La tenera violenza dello Spirito
Il brano evangelico (Mc 1,7-11) si apre con la presentazione della predicazione di Giovanni. Giovanni mostra la propria autocoscienza presentando se stesso e la sua azione come qualcosa che scompare di fronte a colui che viene dopo di lui. Se entrambi, Giovanni e Gesรน, sono interni al disegno di Dio, se entrambi sono intravisti dalle scritture profetiche, Giovanni afferma di essere perfino โincapaceโ (Mc 1,7) di fare il gesto del servo nei confronti di colui che viene dopo di lui. Essi sono necessari lโuno allโaltro: senza Gesรน, il ministero e la predicazione di Giovanni cadrebbero nel vuoto; senza Giovanni, il ministero di Gesรน mancherebbe del radicamento nella storia e della testimonianza anticipata che lโautorizza. Di colui che viene dopo, Giovanni parla, ma non cโรจ dialogo fra i due. Non cโรจ, stando al nostro testo, una relazione diretta. Giovanni prepara la strada a chi viene dopo, ma rispetto a lui sta ritirato e il testo fornisce lโimpressione che sia una sorpresa per Giovanni stesso la persona di Gesรน. Giovanni parla al passato del proprio ministero (โIo vi ho battezzato con acquaโ), come giร terminato, e parla al futuro e in modo enigmatico di quello di Gesรน: โEgli vi battezzerร in Spirito santoโ. Lโimmagine del battezzare, dellโimmergere, si addice allโacqua piรน che allo Spirito, anche se a volte si parla dello Spirito come di ciรฒ che deve essere versato. Un testo di Qumran afferma che la purificazione sarร operata quando โDio verserร sullโuomo lo spirito di veritร come acque lustraliโ (1QS 4,20-21). Tuttavia abbiamo qui un passaggio importante: dallโimmersione battesimale si passa a un cambiamento operato dallo Spirito di santitร di cui non si dice come avverrร .Appunto: come avverrร questo battesimo? Sappiamo che sarร opera di colui che รจ il piรน forte rispetto a Giovanni. Ora, nel linguaggio biblico lo Spirito di Dio รจ potenza irresistibile di azione, di creazione, di trasformazione concreta. Il battesimo in Spirito santo comporterร dunque una trasformazione profonda, interiore.
Ma ecco che i versetti 9-11 mettono in scena Gesรน. Gesรน si presenta solo. Tutto avviene senza testimoni. Se Giovanni vedeva folle accorrere a lui ed era in mezzo alle folle che provenivano da Gerusalemme, Gesรน รจ presentato solo, come sarร solo nel deserto, tuttโal piรน in mezzo a fiere, angeli e demoni. Figure, queste, di una solitudine che รจ lotta e consolazione. Se Giovanni vive uno spazio orizzontale, in mezzo alle folle pur nel deserto, Gesรน รจ posto in relazione verticale con il cielo che si lacera, lo Spirito che ne discende, la voce che si rivolge a lui solo. Con Giovanni stesso non vi รจ alcun dialogo. Il loro incontro non ha bisogno di alcuna mutua conoscenza diretta, ma vive appoggiato su altro. Gesรน si sottomette al battesimo di Giovanni dopo esser venuto da Nazaret di Galilea e in questa vicenda cosรฌ concreta, per niente speciale, ecco che avviene lโadempiersi della Scrittura. Il testo sembra suggerire che la Scrittura si compie senza che gli uomini vi pensino o la programmino. Giovanni avrร preparato la strada al Signore senza sapere come o da dove il Signore sarebbe venuto e che volto avrebbe avuto. E il gesto dellโimmersione รจ portatore di novitร per Gesรน stesso: salendo dallโacqua egli (ed egli solo) vede lโinvisibile. Vede i cieli che si squarciano e a questa immagine violenta segue quella ispirata a tenerezza della colomba, o meglio dello Spirito che scende, come colomba, verso di lui. Al termine della discesa lโimmagine della colomba svanisce perchรฉ lo Spirito scende su Gesรน, anzi in Gesรน. ร un dono che penetra fin nel piรน intimo di Gesรน. Se Gesรน immergerร in Spirito santo, per ora lo Spirito si immerge in lui e lo abita e lo muoverร , come nellโepisodio immediatamente successivo delle tentazioni nel deserto (Mc 1,12-13). Lโimmagine โcome colombaโ รจ un tratto poetico e simbolico: ciรฒ che avviene รจ impercettibile, รจ qualcosa di tenero e delicato ma anche di violento e lacerante. Lo Spirito, dirร Marco, getterร , spingerร Gesรน nel deserto con violenza per la lotta contro lโAvversario (Mc 1,12). Vi รจ qualcosa di tenero e violento come in una nascita. E Gesรน, salendo dallโacqua, sente la voce celeste e vede lo Spirito scendere su di lui. Vede lo Spirito che scende e ascolta la voce dallโalto che dice: โTu sei mio figlio, lโamato, in te ho posto il mio compiacimentoโ. Cosa dice questa frase? Dice anzitutto โtuโ, stabilisce lโaltro come un โtuโ. Vi รจ essenzialmente una valorizzazione di chi Gesรน รจ. Tutto lโinteresse รจ incentrato su Gesรน, sul suo essere. Non vi รจ tanto unโinvestitura regale come argomentano in molti basandosi sul fatto che โtu sei mio figlioโ รจ citazione di Sal 2,7, un Salmo messianico; non cโรจ nessuna pubblica presentazione del servo come in Isaia 42,1 citato nellโultima parte di Mc 1,11 (โin te ho posto il mio compiacimentoโ); non cโรจ alcuna formulazione di missione ma solo una voce che si rivolge a un altro per parlargli come un padre parla al suo figlio unico e amato. Come unico e amato รจ Isacco per Abramo, stando a Gen 22,2 citato sempre nel v. 11.
Di piรน. Questa parola che ha in vista Gesรน e la sua unicitร , ebbene questa parola fa di Gesรน non un altro, ma un tu. E al โtuโ aggiunge โsei mio figlioโ. Questo รจ lโatto di riconoscimento paterno. Non tu โeriโ, non tu โsei statoโ, non tu โsaraiโ, ma tu โseiโ, in una attualitร perdurante che dice la stabilitร della relazione e che si fonda su una precedenza di amore. Se tu sei mio figlio รจ perchรฉ io ti amo: perchรฉ il mio amore ti precede e ti fonda e ti รจ grato del tuo essere te stesso. Queste le parole necessarie che un padre deve dire al figlio: dal riconoscimento paterno dipende la nascita e il progresso della coscienza filiale presso il figlio cosรฌ come della responsabilitร paterna presso il padre. E poi โamatoโ: agapetรฒs, che equivale allโebraico jachid, โunicoโ. Lโesperienza di Gesรน al Giordano รจ esperienza di essere amato, non di un suo protagonismo di amore in quanto solidale con i peccatori che al Giordano confessavano i loro peccati, e neppure di umiliazione in quanto sottomesso al battesimo di Giovanni, nรฉ di perfezione spirituale perchรฉ ha visto i cieli aperti e lo Spirito scendere, ma di gratuito amore ricevuto da Dio attraverso la mediazione di un uomo al cui ministero egli si รจ sottomesso. La parola costitutiva della filialitร di Gesรน dice la sua preziositร , il suo essere un tu per Dio, lโessere in cui Dio ha posto il suo compiacimento: โIn te ho posto il mio compiacimentoโ. Questo รจ lโatto di filiazione in cui tutto รจ dovuto alla parola e non alla carne. Marco non ha un vangelo dellโinfanzia come gli altri sinottici e nemmeno un prologo di alta teologia come il IV vangelo, ma in maniera narrativa espone lโidea della filialitร di Gesรน nei confronti di Dio in modo sottile e profondo. ร il Dio Padre, il Dio che parla e dialoga che stabilisce Gesรน come figlio.
Lโimmagine dello Spirito che, come colomba si posa su Gesรน, esprime la dimensione di tenerezza che accompagna la paternitร . E tuttavia, nellโatto di questa paternitร vi รจ anche una dimensione di lacerazione e di dramma. Questo testo di Marco รจ echeggiato in Mc 15,37-39 dove si narra la morte di Gesรน: allo squarciarsi del cielo corrisponde lo squarciarsi del velo del tempio (15,38); alla dichiarazione dallโalto โTu sei mio figlioโ corrisponde la confessione del centurione: โDavvero questโuomo era il Figlio di Dioโ (15,39); se al battesimo lo Spirito discese eis Iesoun, alla croce Gesรน spirรฒ, exรฉpneusen (15,37).
La paternitร รจ segnata anche dalla croce. Gesรน parla di un battesimo che deve ricevere e fa allusione alla croce (Mc 10,38-39). Al battesimo cโรจ giร il mistero della consegna del Figlio e la lacerazione del cielo indica che si apre una nuova e definitiva possibilitร di comunione tra Dio e uomo. Ma una nuova lacerazione si verificherร : la paternitร procede di lacerazione in lacerazione. Alla croce non รจ solo il velo del tempio che viene scisso, ma la relazione tra Padre e Figlio. Scrive Jurgen Moltmann: โIl Padre patisce la morte del figlio. Alla morte del figlio risponde il dolore del Padre. E se in questo viaggio allโinferno il Figlio perde il Padre, anche il Padre perde il Figlioโ.
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Lo Spirito che era in Gesรน e lo รจ stato fino alla fine, รจ lo Spirito che ha parlato in lui anche quando ha gridato lโabbandono del Padre sulla croce con le parole del Salmo 22. La filialitร di Gesรน si esprime allora proprio nel grido dellโabbandono. Egli si confessa figlio e si mantiene fedele a colui di cui pure grida lโabbandono. Ora, la parola รจ sua, come in lui รจ lo Spirito, mentre al battesimo lo Spirito รจ sceso verso di lui e la parola รจ venuta dallโalto. Lร era il Padre che riconosceva il figlio: โTu sei mio figlioโ. Sulla croce รจ Gesรน che confessa Dio quale suo Dio: โMio Dio, mio Dioโ (Mc 15,34). La parola del Padre che lโha riconosciuto figlio al battesimo trova eco, nel silenzio del Padre al momento della croce, nella parola di Gesรน che rimane attaccata filialmente a Dio anche nel suo abbandono. Gesรน non grida nel vuoto Gesรน, ma si rivolge al Dio il cui silenzio e la cui assenza sono solo il segno di una presenza ormai da cercare in Gesรน stesso. La parola e lo Spirito di Dio sono ormai la parola e lo Spirito di Cristo: vedendo lui vediamo il Padre, attraverso di lui andiamo al Padre. Essere battezzati nello Spirito santo allora altro non รจ che essere battezzati per fede in Gesรน Cristo fino al lasciarsi abitare dalla sua Parola e dal suo Spirito.
A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose
