oggi, davanti a quello sguardo. Altre tre volte il vangelo secondo Matteo parla della compassione di Gesรน. In 14,14 prova compassione di fronte alla folla che lo aveva seguito a piedi mentre lui attraversava il lago di Galilea. Gesรน cercava un luogo solitario per stare in solitudine dopo aver saputo della morte di Giovanni Battista, ma, sceso dalla barca, resta colpito dalle folle, dalla loro tenacia nel seguirlo, dal loro bisogno che diviene ricerca perseverante, muta richiesta di parola e presenza. Li vede come mendicanti assetati di senso, del senso che lui solo sapeva dare. E la compassione diviene azione terapeutica: โ€œcurรฒ i loro malatiโ€ (Mt 14,14). In 15,32 รจ di nuovo di fronte alla folla che Gesรน sente compassione, cioรจ resta profondamente toccato, commosso, ma la compassione per lui non resta mai a livello puramente emotivo, ma diviene azione, soccorso, aiuto. Gesรน si fa cassa di risonanza del bisogno delle folle, che da ben tre giorni stavano con lui ed erano senza cibo. Provare compassione รจ anche entrare nei panni degli altri e intervenire per loro. Qui Gesรน va incontro al loro bisogno e li nutre distribuendo pani a sazietร . Infine, in 20,34 Gesรน prova compassione davanti a due ciechi e li guarisce. Noi traduciamo con il termine compassione ciรฒ che letteralmente indica lo spaccarsi del cuore, una lacerazione viscerale, un essere colpiti nel piรน profondo dellโ€™essere dalla percezione della povertร  e della sofferenza dellโ€™altro. E nel nostro testo Gesรน vede la gente e ne coglie la stanchezza e lo sfinimento. I verbi usati sono al passivo e indicano una condizione subรฌta, che prostra, esaurisce, abbatte. Ma questo sguardo non รจ per nulla di commiserazione, bensรฌ รจ sguardo che vede lโ€™angustia delle folle con lo sguardo di Dio. Matteo esprime questo per mezzo di un riferimento veterotestamentario. La loro prostrazione รจ dovuta alla loro condizione di essere come gregge senza pastore, dunque smarrito, senza direzione, perso. Lโ€™espressione รจ riferita al popolo dโ€™Israele in Nm 27,17, in 1Re 22,17, in 2Cr 18,16. Quindi lo sguardo di compassione di Gesรน รจ anche traduzione dello sguardo divino che vede lโ€™umana derelizione e se ne lascia ferire. Il vero pastore non รจ indifferente al dolore e ai bisogni del gregge.

Se i figli dโ€™Israele appaiono a Gesรน come pecore sperdute (Mt 9,36; 10,6), essi gli appaiono anche come un campo di grano pronto per la mietitura (cf. Mt 9,37-38): ormai lโ€™attesa messianica dโ€™Israele รจ giunta a maturazione, occorrono operai che annuncino il Vangelo del Regno. E Gesรน chiede ai discepoli di pregare perchรฉ Dio mandi operai nella messe. Di fronte alla smisuratezza del compito (โ€œla messe รจ moltaโ€), Gesรน non si scoraggia nรฉ si lamenta, ma chiede preghiera, e lui stesso affida ai Dodici il compito di narrare la vicinanza del Regno con la loro presenza, parola e azione. La missione, che รจ prosecuzione dellโ€™azione di Gesรน nella storia, nasce dalla compassione e dalla preghiera. E se i discepoli sono inviati a annunciare il Regno e a curare i malati (Mt 10,7-8), cioรจ a proseguire lโ€™attivitร  di Gesรน, essi dovranno anche pregare Dio, โ€œil signore della messeโ€, perchรฉ mandi operai nella sua messe. Questโ€™ultima indicazione significa riconoscere che la vocazione cristiana viene dal Padre, da Dio, attraverso il Figlio, nella potenza dello Spirito santo e si caratterizza come annuncio e testimonianza del Regno e delle sue esigenze e cura compassionevole per gli umani. La vocazione non nasce dal discernimento di un bisogno nella chiesa o nella societร  a cui ci si dispone a rispondere, ma dal volere di Dio a cui ci si apre grazie alla preghiera. Una comunitร  cristiana che abbia compreso la necessitร  della preghiera e la viva, รจ una comunitร  in cui le esigenze radicali della vocazione cristiana e la volontร  di Dio echeggiano con vigore e possono trovare uomini e donne disposti ad accoglierle.

Come primizia di questi operai โ€œinviatiโ€ (questo il senso del termine apรณstoloi che nel primo vangelo ricorre solo qui: Mt 10,2) ecco che Gesรน chiama a sรฉ โ€œi suoi dodici discepoliโ€ e conferisce loro potere di curare e guarire malati e di far retrocedere e sconfiggere le potenze del male. E Matteo situa qui lโ€™elenco dei Dodici e i loro nomi. Lโ€™elenco dei Dodici rivela il volto concreto di una comunitร  reale: personalitร  forti che hanno lasciato un segno (Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni) e figure sbiadite di cui a malapena si รจ conservato il nome (Taddeo) e di cui non sappiamo nulla. E viene evocato con discrezione il cammino che molti hanno dovuto affrontare per costituire la comunitร  di Gesรน: Simone diventato Pietro; le due coppie di fratelli chiamate a trasformare i loro rapporti di sangue in rapporti determinati dal fare la volontร  del Padre (cf. Mt 12,50; 20,20-23); Matteo che da esattore delle tasse รจ diventato discepolo e apostolo; Simone il cananeo, ovvero, con un passato di zelota, di resistente armato antiromano. Infine รจ nominato Giuda, colui che tradรฌ Gesรน. Come ogni comunitร  cristiana, anche la comunitร  di Gesรน conosce glorie e gioie, ma anche miserie e infedeltร  ed รจ attraversata da eventi dolorosi e tragici (cf. Mt 27,5).

La missione a cui sono inviati i Dodici consiste nel far retrocedere il male, nel compiere il bene come ha fatto il loro Signore Gesรน, e nel predicare il Regno narrato da Gesรน nella sua persona. Essa si situa tra il dono e la responsabilitร : โ€œGratuitamente avete ricevuto, gratuitamente dateโ€ (Mt 10,8). La missione รจ evocata nella sua interezza non come un fare, ma come un ricevere e un donare. Siamo di fronte a un processo di trasmissione: da Dio a Gesรน, da Gesรน ai discepoli, dai discepoli allโ€™umanitร  tutta. Sempre sotto il segno della gratuitร .

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose