don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 6 Marzo 2022

490
Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

Test d’ingresso

La quaresima è il simbolo del cammino esistenziale di ogni uomo. La vita diventa un percorso di crescita che si sviluppa di pari passo con il processo di maturazione della fede. Entrambe puntano alla Pasqua, meta finale del percorso di fede e fioritura della Vita. Gesù, dopo il battesimo, sta per iniziare una nuova fase della sua vita. Prima che faccia il primo passo della sua missione vive quello che potremmo definire un “test d’ingresso” che ha come oggetto la fede.

La fede s’intreccia con la storia che non può essere disgiunta dalla geografia spirituale di ognuno. Il deserto, il luogo alto e il tempio di Gerusalemme prima che essere spazi fisici sono stati dell’anima. La desolazione del deserto richiama la tristezza della solitudine, il luogo alto indica la sicurezza di sé e il senso di onnipotenza nel clima del successo, il pinnacolo del tempio di Gerusalemme riflette l’ambiguità della religiosità sospesa tra l’euforia mistica e la diffidenza che amplifica la paura. Il diavolo è il “distrattore” che cerca di deviare il cuore nel cammino verso la Pasqua. Infatti, è questa la meta di Gesù ma anche di ogni uomo. La Pasqua è la gloria, la gioia della piena e definitiva comunione d’amore, verso cui tende il cammino esistenziale. Come ricorda il pio Israelita nella sua preghiera, siamo pellegrini verso la terra promessa.

Gesù è viandante verso Gerusalemme. La Pasqua è il passaggio attraverso la morte, simboleggiata dall’acqua del battesimo, che introduce nella Città santa del cielo. Il “distrattore” ci fa perdere l’orientamento facendoci credere che in fin dei conti si vive per mangiare in una continua corsa a soddisfare come meglio si può i propri bisogni. Per quanto abbiamo un corpo, i cui istinti ci accomunano a quello degli animali, tuttavia, non possiamo accontentarci di soddisfare i bisogni. La vita è un bene che sempre si riceve dall’alto e dall’altro e mai un prodotto di fabbrica. La fede, dunque, cresce di pari passo con l’apertura del cuore verso l’aiuto che viene da Dio e si esprime attraverso la preghiera della supplica. In essa si espone a Dio il proprio bisogno ma si chiede anche di comprendere quale sia la sua volontà per aderirvi.

La seconda tentazione richiama quelle situazioni nelle quali la soddisfazione per il raggiungimento di alcuni obbiettivi potrebbe indurci a guardare dall’alto in basso e a cercare di fermare quel legittimo piacere, che però è momentaneo di sua natura. Il “distrattore” vorrebbe farci credere che siamo già arrivati e che la vera sfida sta nel conservare le posizioni acquisite o addirittura incrementarle. Senza accorgerci diventiamo atei perché viviamo come se Dio non esistesse scegliendo il culto della propria personalità senza peraltro temere di scendere a compromessi, anzi, cercandoli e attuandoli.

Si tratta di una fede atea nella quale si adora il proprio io al posto di Dio. Da qui nascono le strategie per demolire gli avversari e imporre sé stessi. La logica diabolica ci porta ad usare le nostre posizioni di forza per piegare e sottomettere. Gesù ci ricorda che abbiamo ricevuto lo Spirito non per mostrare quanto valiamo e scalare le posizioni del potere ma per rendere visibile mediante le parole e le azioni l’amore di Dio che si piega sugli uomini feriti per prendersi cura di loro. Con la preghiera di adorazione apriamo cuore a Dio con fede riconoscente per ravvivare il dono dello Spirito in modo da poter esercitare come Lui il potere del servizio. 

La terza tentazione richiama l’esperienza drammatica di Gesù nell’ora della croce, il momento più sacro della sua vita, il vertice della fede. Lì il “distrattore” assume la voce del malfattore che chiede a Gesù di salvare sé stesso scendendo dalla croce per sottrarlo al destino di morte. La morte è inaccettabile, contraddice la bontà di Dio. La paura è il dolore disperato che induce a compiere gesti estremi, ricatti e provocazioni per costringere Dio ad intervenire e piegarsi alla propria volontà. Non è fede quella che si esprime mediante richieste di prove che diano certezza della sua esistenza e della sua bontà. La preghiera fatta con fede non chiede segni dimostrativi ma si affida alle mani di Dio certo che non lo abbandonerà nella fossa della morte ma lo solleverà per introdurlo nella gloria della risurrezione promessa. 

Signore Gesù, nostro compagno di strada nel pellegrinaggio verso la Pasqua, ravviva in noi il dono dello Spirito affinché cresca e si rafforzi la fede in ogni momento della nostra vita in modo che non si riduca a ricerca di Dio solo nel bisogno ma diventi costante bisogno di cercare il volto del Padre. Fa che l’ascolto della sua Parola possa mettere nel cuore il gioioso desiderio di vivere sempre in comunione con Lui e tra di noi.
Quando le umiliazioni ci desertificano l’anima e la solitudine rischia di diventare isolamento, aiutaci ad alzare lo sguardo verso il Padre e ad aprire la bocca per essere nutriti di quel cibo che viene dal Cielo capace di trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne. Quando raggiungiamo delle posizioni nelle quali assaporiamo il gusto del successo, ricordaci che il piacere della gloria umana è momentaneo e precario. Fa che non siamo accecati dall’avidità e dall’ambizione ma donaci occhi che sappiano cogliere i bisogni dei fratelli verso i quali piegare le ginocchia per servirli in umiltà e tenerezza.
Quando le ingiustizie subite raggiungono il colmo e, presi dalle vertigini dello sdegno, sentiamo di essere sull’orlo di una crisi di nervi, ti chiediamo di sradicare dal nostro cuore la paura e la diffidenza per insegnarci a pregare esprimendo la rabbia non in termini aggressivi e provocatori ma affidando fiduciosi la vita nelle mani di Dio.