La vigna, Israele e la Chiesa
La comprensione della parabola detta โdei vignaioli omicidiโ ha rappresentato un momento significativo nella storia dellโesegesi cristiana. Chi ne volesse un buon resoconto, puรฒ leggere il capitolo che ad essa รจ dedicato nel bel volume di uno dei piรน importanti esegeti dello scorso secolo, deceduto nel 2007, Breward Childs, Teologia Biblica. Antico e Nuovo Testamento (Piemme 1998).
Forse รจ meglio iniziare ancora una volta il nostro commento puntualizzando quello che il nostro testo, con molta probabilitร , non vuole dire. La settimana passata abbiamo avuto occasione di parlare di una teologia, o meglio di una certa impostazione interpretativa di alcuni brani del Nuovo Testamento, secondo la quale la Chiesa avrebbe sostituito la sinagoga, per diventare il vero Israele. Gli esperti sanno anche che esiste anche un famoso lavoro del 1975 scritto dallโesegeta tedesco Wolfgang Trilling, intitolato proprio Il vero Israele, e centrato sulla parabola di questa domenica. La tesi dello studioso รจ che il versetto 41 (ยซFarร morire miseramente quei malvagi e darร la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempoยป) implichi una vera e propria punizione per Israele, la quale ยซperde la sua vocazione e la sua posizione storico-salvificaยป (p. 108). Lโevangelista Matteo, calcando ancor piรน i toni della parabola raccontata da Gesรน, compirebbe con le sue parole ยซun attacco al giudaismoยป e la chiesa, in questo modo, sarebbe ยซnon un nuovo Israele, subentrato al vecchio, bensรฌ lโIsraele vero, quello genuino, cosรฌ come Dio lโha pensato sin dallโinizioยป (p. 123).
Tale lettura ha bisogno di essere corretta, e attualmente, secondo il parere di maggioranza, si ritiene che nel vangelo di Matteo non sia scritto nulla di tutto questo. Se รจ ormai inutile ribadire che Gesรน difficilmente deve aver ยซattaccato il giudaismoยป in quanto tale, come invece ritiene Trilling, passiamo subito al secondo punto debole di questa ipotesi. Giร anticipato nel vangelo di domenica scorsa, dice che nรฉ Gesรน (che ha raccontato la parabola), nรฉ tanto meno Matteo, che la riporta, pensano che Israele in quanto popolo sia stato rifiutato da Dio. Certo, qui si parla di una punizione pesante, provocata dalla chiusura verso gli emissari del padrone (quei ยซprofeti, sapienti e scribiยป di cui si scrive anche in Mt 23,34) e soprattutto dallโuccisione del figlio, ma questo giudizio grava solo sui leader religiosi, quelli altre volte chiamati guide cieche. La vigna โ che รจ lโIsraele santo di Dio, il popolo eletto โ non รจ incendiata o devastata come la cittร di cui si parla nella parabola seguente (Mt 22,7) ma anzi รจ pronta per dare frutti buoni; solo, non saranno quegli attuali vignaioli a coglierli: la vigna, il popolo dellโalleanza, verrร affidata ad altri contadini.
Come accennavamo nello scorso commento, il problema รจ lโidentificazione di questi โaltriโ, ovvero il โpopoloโ a cui sarร affidato il Regno e che finalmente โfarร fruttificare la vignaโ (Mt 22,43). Questo popolo in senso generico (gr. รฉthnos, senza articolo), scrive Alberto Mello, รจ lโinsieme di quelli che, come i pubblicani e le prostitute di cui si parlava nel brano immediatamente precedente, ยซhanno aderito allโannuncio del regno da parte di Giovanni, di Gesรน, dei missionari cristiani, in contrapposizione a quelli che lo hanno rifiutatoยป. Ecco perchรฉ ยซdovremmo andare cauti nellโattribuire a Matteo unโesplicita concezione della chiesa quale nuovo o vero Israele; in ogni caso, la prospettiva non รจ sostitutiva: i vignaioli non prendono il posto della vigna! Se si puรฒ parlare di un vero Israele, lโespressione compete al Cristo stesso, pietra angolareยป.
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Quanto detto si accorda con la conclusione di Childs: ยซร molto importante sul piano teologico capire che la funzione della forma matteana della parabola non รจ quella di esaltare il cristianesimo rispetto al giudaismo, ma di lasciare aperta la risposta alla rinnovata offerta di riconciliazione fatta dal Cristo innalzato. In un certo senso, la chiesa si trova in una posizione analoga a quella dโIsraele. In un altro senso, tuttavia, essa ha giร fatto esperienza del miracoloso intervento di Dio. La pietra scartata costituisce ora la testata dโangolo. Sarร questa generazione di cristiani ad accogliere il regno di Dio e a produrre frutti di giustizia, oppure esso le sarร tolto per essere affidato ad unโaltra?ยป. Giร Ambrogio di Milano vedeva che il pericolo di incorrere nel castigo รจ per tutti, anche per i cristiani: ยซIl vignaiolo รจ senza alcun dubbio il Padre onnipotente, la vite รจ Cristo, e noi siamo i tralci: ma se non portiamo frutto in Cristo veniamo recisi dalla falce del coltivatore eternoยป (In Luc. 9).
Detto questo, รจ chiaro che la parabola รจ cristologica e teologica. Il figlio del padrone della vigna รจ caratterizzato con quegli attributi โ come lโidea dellโereditร โ che sono tipici del linguaggio di Gesรน quando parla vuole di sรฉ e del suo rapporto col padre; la sua morte, fuori delle mura della cittร , ovviamente ricorda la fine del Messia. Ma la parabola dice molto anche a proposito del Padre: il suo giudizio, stranamente, tarda ad arrivare; Dio รจ rappresentato addirittura come fin troppo paziente. Qualsiasi ascoltatore del racconto, ai tempi di Gesรน, sarebbe rimasto colpito da quella che potrebbe sembrare debolezza di carattere. Quel Dio invece sa aspettare, e continua a sperare in un cambiamento dei suoi vignaioli, che potrebbero addirittura ยซrispettare il suo figlioยป (cf. Mt 21,37). Diversamente da quanto facciamo noi, Dio non si lascia demoralizzare da un rifiuto, insiste nella sua proposta di salvezza e invia, per una seconda volta, altri servi, ancora piรน numerosi dei precedenti. Egli non vuole mai la morte del peccatore, ma che questi si converta e viva.
Purtroppo questo non accade, e la sua pazienza arriva allora a mettere in gioco lโunica carta che gli rimane: il figlio. Su questo punto si deve perรฒ stare attenti: รจ proprio la frase del v. 37 โ ยซRispetteranno il mio figlioยป โ che mette in crisi alcune facili e inappropriate teologie della redenzione. In essa vi leggiamo non solo la speranza che Israele si converta, ma anche che il figlio venga risparmiato. Questa affermazione โ allโinterno della logica del primo vangelo โ puรฒ essere accostata a quello che possiamo definire come il โsogno di Dioโ, ovvero la salvezza del proprio figlio Gesรน, espressa plasticamente da Matteo nellโepisodio che vede coinvolta la moglie di Pilato (cf. Mt 27,19). Se Pilato avesse ascoltato quel sogno โ come del resto รจ stato fatto da Giuseppe e dai maghi, che hanno prestato attenzione a quanto Dio voleva โ al figlio sarebbe forse stata risparmiata la condanna? Senza dimenticare che per tre volte Gesรน mostra di salire volontariamente, liberamente, e consapevolmente a Gerusalemme (cf. 16,21-23), dove vi avrebbe incontrato la morte, e che infatti accetta ancora piรน decisamente nel Ghetsemani (ยซavvenga la tua volontร ยป: 26,42), addirittura rileggendo la sua consegna alla luce delle Scritture (ยซtutto questo รจ avvenuto perchรฉ si compissero le Scritture dei profetiยป: 26,56), non si potrebbe pensare, sempre nella logica del racconto matteano, che il โprogettoโ iniziale non fosse questo, quanto piuttosto quello di cui parlerร lo stesso Gesรน (in veritร dopo tutti e tre annunci della passione) accennando a una palingenesi (vedi Mt 19,28 e 25,31-46) che egli avrebbe voluto far avanzare restaurando lโIsraele di Dio? Quando il โpianoโ perรฒ comincia a deteriorarsi, allora Gesรน, come il figlio della parabola, mostra di amare tanto la sua vigna al punto di morire per essa: ยซSalve, vigna meritevole di un custode cosรฌ grande: ti ha consacrato non il sangue del solo Nabot ma quello di innumerevoli profeti, e anzi quello, tanto piรน prezioso, versato dal Signoreยป (Ambrogio, ibid.). La parabola, dunque, che insiste sulla misericordia del padrone, lascia emergere anche dallo sfondo lโofferta gratuita del figlio.
- Fonte del commento – il sito “La Parte Buona”
- Commento a cura di p. Giulio Michelini
