Una comunione per gli altri
La prima domenica dopo la Pentecoste รจ celebrazione della Trinitร . Una celebrazione che puรฒ suscitare perplessitร . Si tratta di una festa relativamente recente in quanto รจ solo nellโVIII secolo che Alcuino redasse una messa in onore del mistero trinitario come sostegno alla pietร privata, tanto che ancora nellโXI secolo papa Alessandro II non ritenne affatto obbligatoria questa celebrazione per la chiesa universale per il fatto che โogni giorno lโadorabile Trinitร รจ senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, e in tante altre formule di lodeโ. In effetti, questa festa non celebra un evento della storia della salvezza, ma colui che รจ all’origine di ogni evento di salvezza e che dunque รจ sempre al cuore di tutte le celebrazioni e di ogni celebrazione.
In ogni caso, noi oggi, dopo aver celebrato il compimento della Pasqua con la Pentecoste e il dono dello Spirito, entriamo nella contemplazione del Dio della prima e della nuova alleanza, del Dio creatore e redentore, il Dio rivelato pienamente da Gesรน, il Dio che confessiamo Padre e Figlio e Spirito santo. Ma contemplare il volto di Dio significa anche vedere il riflesso che tale volto ha sulla vita ecclesiale e dunque vedere qual รจ il volto che la chiesa รจ chiamata ad assumere per essere fedele immagine del Dio rivelato quale Padre dal Figlio Gesรน Cristo nella potenza dello Spirito. Volgere lo sguardo al Dio che ha inviato il Figlio nel mondo significa dunque anche porsi di fronte alla vocazione che la chiesa ha il mandato di adempiere nella storia. Il Dio trinitario รจ il Dio che รจ relazione e comunione in se stesso e che chiede alla chiesa, per narrarne il volto nella storia, di articolare le proprie relazioni anzitutto interne in comunione. Il Dio narrato dal Risorto che invia i discepoli nel mondo dopo aver detto loro: โA me รจ stato dato ogni potere in cielo e in terraโ (Mt 28,18) chiede alla chiesa di esercitare la propria missione di evangelizzazione liberandosi di ogni potere proprio e contando unicamente sul potere universale del Risorto: quelle parole del Risorto sono una liberazione dal potere per i discepoli e per la chiesa, sono una liberazione dallโassillo di un potere umano e consentono alla chiesa di raggiungere ogni gente e popolo. Proprio quella liberazione dalla ricerca di potere umano รจ ciรฒ che rende evangelizzatrice la chiesa trasformandola da povera chiesa a chiesa povera. Chiesa povera perchรฉ nulla le impedisca di essere spazio di presenza del Risorto e di porre ostacoli alla promessa di Cristo che รจ la vera ricchezza della chiesa sempre: โIo sono con voi fino alla fine del mondoโ.
Questโultima espressione, che sigilla lโintero vangelo di Matteo, dice il fine ultimo della rivelazione del Dio trinitario: essere presenza accanto agli uomini, essere il Dio con noi, vicino a noi. Anche lรฌ la rivelazione divina diventa indicazione del compito ecclesiale: siamo chiamati a essere presenza, a stare accanto, a farci prossimo, a avvicinarci gli uni agli altri perchรฉ la presenza di Dio รจ narrata da una persona che si fa vicina, da una presenza gratuita. Cosรฌ รจ stato per Gesรน, tanto che Matteo pone lโintero suo vangelo allโinterno di unโinclusione fra il Gesรน appena nato che รจ lโEmmanuele, il Dio con noi (Mt 1,23), e il Risorto che รจ ancora e per sempre il Dio con noi (Mt 28,20). Dio trinitario รจ il Dio che si fa presente accanto agli esseri umani con la sua parola e con il suo spirito che sono narrati da Gesรน nel suo corpo e nella sua vita. Il come del Dio trinitario, il come si manifesti e agisca la Trinitร di Dio noi lo vediamo nel Cristo e lo vediamo testimoniato dai vangeli.
Il testo evangelico si apre con lโindicazione degli Undici. Non i Dodici, ma gli Undici. ร la comunitร ferita, mancante. Attraversata dallo scandalo del tradimento di Giuda e della sua sconvolgente fine che Matteo ricorda: Giuda morรฌ suicida (Mt 27,5). Il gruppo dei discepoli fu anche attraversato da questa indicibile tragedia: uno dei Dodici, uno degli uomini scelti a chiamati da Gesรน a formare la sua comunitร , morรฌ suicida. Questo avvenne poco prima che Gesรน stesso, arrestato e processato, venisse condannato a morte e crocifisso. Un seguito di eventi sconvolgenti, avvilenti e sfiancanti per la povera comunitร di Gesรน. Matteo ci pone di fronte a una comunitร scossa, vacillante, smarrita, minata nella fiducia reciproca, sorpresa dagli eventi che si sono succeduti con ritmo incalzante negli ultimi momenti della vita di Gesรน. Al momento dellโarresto, โtutti i discepoli abbandonarono Gesรน e fuggironoโ (Mt 26,56), Cโรจ la fuga, la diserzione. Pietro addirittura rinnegรฒ espressamente Gesรน imprecando e spergiurando, con parole violente, tanto piรน urlate quanto piรน erano menzognere e disperate: โPietro cominciรฒ a imprecare e a giurare: โNon conosco quellโuomoโโ (Mt 26,74). Ecco gli Undici. Un gruppo smarrito e spaventato, che deve fare i conti con ferite profonde lasciate da un passato che non potrร certo passare in poco tempo.
Eppure una cosa i discepoli sanno ancora fare. Una sola. Lโunica essenziale. Ricordano la parola che Gesรน aveva loro detto e vi obbediscono. โAndarono in Galilea sul monte che Gesรน aveva loro indicatoโ (Mt 28,16). Che poi il gesto della prostrazione e del contemporaneo dubbio debba essere inteso di tutti gli Undici o solo di alcuni, la sostanza non cambia molto. Se si intende lโespressione greca come fosse un partitivo, si tradurrร : โVedendolo, si prostrarono, alcuni perรฒ dubitavanoโ (Mt 28,17). In questo caso si sottolinea la divisione interna alla comunitร tra chi crede e chi dubita. Se si traduce invece: โVedendolo, si prostrarono, essi perรฒ dubitavanoโ, la divisione รจ interna a ciascuno degli Undici. Nel cuore di ciascuno fede e non-fede si affiancano e coabitano. E questo รจ in continuitร con il ritornello matteano della fede che nei discepoli รจ sempre poca, รจ sempre oligopistรญa, fede di breve durata, di fragile consistenza. Ma lโobbedienza alla parola di Gesรน che ancora ricordavano, li ร ncora allโunica realtร che puรฒ dare loro un futuro: la parola del Signore. Obbedendo alla parola del Signore arrivano a incontrarlo. Va sottolineato il coraggio, non sappiamo quanto di fede e quanto di disperazione, nellโobbedire a quella parola. Sono andati lร dove Gesรน aveva detto loro. A quel Gesรน che hanno abbandonato, che le donne hanno incontrato facendosi poi mediatrici del suo messaggio di Risorto ai discepoli (โAndate ad annunciare ai miei discepoli che vadano in Galilea: lร mi vedrannoโ: Mt 28,10), a lui ora essi obbediscono e vanno lร dove lui ha detto. Cosa sperano di trovare? Gesรน stesso? Forse, forse solo alcuni; tuttavia se essi dubitavano anche mentre si prostravano a lui, รจ assai probabile che dubitassero anche prima, quando non lo vedevano e non lโavevano davanti.
- Pubblicitร -
Tuttavia la potenza dellโobbedienza รจ tale che, grazie ad essa, gli Undici incontrano il Risorto. E diventano depositari della promessa su cui potranno scommettere tutta la loro vita. Il Risorto promette loro: โIo sono con voi, sempre, tutti i giorniโ. Una promessa che impegna perรฒ la fede dei discepoli, i quali ogni giorno dovranno esercitarsi allโarte di discernere la presenza del Risorto. E dovranno rinnovare la propria personale promessa fondandosi sulla promessa fedele del Signore Gesรน: โIo sono con voiโ. La chiesa rappresentata dagli Undici รจ la chiesa di sempre, credente e incredula al tempo stesso. Ma la poca fede non impedisce al Risorto di affidare a questi poveri credenti il mandato di evangelizzare tutte le genti. Di fronte questi poveri credenti, ecco la fiducia del Risorto che affida loro il compito evangelizzatore. Al quadro della pochezza e lacunositร del gruppo dei discepoli, fa poi contrastante riscontro il quadro di totalitร di cui appare depositario il Cristo risorto.
Il testo parla di 4 totalitร : totalitร dellโautoritร che Gesรน ha ricevuto da Dio in cielo e in terra (v. 18); totalitร delle genti a cui sono inviati i discepoli (v. 19); totalitร di ciรฒ che Gesรน ha comandato ai discepoli e che questi devono insegnare alle genti (v. 20); totalitร del tempo e della storia che vedrร la vicinanza del Risorto ai suoi inviati (v. 20). Come giร detto, la condizione per ottemperare la missione che la chiesa riceve dal Risorto รจ la liberazione dalla ricerca di potere. Il Risorto concentra su di sรฉ tutto il potere che riceve da Dio. Del resto, lโunico vero potere accordato da Cristo ai discepoli รจ il potere di rimettere i peccati. Lโautoritร nella chiesa (Mt 16,19), lโeucaristia (Mt 26,28), la missione (Lc 24,47) tendono alla remissione dei peccati. Sono la struttura spirituale e teologica con cui la chiesa puรฒ adempiere il suo mandato evangelizzatore strutturandosi come comunitร in cui il potere del Risorto si rende visibile rendendola comunitร del perdono, luogo della remissione dei peccati. Sempre la potenza evangelica dellโagire della chiesa รจ connessa a una perdita di potere mondano, a una dimensione di povertร . La chiesa che guarisce, che perdona, che rimette i peccati รจ la chiesa che vive la resurrezione di Gesรน Cristo. E che risorge lei stessa dietro a lui vivendo libera dal peso del potere. Solo cosรฌ la chiesa puรฒ compiere quella missione che non รจ soltanto spaziale (tutti i confini della terra), ma soprattutto temporale, in quanto lโevangelizzazione รจ compito da rinnovare per ogni generazione, per ogni essere umano che viene nel mondo. Ma in questo la chiesa puรฒ contare sulla promessa di Cristo: โIo sono con voi fino alla fine del mondoโ.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del: Monastero di Bose



