Lโultima cosa di cui abbiamo bisogno รจ agitarci.
A dircelo non รจ chissร quale neurologo di fiducia ma lo stesso Gesรน il quale, a chi esaltava compiaciuto la bellezza e la ricchezza del tempio di Gerusalemme, dichiara che di tutto quello che stavano ammirando non sarebbe rimasto pietra su pietra. E non cโรจ da agitarsi di fronte allโannuncio della distruzione di una struttura religiosa che per Israele rappresentava ciรฒ che costituiva lโidentitร del suo essere il popolo che Dio aveva scelto? Non cโรจ da agitarsi di fronte ad eventi (terremoti, carestie, guerre) che segnano inesorabilmente il corso della storia? Non cโรจ da agitarsi di fronte a relazioni che invece di essere aperte al riconoscimento e allโaccoglienza diventano grembo di sfiducia e di tradimento?
No, sembra dire Gesรน, non cโรจ da agitarsi.
ร venuto il tempo, infatti, in cui Dio non abita piรน in un tempio fatto da mani dโuomo ma nel cuore e nella storia di ognuno di noi. Possono cadere tutte le strutture pure preposte ad essere segno di Dio in un certo tempo e in un certo luogo ma lโamicizia e il legame di Dio con lโumanitร non viene meno. Il crollo di un tempio, di un mondo o di determinate relazioni segna, infatti, lโinizio di un mondo nuovo allโinterno del quale per i cultori del nome di Dio sorgerร il sole di giustizia (Ml 3,20). Dunque: non state sulla difensiva, ci ammonisce il Signore Gesรน. Caratteristica cosรฌ tipica di questi giorni lo stare sulla difensiva. E si sa: lo stare sulla difensiva รจ lโatteggiamento che ci assale tutte le volte in cui sentiamo che qualcosa di noi non รจ al sicuro. Ma la domanda รจ dโobbligo: che cosa di noi non รจ al sicuro? E come mai non lo รจ? Solo per dei probabili attacchi esterni?
Non cโรจ da agitarsi, ripete Gesรน. Neppure un capello del vostro capo perirร : bella lโimmagine di un Dio che custodisce persino i nostri capelli.
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Arriveranno guerre, ci saranno carestieโฆ Avvenimenti che non hanno una data puntuale perchรฉ ricorrenti in ogni epoca storica. Attenti, ci ammonisce Gesรน, a lasciarvi sballottare da quella retorica da fine del mondo, perchรฉ mentre cresce lโagitazione e lโangoscia, aumenta anche la rassegnazione e il disinteresse. Il rischio, infatti, รจ che col pretesto della fine, si viva una vita disimpegnata, vuota, senza storia. Ed รจ proprio lโultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Davanti a noi, ribadisce Gesรน, non lโinizio della fine ma una nuova nascita che passa anche attraverso la fine di certe strutture e di certe realtร attraverso le quali pure Dio si รจ reso presente al suo popolo. Questo รจ tempo della fede operosa. ร tempo per prendere distanza da una religione che paga delle sue liturgie non riesce piรน a vibrare per i drammi e le domande vere del proprio popolo.
ร necessario che ciascuno di noi sia trovato intento alle opere della vita e dellโevangelo, capaci cioรจ di cura per tutto ciรฒ che la vita ha affidato a noi, dalla famiglia alla comunitร , dallโamicizia al lavoro, alla terra. Bando dunque tanto allโagitazione e allโangoscia come alla paralisi e alla dispersione.
Di fronte agli eventi, quali che siano, lieti o infausti, il credente prova a scrutare, a partire dalla parola evangelica e dalla testimonianza di tanti altri discepoli, il modo in cui il Signore si rende presente a questo nostro mondo in questo nostro tempo. Non converte nessuno assumere come ruolo quello di fare da cronisti del mondo contemporaneo come spettacolo della fine del mondo. Rivestire questo compito testimonia la paura non la fede. Chiamati, invece, a scrutare le albe incipienti, i germogli di una nuova possibilitร ancora offerta da quel Dio che insonnemente veglia su questa nostra umanitร e che, nonostante noi, spera ancora in qualcosa di buono anche da noi.
AUTORE: don Antonio Savone
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