Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 30 Agosto 2020

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Volontร  di Dio e libertร 

Dopo la confessione messianica di Pietro a Cesarea di Filippo, inizia una nuova tappa del ministero di Gesรน e una fase decisiva della sua vita. Matteo lo sottolinea scrivendo: โ€œDa allora Gesรน cominciรฒ a spiegare (lett. mostrare) โ€ฆโ€ (Mt 16,21). Lo stretto parallelismo con la formula di Mt 4,17 (โ€œDa allora Gesรน cominciรฒ a predicare e a direโ€) che apre il ministero di Gesรน dopo lโ€™arresto del Battista, segna letterariamente questo nuovo inizio i cui tratti caratterizzanti sono disegnati dal primo annuncio della sua passione, morte e resurrezione (Mt 16,21). Colpisce lโ€™uso del verbo โ€œmostrareโ€ (deรญknymi) lร  dove Marco utilizza piรน normalmente โ€œinsegnareโ€ (Mc 8,31). Matteo crea cosรฌ un gioco di rimando al verbo โ€œmostrareโ€ (epideรญknymi: Mt 16,1) messo in bocca a farisei e sadducei che chiedono a Gesรน un segno dal cielo per corroborare la sua autoritร . Ciรฒ che Gesรน mostra e che รจ lโ€™unico segno della sua identitร  messianica รจ la sua passione, morte e resurrezione, ovvero, il segno di Giona: โ€œUna generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarร  dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosรฌ il Figlio dellโ€™uomo resterร  tre giorni e tre notti nel cuore della terraโ€ (Mt 12,39-40).

Gesรน, che รจ appena stato confessato Messia da Pietro, ora specifica in che cosa consista la sua identitร  messianica, la vocazione personalissima che ha ricevuto da Dio. Anche la โ€œgiustaโ€ conoscenza di Gesรน mostrata da Pietro, che ha incontrato lโ€™approvazione di Gesรน stesso, deve essere corretta, e da chi, se non da Gesรน stesso? Gesรน sta svelando il proprio mistero, il segreto della sua identitร  profonda, intima, personalissima, identitร  ricevuta dalla volontร  di Dio contenuta nelle Scritture. La necessitร  (โ€œdoveva andare a Gerusalemme e soffrire moltoโ€: Mt 16,21) della sua passione รจ inscritta nella sua obbedienza alle Scritture e al suo ministero profetico (โ€œGerusalemme. Gerusalemme, che uccidi i profetiโ€: Mt 23,37) e lo porta alla sua personalissima ridefinizione della vocazione messianica. La vocazione รจ sempre lโ€™incontro tra la parola e la volontร  di Dio contenute nella Scrittura e la libertร  di un uomo che si sente raggiunto in prima persona da tale parola e da tale volontร . In quellโ€™incontro si manifesta lโ€™azione dello Spirito e si esprime lโ€™obbedienza creativa della persona.

Ma le parole di Gesรน suscitano la reazione indignata di Pietro. Reazione verbale ma anche fisica. Pietro โ€œprende con sรฉโ€ Gesรน, lo โ€œtrae a sรฉโ€, e accompagna questo gesto con le parole scandalizzate e di rimprovero: โ€œ(Dio) ti preservi, Signore, questo non ti accadrร  mai!โ€ (Mt 16,22). Per Pietro, ciรฒ che Gesรน ha detto รจ semplicemente irricevibile. Lโ€™idea di Messia che Pietro ha in mente รจ assolutamente inconciliabile con il destino di sofferenza e di morte. Ma Pietro sta proiettando su Gesรน i propri desiderata, la propria immagine del Messia. Giร  il profeta Isaia avvertiva che i pensieri degli uomini non sono i pensieri di Dio: โ€œI miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vieโ€ (Is 55,8), ora Gesรน rivolge lui questo rimprovero a Pietro: โ€œTu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uominiโ€, o forse anche: โ€œTu non hai il senso delle cose di Dio, ma di quelle degli uominiโ€ (Mt 16,23). E Gesรน reagisce anche con un gesto: Gesรน โ€œsi sottraeโ€, โ€œsi voltaโ€ e rispedisce Pietro dietro a sรฉ, nella posizione del discepolo che segue il maestro. E Gesรน non lesina le parole dure a Pietro: il beneficiario della rivelazione del Padre ora รจ apostrofato come โ€œsatanaโ€, il destinatario della beatitudine รจ ora motivo di scandalo, la roccia รจ ora pietra dโ€™inciampo. In Pietro queste dimensioni contraddittorie convivono, come convivono in ogni credente possibilitร  di fede e di non-fede, di comprensione e di ignoranza, di fedeltร  e di abbandono, di umiltร  e di supponenza. In particolare, di fede e di sufficienza, di adesione al Signore e di presunzione di sรฉ.

E perchรฉ sia chiaro che cosa comporta la sequela, dunque la fede, ecco che Gesรน pronuncia alcune parole forti e perfino urtanti. Ovvero: dopo aver annunciato la sua passione, Gesรน annuncia la passione del discepolo. Particolarmente dura รจ lโ€™espressione di Mt 16,24: โ€œSe qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi seguaโ€. Rinnegare se stessi e prendere la croce sono comandi che indicano azioni puntuali, poste una volta per tutte e considerate globalmente anche se poi abbracciano tutto il tempo della sequela. Il terzo imperativo โ€œmi seguaโ€ indica unโ€™azione che si prolunga nel tempo. Rinnegare รจ verbo del linguaggio forense che indica il rifiuto di difendere qualcuno. Il โ€œrinnegamentoโ€ di Pietro (Mt 26,69-75) comprende il suo rifiuto di difendere Gesรน. Il prendere la croce designa il momento in cui il condannato nel processo deve caricarsi sulle spalle il palo che servirร  a costruire il patibolo della sua esecuzione capitale. Rinnegare se stessi e prendere la propria croce significa dunque, stando al contesto forense in cui queste immagini si radicano, rinunciare a difendersi e a giustificarsi e assumere e portare lo strumento della propria condanna a morte. โ€œLโ€™espressione โ€˜prendere la propria croceโ€™ mira a un avvenimento del tutto concreto, e cioรจ al momento in cui il condannato alla crocifissione si carica sulle spalle la trave trasversale (patibulum), per compiere uno spaventoso itinerario tra la moltitudine urlante e ruggente, che lo accoglie con dileggi e imprecazioni. Lโ€™amarezza di questo cammino sta nella sensazione di essere scacciato senza pietร  dalla societร  e consegnato senza difesa allโ€™oltraggio e al disprezzo. Chiunque mi segue, dice Gesรน, deve rischiare una vita altrettanto difficile quanto la via crucis di un condannato in cammino verso il patiboloโ€ (Joachim Jeremias). Per il discepolo si tratta di rinunciare allโ€™idolatria di sรฉ, di uscire dai meccanismi di autogiustificazione e di abbandonarsi totalmente al Signore in una follia in cui risiede il segreto della libertร  del discepolo del Signore. Segreto che comporta la coscienza che la sequela si spinge fino alla morte e che contempla la possibilitร  della perdita della vita. Anzi, la follia evangelica fa sรฌ che il perdere la vita per il Signore e per il vangelo sia, in veritร , trovarla, esservi immerso pienamente. Seguire Cristo significa porre la propria vita nella sua vita per amore. Ciรฒ che per amore si perde, in realtร  non รจ perso, ma donato. E ciรฒ che รจ donato per amore, รจ ritrovato nella relazione. Per cui, argomenta Gesรน: โ€œChe gioverร  se un uomo guadagnerร  il mondo intero, ma perderร  la propria vita?โ€ (Mt 16,26). Il testo intravede la situazione di uomini tutti tesi a possedere, a estendere il proprio agire e il proprio accumulare al di fuori di sรฉ, di fatto fallendo la propria vita, perdendo se stessi. Forse, tutti estroversi proprio per non incontrare se stessi, per non entrare nel doloroso faccia a faccia con se stessi.

Se Pietro aveva manifestato la sua opposizione alla prospettiva della passione e morte di Gesรน, รจ evidente che anche lโ€™assunzione della croce per il discepolo รจ altrettanto irricevibile. Qui occorre dire che nella vita cristiana la croce non la si sceglie ma la si riceve, e sempre si tratta di un indesiderabile, anzi di un irricevibile, di qualcosa che sentiamo come assolutamente da rigettare, perchรฉ insensato, disumano, ingiusto, ripugnante, e ad essa ci ribelliamo con tutte le nostre forze. Salvo poi doverci rendere conto che forse proprio lรฌ, in quellโ€™indesiderabile che รจ avvenuto, in quellโ€™impensabile che ci รจ piombato addosso si cela la forma della nostra croce: โ€œprenda la sua croceโ€. Come ha scritto Dietrich Bonhoeffer: โ€œattraverso ogni evento, quale che sia eventualmente il suo carattere non-divino, passa una strada che porta a Dioโ€. Questo รจ ciรฒ che ha vissuto Gesรน assumendo la sua croce. Possiamo chiederci: come Gesรน ha vissuto il rinnegamento di sรฉ, la perdita di sรฉ, il prendere la croce? E possiamo rispondere che non la croce ha reso grande Gesรน, ma la vita di Gesรน ha dato senso anche alla croce quando vi รจ stato appeso. รˆ la vita di Gesรน spesa nellโ€™amare, nel riconoscere e venire incontro allโ€™altro nel suo bisogno; รจ la vita di Gesรน segnata da fraternitร , affetti, contemplazione del creato, incontri gratuiti; รจ la vita di Gesรน sostenuta dalla fede semplice e radicale in Dio, attraversata dalla preghiera allโ€™โ€œAbbร โ€ e dallโ€™ascolto filiale della sua parola, che ha connotato la croce (simbolo di una morte ingiusta e crudele, segno del peccato dellโ€™uomo) con il timbro della fedeltร  e della solidarietร  radicale di Gesรน. Fedeltร  a Dio e solidarietร  con gli uomini sintetizzate in un unico amore a Dio e al prossimo. Gesรน non ha mai avuto come fine lโ€™autoannichilimento, il perdere la propria vita, ma il viverla pienamente e gioiosamente perseguendo la libertร  e lโ€™amore. E amando liberamente fino alla fine, fino allโ€™estremo, fino al punto di non ritorno. Gesรน ha vissuto donando vita: a malati, a peccatori, ad emarginati, a disprezzati, Gesรน ha saputo, cioรจ ha scelto e voluto, dare vita. Il suo perdere la propria vita, รจ stato un donare tempo, forze fisiche e spirituali, energie psichiche e affettive: Gesรน ha donato la sua vita dando vita agli altri. Non รจ stato un mero perdere, ma un donare, un generare, un trasmettere.

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A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose


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