Una serie di figure femminili costella il cammino della Chiesa in questi giorni di fine luglio. Oggi รจ la volta di Brigida di Svezia, donna che ha conosciuto lโesperienza dellโessere sposa, madre, vedova non con lโatteggiamento di chi deve spremere la vita in ogni suo momento ma facendo sรฌ che ogni circostanza divenisse occasione per consegnare tutta se stessa. Una vita per Dio, quella di Brigida, capace di superare tutto ciรฒ che potesse rientrare nella categoria dellโabitudine.ย
A rileggere la vicenda di questa donna รจ la splendida pagina del vangelo di Gv.
Quella sera, durante la cena delle consegne, a degli uomini che di lรฌ a poco avrebbero patito sulla loro pelle la forza dirompente della dispersione, Gesรน rivelava che nessuno di noi รจ un naufrago dellโesistenza il cui unico appoggio รจ la zattera del proprio io. Ciascuno di noi รจ un essere voluto da qualcuno e ciascuno di noi vive nella misura in cui non decide di tagliare il proprio legame con le sue radici. Questo qualcuno per noi รจ il Signore: senza di me non potete far nulla. Continuamente Dio favorisce innesti facendo che sรฌ che nuova linfa scorra nelle nostre esistenze. Il problema, semmai, รจ consentirglielo. Egli, infatti, rimane sempre e rimane sempre come colui che non recide il legame con noi.
Per questo Gesรน accompagna questa rivelazione con lโinvito a rimanere. Perchรฉ mai? Forte รจ la tentazione di dimenticare che questo legame รจ vitale per noi. Non poche volte a condizionarci รจ un bisogno di emancipazione da quel legame che, di solito, si risolve soltanto in una amara solitudine. Ogni uomo, sin dalle origini della vicenda umana, conosce sulla sua pelle il sospetto che questo legame con Dio sia mortifero. ร la tentazione dellโautosufficienza, quella di essere un tralcio a sรฉ, sebbene reciso dai canali vitali. Una tentazione che non poche volte si traduce come gusto del nulla.
Quella sera, sulle labbra di Gesรน, lโinvito a rimanere era quello dellโinnamorato che implora il suo amore di non lasciarlo, di non andarsene. Il rimanere รจ il far sรฌ che un incontro diventi relazione, storia. Quanti incontri suscitati da Dio non hanno poi avuto la perseveranza di una relazione!
Per noi che siamo costituzionalmente impastati di fragilitร e di instabilitร suona un poโ strano questo insistere di Gesรน a mettere radici nella stabilitร di Dio. E, tuttavia, a suo dire, รจ lโunica condizione perchรฉ la nostra vita sia feconda. Abbiamo disimparato a stupirci, non sappiamo piรน cosa sia il commuoversi, il dire grazie. Fondamentalmente abbiamo disimparato persino a stare con noi stessi. Pascal sosteneva che โla maggior parte dei guai delle persone proviene dal fatto che non sanno stare fermi un quarto dโoraโ.
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Come si fa a rimanere in lui? Gesรน lascia un criterio valido per ogni generazione di credenti: se le mie parole rimangono in voi. Ciรฒ che verifica la nostra appartenenza a lui รจ proprio la capacitร di essere custodi del suo vangelo, del suo modo di essere, del suo modo di agire, del suo modo di pensare. Questo verifica la mia comunione con lui: se sono o meno uomo/donna della custodia e degli innesti.
Quando le sue parole sono accolte nella mia vita, compiono quellโopera che Gesรน chiama potatura. La parola di Gesรน rivela la mia distanza da lui e il bisogno di purificare tutto ciรฒ che ha niente a che vedere con lui. Per questo รจ il credito dato al vangelo che rende la nostra vita capace di portare frutti.
Quello che io compio, quello che io penso, quello che io dico, attesta dove sono le mie radici, a quale canale attingo, quale relazione mi costituisce come persona, dove riposa il mio cuore. E se lโimpotenza che stiamo toccando con mano in tutti gli ambiti della nostra esistenza sia una sorta di ultimo appello a diventare consapevoli che forse ci siamo staccati dalla vite vera?
AUTORE: don Antonio Savone
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