Commento al Vangelo del 18 Ottobre 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

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Il vestito del Vangelo

Cโ€™รจ stato un momento del mio percorso di vita, attorno ai 18 anni in cui stavo per prendere tutta unโ€™altra strada rispetto a quella attuale. Ero agli ultimi anni del liceo e dovevo cominciare seriamente a decidere il percorso di studi universitari e quindi anche il mio futuro lavorativo. Ovviamente sentivo che doveva rispecchiare le mie passioni e le capacitร  che sentivo di poter sviluppare meglio, e cosรฌ ero quasi deciso di intraprendere gli studi che giร  mia sorella stava facendo, quelli dellโ€™Accademia delle Belle Arti. Di quel tipo di percorso mi affascinava in particolare il mondo della scenografia, sia teatrale che cinematografica. Il mondo della finzione scenica รจ davvero meraviglioso, perchรฉ permette di giocare con storie e personaggi, ricreando ambienti e situazioni che possono essere molto vicini alla realtร  quasi da sembrare reali, oppure lontanissimi e incredibili che nella realtร  sono impossibili.

E cosรฌ in una finzione teatrale e forse con ancor piรน verosimiglianza in quella cinematografica vediamo gli attori muoversi in storie, ambienti e costumi che simulano un qualcosa che in realtร  non รจ realtร , ma che piacevolmente โ€œingannaโ€ con questa finzione gli spettatori, i quali sono consapevoli di essere โ€œingannatiโ€ per il tempo che dura la finzione.
Nel racconto evangelico di questa domenica prosegue lo scontro tra Gesรน e i suoi avversari che sono principalmente appartenenti alla casta religiosa del suo tempo. Gesรน usa una parola davvero forte con coloro che lo stanno interrogando. Li chiama infatti โ€œipocritiโ€ quando si rivolgono a lui con espressioni di lode (โ€œMaestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo veritร โ€ฆโ€) fingendo di voler imparare da lui mentre in realtร  indossano una la maschera per ingannarlo e trovare motivi per condannarlo. La parola โ€œipocritaโ€ viene da un termine greco che letteralmente richiama lโ€™attore (โ€œypokritesโ€) che ai tempi antichi come oggi รจ colui che recita una parte di una storia che non รจ reale e talvolta molto distante dalla realtร  stessa dellโ€™attore. Per Gesรน il problema principale di coloro che si rivolgono a lui anche con parole positive e di lode รจ che in realtร  recitano una parte da veri commedianti.

La questione per la quale Gesรน viene interrogato รจ riguardo la tassa da pagare allโ€™occupante romano. Gesรน viene tirato in mezzo ad una questione che infiammava le diverse anime del popolo dโ€™Israele. Cโ€™era chi era accomodante con Roma che governava il territorio del popolo di Israele e chi invece vi si opponeva fortemente sia per motivi nazionalistici che religiosi. Bisogna tener presente che a quel tempo i vari imperatori e re avevano pretese di diritto divino, perciรฒ riconoscere in qualche modo (anche pagando una tassa) quel potere voleva dire mettere in secondo piano il vero Dio.

Gesรน con il famoso detto โ€œrendete dunque a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioโ€, vuol far capire che ogni potere umano (sia quello legittimo sia quello che occupa come invasore) รจ sempre e comunque meno di Dio. Qualsiasi potere a cui ci si rivolge e a cui ci si sottomette non puรฒ mai essere messo sullo stesso piano del legame e dellโ€™obbedienza da dare a Dio. E non a un โ€œdioโ€ qualsiasi, ma a Dio Padre cosรฌ come lo ha testimoniato Gesรน.

Significativo รจ il gesto di Gesรน per spiegare tutto questo. Il Maestro si fa portare una moneta romana che porta lโ€™effige di Cesare. La moneta indica il volto di chi in quel momento detiene il potere umano, con le sue giustizie e ingiustizie, e al quale bisogna relazionarsi. Il potere costituito ha messo il suo volto sulla moneta per ribadire chi รจ che comanda nella vita sociale. Ma anche Dio ha messo il suo volto sopra una cosa preziosa per far capire a chi obbedire ancora di piรน. Quella โ€œmoneta di Dioโ€ siamo noi, la โ€œmoneta di Dioโ€ รจ ogni uomo. Gesรน ha in mano una moneta dellโ€™imperatore di turno e invita a dargli quel che รจ suo, ma nel suo stesso volto Gesรน ha impresso il volto stesso di Dio Padre al quale lโ€™uomo deve dare tutto se stesso sopra ogni altra obbedienza. Il mio volto, il volto dei miei fratelli e sorelle, il volto del povero e di chi ha bisogno, tutti questi volti portano lโ€™immagine di Dio. Per questo devo far in modo di dare a Dio me stesso, il mio fratello e la mia sorella, il povero e il bisognoso. E il volto di Dio non รจ una maschera per una finzione ma la mia realtร  piรน profonda e vera.
Ma puรฒ succedere che in realtร  il volto di Dio sul mio lo vivo solo come una maschera momentanea, come una recita che dura poco in qualche momento religioso, ma non come identitร  vera e quotidiana. Ecco allora che da credente mi posso ritrovare ad essere un attore nella fede, magari anche cosรฌ bravo da convincere me stesso che sia vero, ma che in realtร  dura poco.

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Quella parola โ€œipocritaโ€ che Gesรน dice senza peli sulla lingua ai suoi avversari diventa una sveglia per me, un campanello dโ€™allarme anche in questi tempi cosรฌ difficili per tutti. Perchรฉ oggi piรน che mai la Chiesa e il mondo non hanno bisogno di โ€œattori della fedeโ€ ma veri credenti che non recitano il Vangelo ma lo vivono ogni giorno.

DOPO IL VIDEO, UN ALTRO COMMENTO


Link al video

Il mondo della finzione scenica รจ davvero meraviglioso, perchรฉ permette di giocare con storie e personaggi, ricreando ambienti e situazioni che possono essere molto vicini alla realtร  quasi da sembrare reali, oppure lontanissimi e incredibili che nella realtร  sono impossibili.
E cosรฌ in una finzione teatrale e forse con ancor piรน verosimiglianza in quella cinematografica vediamo gli attori muoversi in storie, ambienti e costumi che simulano un qualcosa che in realtร  non รจ realtร , ma che piacevolmente โ€œingannaโ€ con questa finzione gli spettatori, i quali sono consapevoli di essere โ€œingannatiโ€ per il tempo che dura la finzione.

Nel racconto evangelico di questa domenica prosegue lo scontro tra Gesรน e i suoi avversari che sono principalmente appartenenti alla casta religiosa del suo tempo. Gesรน usa una parola davvero forte con coloro che lo stanno interrogando. Li chiama infatti โ€œipocritiโ€ quando si rivolgono a lui con espressioni di lode (โ€œMaestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo veritร โ€ฆโ€) fingendo di voler imparare da lui mentre in realtร  indossano una la maschera per ingannarlo e trovare motivi per condannarlo. La parola โ€œipocritaโ€ viene da un termine greco che letteralmente richiama lโ€™attore (โ€œypokritesโ€) che ai tempi antichi come oggi รจ colui che recita una parte di una storia che non รจ reale e talvolta molto distante dalla realtร  stessa dellโ€™attore. Per Gesรน il problema principale di coloro che si rivolgono a lui anche con parole positive e di lode รจ che in realtร  recitano una parte da veri commedianti.

La questione per la quale Gesรน viene interrogato รจ riguardo la tassa da pagare allโ€™occupante romano. Gesรน viene tirato in mezzo ad una questione che infiammava le diverse anime del popolo dโ€™Israele. Cโ€™era chi era accomodante con Roma che governava il territorio del popolo di Israele e chi invece vi si opponeva fortemente sia per motivi nazionalistici che religiosi. Bisogna tener presente che a quel tempo i vari imperatori e re avevano pretese di diritto divino, perciรฒ riconoscere in qualche modo (anche pagando una tassa) quel potere voleva dire mettere in secondo piano il vero Dio.

Gesรน con il famoso detto โ€œrendete dunque a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioโ€, vuol far capire che ogni potere umano (sia quello legittimo sia quello che occupa come invasore) รจ sempre e comunque meno di Dio. Qualsiasi potere a cui ci si rivolge e a cui ci si sottomette non puรฒ mai essere messo sullo stesso piano del legame e dellโ€™obbedienza da dare a Dio. E non a un โ€œdioโ€ qualsiasi, ma a Dio Padre cosรฌ come lo ha testimoniato Gesรน.

Significativo รจ il gesto di Gesรน per spiegare tutto questo. Il Maestro si fa portare una moneta romana che porta lโ€™effige di Cesare. La moneta indica il volto di chi in quel momento detiene il potere umano, con le sue giustizie e ingiustizie, e al quale bisogna relazionarsi. Il potere costituito ha messo il suo volto sulla moneta per ribadire chi รจ che comanda nella vita sociale. Ma anche Dio ha messo il suo volto sopra una cosa preziosa per far capire a chi obbedire ancora di piรน. Quella โ€œmoneta di Dioโ€ siamo noi, la โ€œmoneta di Dioโ€ รจ ogni uomo. Gesรน ha in mano una moneta dellโ€™imperatore di turno e invita a dargli quel che รจ suo, ma nel suo stesso volto Gesรน ha impresso il volto stesso di Dio Padre al quale lโ€™uomo deve dare tutto se stesso sopra ogni altra obbedienza. Il mio volto, il volto dei miei fratelli e sorelle, il volto del povero e di chi ha bisogno, tutti questi volti portano lโ€™immagine di Dio. Per questo devo far in modo di dare a Dio me stesso, il mio fratello e la mia sorella, il povero e il bisognoso. E il volto di Dio non รจ una maschera per una finzione ma la mia realtร  piรน profonda e vera.
Ma puรฒ succedere che in realtร  il volto di Dio sul mio lo vivo solo come una maschera momentanea, come una recita che dura poco in qualche momento religioso, ma non come identitร  vera e quotidiana. Ecco allora che da credente mi posso ritrovare ad essere un attore nella fede, magari anche cosรฌ bravo da convincere me stesso che sia vero, ma che in realtร  dura poco.

Quella parola โ€œipocritaโ€ che Gesรน dice senza peli sulla lingua ai suoi avversari diventa una sveglia per me, un campanello dโ€™allarme anche in questi tempi cosรฌ difficili per tutti. Perchรฉ oggi piรน che mai la Chiesa e il mondo non hanno bisogno di โ€œattori della fedeโ€ ma veri credenti che non recitano il Vangelo ma lo vivono ogni giorno.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)

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