La tradizione tradisce?

Io non ero ancora nato quando fu ordinato presbitero, ed eravamo in quel periodo molto intenso e particolare del post Concilio. Da quel che so quel โsantinoโ non fu approvato dai suoi superiori che lo ritenevano poco adatto e degno, con quellโimmagine cosรฌ poco convenzionale e fuori dagli schemi. Ne aveva giร stampate alcune copie, ma poi fu in qualche modo costretto a farne un altro piรน tradizionale. Quel โpiccolo iniziale incidenteโ รจ solo uno tra i tanti che hanno portato mio zio a doversi scontrare con la rigiditร di tradizioni e consuetudini, sia religiose che sociali, per rimanere fedele alla libertร del Vangelo.
Anche Gesรน ha dovuto spesso misurarsi con tutto un apparato religioso, fatto di tradizioni e leggi, che rischiava in continuazione di mettere โin gabbiaโ Dio e la sua volontร . In questo passo del Vangelo il Maestro non ha certo la mano leggera nellโaccusare i suoi contemporanei di aver messo in piedi una tale rete di precetti e tradizioni cultuali, che invece di portare avanti e trasmettere la fede, la bloccano alla superficie delle cose, e invece di liberare le persone le rende schiave.
La parola tradizione viene dalla parola latina โtradereโ, cioรจ consegnare, portare avanti, e nella sua concezione positiva la tradizione ha il compito che รจ necessario di trasmettere gli insegnamenti fondamentali della fede di generazione in generazione. La tradizione religiosa (ma vale per ogni contesto umano) crea un legame, come una specie di ponte, tra i credenti di diverse epoche perchรฉ il contenuto della fede non vada perso. Ma quando la tradizione diventa fine a sรฉ stessa, quando quello che si fa lo si fa solo perchรฉ โsi รจ sempre fattoโ, quando la tradizione diventa rigida e immutabile come se esistesse prima del suo stesso contenuto, allora โtradisceโ la sua stessa origine.
Gesรน รจ questo che smaschera davanti ai suoi contemporanei. Avevano creato tutto un sistema di leggi che riguardavano la purezza, cioรจ lโessere degni di Dio, ma che alla fine allontanava da Dio invece di farlo sentire vicino. Gesรน accusa i suoi contemporanei (e nel frattempo accusa anche noi perchรฉ ci rendiamo conto in che direzione andiamo) di essere superficiali, di essere piรน attenti alla forma che al cuore. Ecco che mi tornano alla mente le parole molto dure ma forti del โsantinoโ di mio zio, quando scrive โโฆche il pozzo della vanitร non chiuda sopra di me la sua boccaโ. Vanitร รจ tutto ciรฒ che appare ma รจ senza sostanza, รจ tutto quello che guarda al bello superficiale senza che esprima un bello interiore. La vanitร religiosa รจ quando ci si accontenta di apparire buoni, ma non lo si รจ dentro, quando ci si preoccupa di apparire religiosi senza che il Vangelo abbia toccato il cuore e trasformato davvero la vita di tutti i giorni.
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Al funerale di mio zio, morto a 80 lo scorso 14 agosto, celebrato nella Chiesa di Santa Caterina a Livorno, erano presenti molte persone che lui aveva conosciuto nei 56 anni di vita come parroco. Ho ricevuto moltissime testimonianze della sua caritร verso gli ultimi e i poveri, dei quali si prendeva carico anche a costo di rimetterci in salute, beni e anche reputazione.
Quando sono tornato a casa, ho cercato tra i miei libri, e ho ritrovato quel biglietto che lui con la sua arte e la sua fede aveva creato e che in nello spazio di pochi centimetri e nellโessenzialitร dellโimmagine racconta bene tutta la sua vita come uomo, cristiano e prete. Da innamorato del Vangelo, mio zio ha saputo, nonostante i suoi difetti di cui era consapevole, mantenere sempre la fede, e ha fatto in modo che davvero il pozzo della vanitร non chiudesse mai la sua bocca su di lui.
Giovanni don
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)



