Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 11 Luglio 2021.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.
Per essere liberi e credibili
Fissando lo sguardo sul paralitico che chiedeva lโelemosina presso la porta del tempio detta โBellaโ, Pietro disse: โGuarda verso di noiโ. Egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro riprese: โNon possiedo nรฉ argento nรฉ oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesรน Cristo, il Nazareno, cammina!โ (At 3,1-10).
Lo storpio si aspettava di tutto fuorchรฉ questo. La sua fortuna fu di aver incontrato due discepoli che, fedeli alle disposizioni del Maestro, non portavano nulla con sรฉ. Avessero avuto denaro, gli avrebbero fatto lโelemosina, poi si sarebbero allontanati, lasciandolo nella condizione di prima. Il prodigio avvenne perchรฉ Pietro e Giovanni erano coscienti di essere depositari di un potere divino, di una parola capace di rimettere in piedi chiunque giaccia per terra e, incapace di gestire la propria vita, dipenda dalla compassione degli altri.
ร lodevole che, lร dove nessuno agisce, la chiesa svolga unโopera di supplenza in ambiti che non le competono specificamente, ma non puรฒ accettare di essere identificata con le istituzioni umanitarie. Si mantiene vigilante, per non lasciarsi ingenuamente coinvolgere in iniziative spettacolari e lucrative, per non entrare in concorrenza con le strutture civili che, attraverso lโimpegno dei laici cristiani, รจ invece chiamata ad animare.
ร in possesso di una parola divina ed รจ su questa parola che fa affidamento, resistendo alla tentazione di ricorrere a mezzi che gli uomini considerano piรน efficaci. Quando li impiega, puรฒ anche fare del bene, ma si limita allโelemosina, mette una pezza nuova su un vestito vecchio, mentre suo compito รจ creare un uomo, una societร , un mondo completamente nuovi.
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โLa parola di Dio รจ efficace se รจ annunciata a uomini liberi da uomini liberiโ
Prima Lettura (Am 7,12-15)
In quei giorni il sacerdote di Betรฉl 12 Amasia disse ad Amos: โVattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda; lร mangerai il tuo pane e lร potrai profetizzare, 13 ma a Betรจl non profetizzare piรน, perchรฉ questo รจ il santuario del re ed รจ il tempio del regnoโ. 14 Amos rispose ad Amasia:
โNon ero profeta, nรฉ figlio di profeta; ero un pastore e raccoglitore di sicomori; 15 Il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Vaโ, profetizza al mio popolo Israeleโ.
Bisogna risalire allโepoca di Salomone per trovare un periodo della storia dโIsraele in cui ci sia stata tanta prosperitร come al tempo di Geroboamo II (VIII secolo a.C.).
I nemici sono vinti e le terre al di lร del Giordano riconquistate; i confini si estendono โdallโingresso di Camat fino al mare dellโArabร โ (2Re 14,25) e, per accrescere la sensazione di sicurezza e tranquillitร , in ogni cittร sono state costruite fortezze che custodiscono i tesori ricavati dallโintenso commercio con la Fenicia, con lโArabia e lungo le rotte del mar Rosso. Sono state introdotte nuove tecniche agricole che hanno accresciuto la produzione; le industrie tessili e la tintoria sono fiorenti, le miniere di rame dellโArabah funzionano a pieno ritmo; ovunque sorgono edifici splendidi e lussuosi e si registra unโautentica esplosione demografica.
Bisogna riconoscere che il paese รจ allโapice della potenza e il merito va attribuito alle capacitร del sovrano.
E la religione? Non รจ mai stata tanto praticata e favorita. I santuari rigurgitano di pellegrini che accorrono per offrire sacrifici, adempiere voti e partecipare alle feste.
A modo suo, anche Geroboamo II รจ un uomo profondamente religioso: stipendia i sacerdoti e sostiene le spese dei templi che vuole adorni con ogni magnificenza.
ร vero che, in molti santuari, il culto sconfina in pratiche pagane, come i culti della fertilitร e la prostituzione sacra, ma, nel complesso, si deve benedire il Signore e ringraziare il re per il benessere di cui gode il paese.
Un giorno arriva a Betรจl, dove sorge il piรน importante di questi templi, un uomo rude. Ha il volto bruciato dal sole perchรฉ trascorre la vita allโaperto conducendo al pascolo il bestiame e coltivando i campi. ร Amos, il mandriano di Tekรฒa, una cittร della Giudea, situata ai confini del deserto, una decina di chilometri a sud di Betlemme.
Invece di rallegrarsi per la prosperitร e la pace che regnano ovunque, egli scaglia invettive contro il re; attacca la pratica religiosa, le classi dirigenti, i proprietari terrieri e i commercianti. Il benessere โ sostiene โ รจ riservato ad alcuni privilegiati ed รจ pagato a caro prezzo dai poveri del paese. I ricchi ostentano il lusso piรน sfacciato, possiedono โpalazzi estivi e palazzi invernaliโ, โcase dโavorioโ, case dalle innumerevoli stanze (Am 3,9.15), banchettano, passano di festa in festa (Am 6,1-7).
Da dove proviene la ricchezza che sperperano in bagordi? ร frutto di angherie e soprusi nei confronti dei braccianti e dei contadini deboli e indifesi. Opprimono e sfruttano (Am 4,1), ricorrono a imbrogli legalizzati, falsificano le bilance, fissano a loro piacimento i prezzi dei prodotti (Am 8,5) e vendono il povero per un paio di sandali (Am 8,6).
Non sfuggono alla critica del profeta neppure le donne, le โgrandi signoreโ che si abbandonano alle gozzoviglie (Am 4,1-4) e i giudici che โtrasformano il diritto in veleno, gettano a terra la giustiziaโ e schiacciano lโindigente costringendolo a pagare tasse spropositate sul raccolto del grano (Am 5,7.10-12).
E la fervente pratica religiosa? ร tutta una menzogna, รจ solo apparenza ed esterioritร . A Dio ripugnano le preghiere, il culto, lโincenso e gli olocausti se non si pone fine alle disuguaglianze scandalose, alle rapine e alle violenze (Am 5,21-24).
ร in questo contesto sociale e politico che va ambientato il brano della lettura di oggi.
Di fronte alle denunce di Amos, il capo dei sacerdoti del tempio di Betรจl, Amasia, si adonta e si preoccupa; teme la reazione di Geroboamo II, al quale, certo, qualcuno riferirร lโaccaduto.
Per mettere a tacere il pecoraio di Tekรฒa, Amasia prima lo denuncia al re (Am 7,10), poi lo affronta direttamente: Bada come parli! โ gli dice โ Sei nel santuario del sovrano; questo รจ il tempio del regno. Torna nella tua terra se vuoi evitare guai! (v. 12).
Offeso, Amos ribatte: Io non sono un profeta di professione, non appartengo alla categoria di quei โcappellani di corteโ che, come te, sono stipendiati dal sovrano. Non difendo interessi personali e, per guadagnarmi da vivere, non ho bisogno di compiacere o adulare qualcuno. Sono mandriano e raccoglitore di sicomori e so bastare a me stesso (vv. 14-15). Quanto al re, primo responsabile di questa societร corrotta, ecco la sorte che lo attende: โMorirร di spada e Israele sarร condotto in esilio, lontano dal suo paeseโ (v. 11).
Trascorsero pochi anni e Samaria, la capitale, cadde sotto i colpi dellโesercito assiro. Cosรฌ ebbe fine, come aveva promesso Amos, โlโorgia dei buontemponiโ (Am 6,7).
Il profeta รจ lโintermediario di cui Dio si serve per comunicare la sua parola (Es 7,1; 4,10โ16; Ger 1,9). Per adempiere bene la sua missione, deve vivere in intima unione con il Signore e assimilarne pensieri e volontร . Per questo รจ chiamato a staccarsi da tutto ciรฒ che puรฒ incrinare o disturbare questa sintonia spirituale: gli interessi personali, le convinzioni religiose e morali che si รจ fatto e che derivano dal modo di pensare della societร in cui vive. Gli si chiede di rinunciare a tutto ciรฒ che puรฒ compromettere la sua libertร di parola: le amicizie, i regali, la dipendenza economica, i compromessi con i potenti di questo mondo che, anche quando, come Geroboamo II, sembrano favorire la causa della fede, pregiudicano sempre la credibilitร del messaggio.
Seconda Lettura (Ef 1,3-14)
3 Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesรน Cristo,
che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo.
4 In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo,
per essere santi e immacolati al suo cospetto nella caritร ,
5 predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesรน Cristo,
6 secondo il beneplacito della sua volontร .
E questo a lode e gloria della sua grazia,
che ci ha dato nel suo Figlio diletto;
7 nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue,
la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia.
8 Egli lโha abbondantemente riversata su di noi
con ogni sapienza e intelligenza,
9 poichรฉ egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontร ,
secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito
10 per realizzarlo nella pienezza dei tempi:
il disegno cioรจ di ricapitolare in Cristo tutte le cose,
quelle del cielo come quelle della terra.
11 In lui siamo stati fatti anche eredi,
essendo stati predestinati secondo il piano di colui
che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontร ,
12 perchรฉ noi fossimo a lode della sua gloria,
noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.
13 In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della veritร ,
il vangelo della vostra salvezza
e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello
Spirito Santo che era stato promesso,
14 il quale รจ caparra della nostra ereditร ,
in attesa della completa redenzione di coloro
che Dio si รจ acquistato, a lode della sua gloria.
Per otto domeniche consecutive leggeremo brani della Lettera agli efesini, uno scritto attribuito a Paolo, ma composto, verso lโanno 90 d.C., da un discepolo di Paolo.
Le comunitร dellโAsia minore, che riconoscevano in lui il custode fedele del pensiero e dello spirito del maestro, considerarono la lettera opera dello stesso Paolo. Cosรฌ, facendo riferimento alla sua autoritร e rimanendo in linea con la tradizione apostolica, diedero una risposta adeguata ai problemi teologici sorti nel loro tempo.
La lettera esordisce con un lungo inno di benedizione a Dio per le meraviglie da lui operate in favore degli uomini.
La benedizione รจ la piรน caratteristica delle preghiere giudaiche. In ogni momento della giornata, il pio israelita pensa agli interventi di Dio in favore del suo popolo, ricorda i benefici da lui concessi e lo ringrazia pronunciando benedizioni. Quella della Lettera agli efesini รจ un inno commovente, sgorgato dal cuore di un cristiano dellโAsia minore, cantato durante le celebrazioni liturgiche e conservatoci dallโautore della lettera.
Inizia con una lode al Signore, che non รจ piรน chiamato โDio dโAbramo, dโIsacco e di Giacobbeโ, ma Padre del Signore nostro Gesรน Cristo (v. 3). ร benedetto perchรฉ, avendoci inseriti in Cristo, ci ha resi partecipi di ogni benedizione spirituale.
Le benedizioni promesse ai patriarchi erano materiali, Dio si mostrava benevolo verso il suo popolo quando donava messi abbondanti, moltiplicava greggi e armenti, faceva crescere i figli come virgulti dโulivo e rendeva le figlie splendide โcome colonne dโangoloโ (Sl 144,12).
Chi, mediante il battesimo, รจ entrato in Cristo, รจ colmato di benedizioni spirituali, che non sono in contrapposizione con quelle materiali, ma costituiscono una realtร nuova, unโofferta di beni imperituri, di una vita che va oltre gli orizzonti di questo mondo.
Dopo questa esclamazione gioiosa, lโinno presenta, nella prima strofa, il progetto dโamore ideato da Dio (vv. 4-6). Giร prima della creazione del mondo, egli ha pensato alla salvezza di tutti gli uomini; ha voluto che divenissero unโunica persona in Cristo, che fossero partecipi della sua vita ed entrassero a far parte della sua famiglia. Questo รจ il destino che attende lโintera umanitร : non la rovina, ma la gioia senza fine, โa lode e gloria della sua graziaโ. La gratitudine dellโuomo รจ rivolta a Colui che non premia secondo i meriti, ma dona tutto gratuitamente, elargisce i suoi beni ai poveri, offre a chi non gli puรฒ presentare alcuna opera buona.
Nella strofa seguente (vv. 7-12), lโinno canta la condizione nuova dei credenti in Cristo. Essi sono redenti, riscattati gratuitamente dai loro peccati, a prezzo del sangue di Cristo (v. 7); sono stati introdotti nella conoscenza del progetto di Dio, non solo perchรฉ รจ stata loro rivelata la volontร salvifica del Signore, ma perchรฉ, effettivamente, in loro questa salvezza ha cominciato ad attuarsi in modo irresistibile (vv. 8-10); sono divenuti eredi degli stessi beni che il Padre dona al suo Unigenito (vv. 11-12).
Lโimmagine dellโereditร richiama, una volta di piรน, la gratuitร dei doni di Dio. Tutto in lui รจ grazia e benevolenza e vuole che, fra i suoi figli, circoli sempre questo suo amore gratuito.
โNoi per primi abbiamo sperato in Cristoโ, dichiara lโautore dellโinno, che colloca se stesso fra i giudei che hanno sรนbito aderito alla fede (v. 12).
Nella strofa conclusiva (vv. 13-14), con un โvoiโ, egli si rivolge ai pagani che, dopo di lui, hanno ascoltato โla parola della veritร , il vangelo della salvezzaโ. Ora, per grazia del Signore, anchโessi sono divenuti, insieme ai figli di Abramo secondo la carne, eredi delle promesse fatte ai patriarchi e alla loro discendenza.
La gioia che pervade lโintero inno deriva dalla certezza che la bontร di Dio nei confronti dellโuomo รจ incondizionata, non dipende dalla bontร dellโuomo, รจ pura grazia.
Quando, nella storia del mondo o nella vita personale, il male sembra avere il sopravvento, questo canto rammenta al credente che la vittoria finale apparterrร allโamore di Dio. Egli riuscirร comunque a portare a compimento il disegno che ha ideato โprima della creazione del mondoโ (v. 4).
Vangelo (Mc 6,7-13)
Nella prima lettura ci siamo imbattuti in due personaggi significativi e contrapposti: Amasia, il sacerdote ben integrato nella struttura religiosa, colmo di benemerenze e privilegi e Amos, il mandriano rude che, improvvisamente, ha cominciato a fare il profeta.
Il primo รจ lโuomo di successo, acclamato e rispettato perchรฉ, essendo amico del potente di turno, ha raggiunto una posizione prestigiosa. Non รจ da invidiare: ha tutto, ma non รจ libero; in qualunque momento puรฒ essere ricattato dal sovrano che gli dร il pane, ma puรฒ anche negarglielo; รจ costretto a mostrare deferenza e venerazione incondizionate, ad essere sempre pronto a adulare, ad assecondare i giochi politici del suo protettore e a chiudere un occhio sulle sue malefatte.
Amos รจ povero, ma indipendente, puรฒ dire ciรฒ che pensa, non ha nulla da perdere, nulla da difendere, non deve nulla a nessuno.
Poveri per essere liberi potrebbe essere il motto che riassume le condizioni poste da Gesรน nel vangelo di oggi a coloro che sono chiamati ad annunciare la sua parola.
Devono assomigliare ad Amos, non ad Amasia.
Il brano si apre con lโinvio in missione dei dodici (v. 7).
Tutti sono mandati, nessuno escluso, questo indica che lโannuncio del vangelo non รจ unโincombenza riservata ad alcuni membri della comunitร . Il discepolo che non sente il bisogno di condividere con altri il dono ricevuto, probabilmente non รจ ancora convinto che, scoprendo Cristo, ha trovato il piรน prezioso dei tesori.
Gli apostoli sono inviati due a due, non per farsi compagnia, ma per una ragione teologica. A differenza dellโinduismo, del buddismo e di tutte le religioni che propongono come ideale il raggiungimento della propria perfezione spirituale, del proprio equilibrio interiore, della propria purificazione โ obiettivi questi che possono essere ottenuti anche nella solitudine e nellโisolamento piรน completi โ il cristianesimo non puรฒ essere vissuto che in comunitร e, per costituire una comunitร , รจ necessario essere almeno in due. Ecco la ragione per cui anche lโevangelizzazione non รจ mai opera di individui che predicano le proprie intuizioni o ispirazioni personali. Chi annuncia il vangelo deve mantenersi in piena sintonia e comunione con la chiesa.
Cโรจ unโaltra novitร importante introdotta da Gesรน. I rabbini non andavano a cercarsi i discepoli, erano gli alunni che si recavano da loro per apprendere la Torร h. Ai suoi apostoli Gesรน ingiunge di andare a offrire il messaggio evangelico agli uomini nelle loro case, negli ambienti in cui vivono; non devono aspettare che qualcuno li cerchi.
Infine, agli apostoli รจ conferito un potere. Puรฒ sorprendere che Gesรน non dia loro lโautoritร di comandare, di emanare disposizioni coercitive. Lโunico potere che gli apostoli ricevono รจ lo stesso che ha esercitato Gesรน: impartire ordini agli โspiriti immondiโ. Per โspiriti immondiโ si intendono tutte le forze che allontanano da Dio e dalla vita, suscitano cattivi sentimenti e causano oppressioni, violenze, ingiustizie. Dal confronto con queste forze negative che dominano nel mondo, la comunitร cristiana uscirร certo vittoriosa, perchรฉ il Maestro lโha investita di una forza irresistibile, il suo stesso Spirito.
Nella seconda parte del brano (vv. 8-9) vengono date le istruzioni riguardo allโequipaggiamento che i messaggeri del Vangelo possono portare con loro. Deve essere molto leggero: una sola tunica, un paio di sandali, un bastone e nullโaltro; il resto costituisce un bagaglio che appesantisce. I mezzi materiali devono essere ridotti allโessenziale.
Cominciamo dal bastone. Era lโarma del povero, per questo, nel vangelo di Matteo, Gesรน lo proibisce (Mt 10,10). I discepoli di Cristo sono costruttori di pace, quindi, ripudiano tutti gli strumenti che richiamano lโuso della violenza.
Nel brano di oggi, invece, agli apostoli viene permesso. La ragione sta nel fatto che, nella Bibbia, il bastone ha anche un altro significato simbolico. Mosรจ e Aronne, in coppia (โdue a dueโ, come raccomanda anche Gesรน) hanno lottato contro le forze oppressive del faraone, hanno portato a compimento lโopera di liberazione del loro popolo servendosi di un bastone, segno della potenza di Dio. Con esso Mosรจ ha compiuto prodigi davanti al faraone (Es 7,9-12), ha steso la mano sul paese dโEgitto e ha fatto venire le cavallette (Es 10,13), ha diviso il mar Rosso (Es 14,16), ha fatto scaturire acqua dalla roccia (Es 17,5-6).
Anche i discepoli di Cristo, per realizzare lโopera di liberazione dellโuomo dagli โspiriti immondiโ hanno in mano solo un bastone, possono contare su unโunica forza, quella consegnata loro da Gesรน: la sua parola.
Poi รจ indicato ciรฒ che non devono portare con sรฉ: nรฉ pane, nรฉ bisaccia, nรฉ denaroโฆ (vv. 8-9).
ร evidente che qui Gesรน ricorre a paradossi, ma bisogna fare attenzione a non dare interpretazioni riduttive alle sue parole, a non svigorire il messaggio, privandolo del suo contenuto provocatorio. ร unโinsensatezza ritenere che, se egli vivesse oggi, non sarebbe cosรฌ severo e si adatterebbe alle esigenze della vita moderna. Allora non aveva dove posare il capo (Lc 9,58), ma oggi cambierebbe stile e non esiterebbe a investire, con scaltrezza, il denaro delle elemosine, per combattere i figli delle tenebre con le loro stesse armi.
I tempi sono cambiati, รจ vero, e le parole di Gesรน non vanno prese alla lettera, tuttavia, da queste traspare nitida la preoccupazione che, fra i discepoli, si infiltri il lievito di questo mondo, la convinzione che lโefficacia della missione dipenda dalla quantitร dei mezzi materiali che si hanno a disposizione.
Gesรน non ha mai disprezzato i beni materiali, non ha mai presentato la miseria come ideale di vita, tuttavia ha messo in guardia i discepoli contro il pericolo di essere condizionati dalla ricchezza. Non รจ libero di dire la veritร e di esprimere ciรฒ che pensa chi deve compiacere a qualcuno, chi, come Amasia, รจ pagato e deve manifestarsi riconoscente.
Lungo i secoli la chiesa ha pagato a caro prezzo gli accordi e le alleanze con i potenti di questo mondo, i compromessi con chi le ha offerto privilegi, favori e garanzie. Li ha pagati con la perdita della libertร e dellโautonomia.
Cโรจ unโaltra ragione, ancora piรน importante, che spinge Gesรน ad esigere dai suoi messaggeri che si presentino senza denaro e completamente spogli da ogni forma di potere. Chi ostenta superioritร , inevitabilmente genera sospetti e provoca rifiuti; chi lascia trasparire il desiderio di imporsi, di ottenere vittorie ideologiche, diviene scostante e fa nascere opposizioni. Gli uomini si fidano solo di chi non incute paura, di chi non umilia, per questo il modo piรน efficace per conquistarne la fiducia รจ di consegnare la propria vita nelle mani di coloro cui si offre il vangelo, mostrando che si dipende da loro anche per il proprio sostentamento.
Non รจ concesso il tascapane, semplicemente perchรฉ non serve, perchรฉ รจ un peso, un fastidio inutile. Al discepolo non รจ consentito conservare provviste per il giorno dopo; il pane che chiede al Padre รจ quello quotidiano e, se ne riceve di piรน e gliene avanza, subito lo porge a chi รจ nel bisogno.
Il completo distacco richiesto dal Maestro non implica solo la rinuncia ai beni materiali, ma anche il rifiuto delle idee preconcette, delle tradizioni, delle convinzioni retrograde che si รจ sempre tentati di trascinarsi dietro e alle quali si rimane facilmente aggrappati in modo emotivo e irrazionale. Sono pesanti fardelli certi usi, abitudini, pratiche devozionali, consuetudini religiose, legati a un contesto storico e culturale superato e da qualcuno ingenuamente confusi ed equiparati al vangelo.
Nella terza parte (vv. 10-11) Gesรน tratta dellโaccoglienza riservata ai suoi inviati: alcuni verranno ospitati con gioia e riconoscenza, altri saranno respinti con sdegno e disprezzo. Come reagire?
โEntrati in una casa, rimanetevi fino a che non ve ne andiate da quel luogoโ (v. 10).
A prima vista questa raccomandazione sembra un invito a visitare una sola famiglia, trascurando le altre; in realtร Gesรน mette in guardia da un grave errore che potrebbe compromettere lโopera dei suoi missionari: chi annuncia il vangelo troverร sempre persone pie e generose che lo ospiteranno in casa loro, ma, comโรจ facile immaginare, il primo alloggio non sarร dei migliori, sarร una sistemazione di fortuna, piuttosto precaria, nella quale bisognerร adattarsi a vivere.
In seguito perรฒ, i missionari incontreranno certamente gente ben disposta nei loro confronti e verrร loro offerta una residenza piรน confortevole, poi unโaltra ancora migliore e cosรฌ via finchรฉ avranno la possibilitร di installarsi in palazzi.
Gesรน raccomanda: rimanete nella prima casa. Ai discepoli si richiede una testimonianza di vita austera, sobria, aliena da qualsiasi ostentazione di lusso. In gioco cโรจ la credibilitร stessa della missione.
E quando verranno scacciati? Dovranno scuotere la polvere dai loro piedi.
Era il gesto che ogni israelita compiva quando, lasciata la terra dei pagani, entrava nella terra santa. Esprimeva cosรฌ la sua convinzione che โla terra partecipa del carattere dei suoi abitantiโ (Nm 5,17) e che, per accomiatarsi dagli empi, fosse necessario liberarsi anche della loro polvere.
Gesรน suggerisce ai discepoli di compiere questo gesto, non come un segno di rifiuto e di disprezzo, ma โa testimonianza per loroโ. Si noti: per loro, non contro di loro.
Quella richiesta da Gesรน รจ unโespressione di rispetto, รจ lโinvito a non insistere piรน del dovuto, a non diventare assillanti, per non ottenere lโeffetto contrario, quello di infastidire le persone e allontanarle definitivamente dalla fede.
Gli apostoli autentici sono attenti a non violare mai la libertร altrui, a non trasformarsi in strilloni fanatici e intolleranti. Sono coscienti di essere inviati a portare una proposta, non a ingaggiare battaglie teologiche. Il loro compito non รจ ottenere numerose conversioni, ma annunciare fedelmente la parola di Cristo. Lโadesione o il rifiuto, i frutti piรน o meno abbondanti non dipendono da loro, ma dal tipo di terreno sul quale avranno sparso, in abbondanza, ma con dolcezza e rispetto, il seme.
Lโultimo versetto (v. 12) racconta il successo della missione degli apostoli. Con il potere conferito dal Maestro, essi realizzano lโopera di salvezza per la quale sono stati inviati. Segno di questa salvezza รจ la sconfitta di ogni forma di male, il male fisico (le malattie) e il male morale (lโespulsione dei demoni).
AUTORE: p. Fernando Armellini
FONTE: per gentile concessione di Settimana News



