ร una questione dโamore
ร la domenica in cui confessiamo la Triunitร di Dio. In veritร la Triunitร di Dio รจ confessata dalla chiesa sempre, in ogni liturgia, ma recentemente si รจ sentito il bisogno di istituire una festa teologico-dogmatica, che non รจ conosciuta nรฉ dallโantichitร cristiana nรฉ, tuttora, dalla tradizione cristiana orientale. ร comunque lโoccasione di una lode, di un ringraziamento, di unโadorazione del mistero del nostro Dio, comunione dโamore tra Padre, Figlio e Spirito santo.
Qualcuno puรฒ essere stupito che il testo evangelico scelto dalla chiesa per questa festa parli in modo manifesto solo del Padre e del Figlio, mentre sembra fare silenzio sullo Spirito santo. In realtร lo Spirito รจ presente come โamore di Dioโ e come โcompagno inseparabile del Figlioโ (Basilio di Cesarea), perchรฉ lร dove sta scritto che โDio ha tanto amato il mondoโ, il cristiano comprende che Dio ha amato il mondo con il suo amore che รจ lo Spirito santo del Padre e del Figlio. ร stato lungo il cammino della rivelazione, e dunque dellโadesione a essa da parte dei credenti, riguardo alla Triunitร di Dio. Lo riconosce con finezza Gregorio di Nazianzo: โLโAntico Testamento proclamava in modo chiaro il Padre, in modo piรน oscuro il Figlio; il Nuovo Testamento ha manifestato il Figlio e ha fatto intravedere la divinitร dello Spirito; ora lo Spirito โฆ ci accorda una comprensione piรน chiara di se stesso โฆ Cosรฌ attraverso ascensioni, avanzamenti, progressi di gloria in gloria, la luce della Triunitร brillerร con ancora piรน chiarezzaโ (Discorsi teologici 31,26).
La Triunitร di Dio non รจ una formula cristallizzata e non occorre nominare sempre le tre persone per evocarla: Padre, Figlio e Spirito santo sono termini che indicano una vita di amore plurale, comunitario, sono una comunione che noi tentiamo di esprimere con le nostre povere parole, sempre incapaci di dire il mistero, di esprimere la rivelazione del nostro Dio. Non รจ un caso che spesso, per dire qualche nostra parola sulla Triunitร di Dio, dopo secoli ricorriamo ancora allโintuizione di Agostino che vede nel Padre lโAmante, nel Figlio lโAmato e nello Spirito lโAmore che intercorre tra i due. E San Bernardo di Clairvaux, dal canto suo, leggeva la Triunitร di Dio come un bacio โcircolareโ ed eterno: โIl Padre dร il bacio, il Figlio lo riceve e il bacio stesso รจ lo Spirito santo, colui che รจ tra il Padre e il Figlio, la pace inalterabile, lโamore indiviso, lโunitร indissolubileโ (Sermoni sul Cantico dei cantici 8,2).
Ma soffermiamoci sul brano evangelico. Siamo nel contesto del colloquio notturno tra Gesรน e Nicodemo (cf. Gv 3,1-21), un โmaestro di Israeleโ (Gv 3,10) che rappresenta la sapienza giudaica in dialogo con Gesรน. ร questo un dialogo faticoso per Nicodemo, che ha fede in Gesรน ma fatica ad accogliere la novitร della rivelazione portata da questo rabbi โvenuto da Dioโ. Gesรน risponde alle domande del suo interlocutore, ma lโultima risposta, quella piรน lunga, sembra contenuta allโinterno di una meditazione dellโautore del quarto vangelo. Dunque, nei versetti che oggi la chiesa ci offre รจ Gesรน a parlare oppure si tratta di una meditazione dellโevangelista? In ogni caso sono parole di Gesรน non certo riportate tali e quali, ma meditate, comprese e ridette nel tessuto di una comunitร cristiana che ha cercato di crederle e di viverle.
Cosรฌ si apre il brano: โDio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perchรฉ chiunque crede in lui โฆ abbia la vita eternaโ. Subito prima sta scritto: โBisogna che sia innalzato il Figlio dellโuomo, perchรฉ chiunque crede in lui abbia la vita eternaโ (Gv 3,14-15). Queste due affermazioni sono parallele e si spiegano a vicenda. Affinchรฉ ogni essere umano possa credere, aderire al Figlio dellโuomo e mettere la propria fiducia in lui, occorre che conosca lโamore di Dio per tutta lโumanitร , per questo mondo. Tale amore di Dio ha avuto la sua epifania in un atto preciso, databile, localizzabile nella storia e sulla terra: il 7 aprile dellโanno 30 della nostra era un uomo, Gesรน di Nazaret, nato da Maria ma Figlio di Dio, รจ stato innalzato sulla croce, dove รจ morto โavendo amato fino alla fineโ (cf. Gv 13,1), e in quellโevento tutti hanno potuto vedere che Dio ha talmente amato il mondo da consegnargli il suo unico Figlio, da lui โinviato nel mondoโ. In quellโora della croce, โlโora di Gesรนโ, piรน che mai รจ stata manifestata la gloria di Gesรน come gloria di colui che ha amato fino alla fine, narrando (exeghรฉsato: Gv 1,18) lโamore di Dio attraverso lโofferta della sua vita a tutti, senza discriminazioni. Quella รจ stata lโora dellโinnalzamento del Figlio dellโuomo, al quale tutti gli umani, di tutti i secoli e di tutte le generazioni, guardano come al โtrafitto per amoreโ (cf. Zc 12,10; Gv 19,37; Ap 1,7).
Ecco il dono dei doni di Dio: dono gratuito, dono di se stesso, dono irrevocabile e senza pentimento; dono mai da meritare, ma da accogliere con fede; dono fatto solo per un amore folle di Dio, il quale ha voluto diventare uomo, carne fragile e mortale (cf. Gv 1,14), per essere in mezzo a noi, con noi, e cosรฌ condividere la nostra vita, la nostra lotta, la nostra sete di vita eterna. Ecco ciรฒ che รจ accaduto con la venuta nella carne del Figlio di Dio e con la discesa dello Spirito che sempre รจ il compagno inseparabile del Figlio; ecco il mistero dellโamore di Dio vissuto in comunione, comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Quel mondo (kรณsmos) che a volte nel quarto vangelo รจ letto sotto il segno del male, del dominio di Satana, โil principe di questo mondoโ (Gv 12,31; 16,11; cf. 14,30), qui รจ letto come umanitร , come universo che Dio vide โcosa buonaโ (Gen 1,4.10.12.18.21.25) e โmolto buonaโ (Gen 1,31), che egli ha amato fino alla follia, fino al dono di se stesso, dono che gli ha richiesto spogliazione, povertร , umiliazione. Essere salvati significa passare dalla morte alla vita definitiva, e questo รจ possibile per chi accetta il dono aderendo a Gesรน Cristo, colui che dร lo Spirito della vita. Questo dono folle di Dio al mondo non ha come scopo il giudizio del mondo ma la sua salvezza: Dio vuole che lโumanitร conosca la vita per sempre, la vita piena, che soltanto lui puรฒ darle.
Ma di fronte al dono resta la libertร umana. Il dono รจ fatto senza condizioni, dunque puรฒ essere accolto o rifiutato. Chi lo accoglie sfugge al giudizio e vive la vita per sempre, ma chi non lo accoglie si giudica da se stesso. Non รจ Dio che giudica o condanna, ma ciascuno, accogliendo o rifiutando lโamore, entra nella vita oppure si allontana dalla sorgente della vita, percorrendo una strada mortifera. Certamente troviamo qui espressioni di Gesรน molto dure, radicali, ma esse vanno decodificate e spiegate. Se Gesรน dice che โchi non crede รจ giร stato condannato, perchรฉ non ha creduto nel nome dellโunigenito Figlio di Dioโ, non lo dice manifestando una condanna per le moltitudini di uomini e donne che non hanno potuto incontrarlo nella storia, perchรฉ appartenenti ad altri tempi o ad altre culture. Costoro, se avranno vissuto la loro esistenza in conformitร allโesistenza umana di Gesรน, contraddistinta dallโamore dei fratelli e delle sorelle, รจ come se avessero partecipato, pur con tutti i limiti umani, alla vita umana di Gesรน; e cosรฌ, senza conoscerlo, senza professare il suo Nome nella fede cristiana, conosceranno la vita eterna in lui e con lui. Ma chi ha avuto una vita gravemente difforme dalla vita umana di Gesรน, e anzi in contraddizione con essa, non conoscendo lโamore, costui รจ giร giudicato e condannato: non cโรจ per lui vita eterna.
La festa della Triunitร di Dio dovrebbe non tanto indurci a speculazioni su questo mistero ineffabile, quanto piuttosto a fare esperienza della Triunitร stessa nella chiesa, la quale ne รจ immagine, in quanto nata nel cuore del Padre, fondata sul Figlio e radunata dallo Spirito santo. La chiesa รจ il luogo in cui, per quanto possibile a noi umani, ci รจ dato di fare esperienza del cuore di Dio e della sua comunione plurale.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi



