โร in arrivo un nuovo digitale, poichรฉ il digitale giร in auge, seppure recente, non era abbastanza nuovo. Ci spiegano che si tratta dellโinesausta rincorsa al meglio e al piรน comodo che lโevo tecnologico ha previsto per ciascuno di noi. Ma di molto scomodo, in questa rincorsa al comodo, cโรจ il moto perpetuo nel quale ci hanno ficcati: dire โno grazie, per me puรฒ bastare cosรฌโ non รจ previsto, non รจ permesso, bisogna continuamente cambiare apparati, impararne lโuso, resettare le abitudini, rimettere mano al portafoglioโ (Michele Serra).
Non ne faccio una questione di quattrini (anche se non tutti hanno i quattrini per cambiare il televisore), ma di libertร . La libertร di fermarsi. Dovrebbe esistere un diritto alla requie, e perfino un diritto alla mediocritร e alla obsolescenza. Essere felice davanti a un piatto di fagioli, se uno ne ha voglia, mentre tutti sono in coda davanti al negozio delle aragoste. La corsa forsennata della tecnologia (e dei consumi, e dei desideri, e di tutto) sarebbe morale se fosse facoltativa. ร invece obbligatoria, e perciรฒ immorale e dispotica. Essere consumatori รจ diventato un lavoro che non prevede dimissioni nรฉ fuga. Si chiamano: lavori forzati.
In altri termini รจ ciรฒ che ci dice Gesรน nel vangelo di oggi. Sappiamo bene di come la sapienza del vangelo riguardo a Mammona, sia derisa dai farisei del nostro tempo: noi benpensanti e gente schiava della cultura del mercato. Noi, da buoni farisei, anzichรฉ accogliere il dono della Parola, irridiamo ciรฒ che la Parola ci dona, soffochiamo nelle spine delle nostre faccende in cui siamo sempre piรน affaccendati il germe spuntato sul terreno della nostra giornata. Ogni giorno lโuomo muore sempre piรน. Sempre meno umanitร e sempre piรน violenza. Cโรจ forse maggiore gratificazione, ma รจ sempre piรน gratificazione che risponde alla legge del mercato della sveltina, non certo alla legge dellโamore e dellโumanitร : cosa da infedeli, da gente qualunque, non da discepoli del Signore Gesรน.
I farisei, cioรจ noi, amanti del denaro hanno fatto della proprietร privata il Moloch a cui tutto immolare. ร piรน importante di ogni relazione e di ogni affetto. Nel suo nome si distrugge e si uccide. Le due cose sono inconciliabili: o si ama il Padre e i suoi figli o si ama mammona. La dinamica della prioritร del mercato, รจ sotto i nostri occhi, ci fa vivere da insensati e da disumani. Siamo costretti a dire โprima i nostri e poi gli altriโ: roba tribale e anticaglia della peggior specie.
Per garantire il dominio sul futuro, i mezzi sono diventati cosรฌ complicati e complessi e sofisticati che risultiamo tutti smarriti, manager e gestori di multinazionali compresi, anzi loro forse piรน schiavi ancora di noi.
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Lโastuzia falsa รจ chiara: credere che il benessere e il progresso materiale sia il fine dellโuomo e del suo vivere sociale. Questa vista miope, non tiene conto della realtร , porta ad operare lโingiustizia come fonte e mezzo per sostenere le leggi del mercato, porta a sacrificare il vero bene dellโuomo, compreso quello materiale. ร la morte dellโincarnazione, altro che essere coi piedi per terra.
Tutto ciรฒ che siamo e abbiamo รจ dono del Padre ed รจ mezzo per entrare in comunione con Lui e con i fratelli. Ogni legge, anche la piรน sacra, che ci porta a contrastare questa veritร del senso della vita dellโuomo favorendo Mammona, รจ demoniaca e ingiusta, non farร che creare morte e distruzione.
Accogliere tutto come dono del Padre, anche le proprietร che purtroppo abbiamo, vivendolo in condivisione ci rende capaci di vivere in rendimento di grazie e in spirito di condivisione.
I beni che noi tanto stimiamo sono cosa minima rispetto al vero valore. Il nostro fallimento di sempre, ma di oggi in particolare, consiste nellโamare ciรฒ che non รจ lโoggetto del nostro cuore. Nellโuso corretto dei beni e del bene si gioca la nostra vita e si esprime la fedeltร al Padre, che รจ riconoscersi figli e dunque fratelli.
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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