don Ivan Licinio – Commento al Vangelo del 22 Novembre 2020

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Dove stai andando?

Il buon Pastore, dopo aver guidato il suo gregge, dopo averlo difeso dai lupi e dopo aver recuperato le pecorelle smarrite, a sera ritorna allโ€™ovile e separa le pecore dalle capre. Una prassi ordinaria nella vita di un allevatore: le capre infatti di notte hanno bisogno di maggior calore mentre le pecore preferiscono stare allโ€™aria fresca. Frescura e calore, quasi ad indicare che aria tirerร  a destra e a sinistra del Figlio dellโ€™uomo, lรฌ dove andremo tutti noi alla sera del mondo, dopo essere stati giudicati dal Re dellโ€™Universo. E su cosa saremo giudicati? Sul numero delle Messe alle quali abbiamo partecipato? Sulle offerte date alla Chiesa? Sui pellegrinaggi che abbiamo fatto? Se abbiamo vissuto la fede per convenienza o per tradizione tutto รจ stato infruttuoso perchรฉ per Gesรน il metro di giudizio รจ un altro: lโ€™Amore. Quanto amore hai custodito e moltiplicato nella tua vita? Se ogni tuo gesto, anche di fede, non รจ stato mosso dallโ€™amore e in direzione dellโ€™amore, allora รจ stato un passo falso, un vero peccato (che letteralmente vuol dire โ€œpiede bloccatoโ€ dal latino pes captum).

Nel leggere il Vangelo di oggi capiamo che tutta la nostra esistenza ha (e deve avere), una direzione precisa, un senso chiaro anche quando tutto intorno a noi sembra illogico, senza alcun significato. รˆ lโ€™Amore lโ€™unica strada da percorre, sempre e nonostante tutto. Un Amore che Gesรน ci ha insegnato indossando la corona di spine sul capo e sedendo sul trono della croce. รˆ questโ€™Amore, piรน forte della morte, che da un senso ai nostri giorni e che troveremo ad aspettarci alla sera della vita. รˆ questโ€™Amore che continua a far girare il mondo nonostante il nostro egoismo e la nostra aviditร . Un Amore cosรฌ grande che il nostro povero cuore da solo non puรฒ trattenere. Ecco perchรฉ lโ€™Amore รจ condivisione, relazione, incontro con lโ€™altro. Ecco perchรฉ saremo giudicati non sul nostro rapporto intimistico con Dio ma su ยซtutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoliยป.

Alla fine di un anno liturgico siamo chiamati a tirare le somme tra lโ€™Amore ricevuto e quello donato. Si tratta di fermarsi un momento, guardare la strada giร  percorsa e capire come e dove voglio andare nel tempo che ancora mi รจ concesso. Nel brano di Matteo, Gesรน oggi ci presenta un buon metodo per fare questo bilancio.

ยซHo avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bereยป. Quanta fame e sete di giustizia, di pace, di solidarietร  cโ€™รจ oggi nel nostro Paese e nel mondo intero. Noi siamo di quelli che arraffano o di quelli che donano? Siamo di quelli che chiudono in pugni le mani o di quelli che le aprono alle esigenze degli altri? Pensate ai nostri giovani: quanta fame e sete di futuro hanno! Noi siamo di quelli che preparano da mangiare anche per il domani o di quelli che preferiscono accontentarsi dellโ€™oggi? Ma cโ€™รจ anche la fame materiale di chi non ha da mangiare; di quelli che, a causa della pandemia, hanno perso tutto o sono in gravi difficoltร  economiche e sociali. Siamo sensibili o restiamo indifferenti, impegnati solo a difendere e aumentare ciรฒ che ci appartiene?

ยซEro straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestitoยป. Come non pensare subito a tutte quelle persone, (e sottolineo persone, prima ancora che migranti) che intraprendono viaggi lunghi e pericolosi perchรฉ vedono nelle nostre coste un rifugio o un passaggio sicuro per una vita nuova. Perรฒ penso anche alla signora Rosa, che ha aperto la sua salumeria a Nerano quando 16 migranti iracheni e afghani sono sbarcati in costiera sorrentina. A chi lโ€™ha intervistata ha detto: ยซChe vi devo dire, ma รจ stato un fatto cosรฌโ€ฆ รจ semplicemente che lโ€™umanitร  ci deve essere. Niente di straordinarioยป. Niente di straordinario, รจ vero, se non fosse per il fatto che stiamo perdendo lโ€™ordinarietร  di certi gesti che, nella loro semplicitร , ci dicono di cosa รจ capace lโ€™uomo quando si abbandona allโ€™Amore. Ma straniero รจ anche il nostro vicino di casa, il nostro concittadino, il nostro collega, il compagno di scuola, seppur momentaneamente virtuale. Nudo รจ anche chi non ha piรน i vestiti della dignitร  a causa della povertร ; nudo รจ lโ€™operaio al quale รจ stata tolta la tuta da lavoro; nudo รจ chi ha smesso lโ€™abito delle nozze e vive una situazione di fragilitร  familiare e sentimentale; nudo รจ chi cammina per strada sentendosi giudicato, sentendosi gli occhi addosso del nostro pregiudizio, del nostro pettegolezzo; nudo รจ chi spogliamo con gli occhi saccenti della nostra arroganza. Quanti nostri fratelli hanno bisogno, invece, di essere coperti dalla nostra comprensione, dallโ€™ascolto e dal perdono.

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Infine ero ยซmalato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmiยป. Una delle cose piรน tristi della pandemia รจ lโ€™impossibilitร  dei familiari di visitare i propri cari ammalati, di curarli anche con quellโ€™amore che solo uno di famiglia puรฒ dare. Molti addirittura non hanno avuto la possibilitร  di salutarsi per lโ€™ultima volta. Gli ospedali e le carceri sono accomunati dalla pena: quella ingiusta della malattia e quella giusta per gli errori commessi. Ma sulla pena vinca la pietร  che per i cristiani non รจ commiserazione ma compassione. La stessa compassione che Gesรน ha avuto nei confronti dellโ€™umanitร  scegliendo di cum patire, di patire con noi, il dolore, la fragilitร  e la morte. Allora il dolore dellโ€™altro diventa il mio dolore, la speranza dellโ€™altro diventa la mia speranza. In questo tempo cosรฌ fragile e complesso, non facciamo mancare la nostra vicinanza, almeno spirituale, a chi sta combattendo contro la malattia, qualunque essa sia, e a chi รจ nel carcere. Molte volte ci blocca la paura di non sapere cosa dire, di non essere in grado di sopportare certe scene o di non saper gestire le proprie emozioni. E cosรฌ accade che, proprio quando cโ€™รจ piรน bisogno di noi, facciamo un passo indietro. Abbandoniamo al suo destino quel malato o chi si trova nel carcere delle conseguenze delle proprie scelte. Esistono malattie e malattie, carceri e carceri. Cโ€™รจ la malattia fisica e quella spirituale, cโ€™รจ il carcere con le sbarre e il carcere dei sensi di colpa. รˆ qui che cโ€™รจ piรน bisogno di noi cristiani, รจ qui che dobbiamo portare il Salvatore.

Ci prepariamo allโ€™Avvento. Lasciamo oggi un Gesรน Re dellโ€™universo e ci prepariamo alla venuta di un Gesรน Bambino, che si ostina ancora a nascere in mezzo a noi. Quasi a dire che sono le piccole cose, quelle di tutti i giorni, che ci faranno grandi uomini e donne agli occhi di Dio. Ci auguriamo che questo nuovo anno liturgico, coincida con un nuovo tempo, di maggiore consapevolezza e impegno. Un tempo dove normalitร  non faccia rima solo con sanitร  ma soprattutto con umanitร .


Fonte: don Ivan Licinio sul suo blog

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