Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 23 Agosto 2020

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Gesรน si fa domanda

Lโ€™episodio evangelico della โ€œconfessione di Pietroโ€ รจ collocato da Matteo nei dintorni (lett. โ€œverso le parti diโ€) di Cesarea di Filippo, allโ€™estremo nord della terra dโ€™Israele, alle pendici del monte Hermon, lร  dove nasce il Giordano, nei pressi di quella cittร  che nel suo stesso nome porta le tracce delle sue origini romane e della sua nobiltร  imperiale. Cesarea รจ lโ€™Imperiale. Fu chiamata Cesarea proprio da Filippo, il tetrarca, in onore dellโ€™imperatore. E proprio lรฌ avviene la confessione che proclama Gesรน quale Messia. รˆ interessante notare che siamo molto distanti da Gerusalemme, praticamente al vertice geografico, ma anche simbolico, opposto rispetto a dove si trova la โ€œcittร  santaโ€. รˆ in questa zona eccentrica, periferica, paganizzata, che risuona la confessione messianica di Pietro. Anzi, con questa statio nelle parti di Cesarea di Filippo, il viaggio che ha condotto Gesรน a Gennรจsaret (14,34), poi verso le parti di Tiro e di Sidone (15,21), quindi lungo il mare di Galilea (15,29) e nella regione di Magadan (15,39), raggiunge la sua ultima tappa. Subito dopo, il cammino di Gesรน prenderร  tuttโ€™altra direzione dirigendosi verso Gerusalemme: โ€œDa allora Gesรน cominciรฒ a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemmeโ€ (Mt 16,21).

A Cesarea di Filippo Gesรน interroga i suoi discepoli. E li interroga a due riprese. Prima in maniera indiretta, poi diretta o, potremmo dire, senza scampo. Dopo una prima domanda generica su chi la gente dice che sia il Figlio dellโ€™uomo, dunque una domanda che non interpella personalmente e non coinvolge piรน di tanto i suoi discepoli, eccone una a cui non possono sfuggire: โ€œVoi, chi dite che io sia?โ€. Anzi, il testo contiene una sfumatura avversativa: โ€œMa voi, chi dite che io sia?โ€. A dire che, secondo Gesรน, la loro posizione di discepoli doveva averli portati a una diversa e piรน profonda conoscenza di lui rispetto alle chiacchiere e alle opinioni della gente. Non solo, nella prima domanda, Gesรน interroga sullโ€™identitร  del Figlio dellโ€™uomo, forse il piรน alto titolo messianico (cf. Mt 9,6; 10,23; 16,27-28; 19,28; 24,27.30; 26,64; ecc.), ma nella seconda passa direttamente allโ€™io e la domanda si fa personale, stringente, perfino dolorosa. Voi che avete vissuto con me, voi che avete ascoltato da vicino le mie parole, voi che avete condiviso con me un tratto di vita e di cammino esistenziale, voi, chi dite che io sia? Gesรน si fa domanda per i suoi discepoli. E Gesรน raggiunge noi come domanda. Lui stesso รจ la domanda che ci inquieta, che ci scuote, che non chiede di essere evasa da una risposta illusoriamente esauriente, ma riproposta ogni giorno e in ogni fase della vita. Anche per il credente Gesรน non รจ anzitutto e soltanto una risposta, o la risposta, ma una domanda, la domanda. E proprio questo carattere interpellante di Gesรน รจ vitale, vitalizzante e dinamizzante. Certo, come una spina nella carne. Gesรน รจ domanda a cui non รจ per niente facile rispondere. Come appare anche dal nostro testo. Se alla prima domanda di Gesรน segue una risposta collettiva, di tutti i discepoli: โ€œEssi disseroโ€ (Mt 16,14), alla seconda, che pure รจ rivolta a tutti loro, risponde uno solo, Pietro. Questa domanda fa fuggire tanti, rende muti molti, opera un selezione radicale: questa domanda vaglia i discepoli i quali, prima di fuggire al momento della passione, giร  ora si dileguano incapaci di dire alcunchรฉ. Tranne Pietro.

Ma prima di tutto i discepoli passano in rassegna le identificazioni di Gesรน allora correnti tra la gente. Tratto comune tra le diverse identificazioni รจ il carattere profetico attribuito a Gesรน. Anzitutto, Giovanni il Battista, che Gesรน stesso riconosceva come profeta, anzi come โ€œpiรน di un profetaโ€ (Mt 11,9), come il precursore del messia (Mt 11,10). Matteo annota che la folla considerava Giovanni โ€œun profetaโ€ (Mt 14,5; 21,26). Certamente, identificando Gesรน nel Battista, si supponeva che Giovanni fosse risorto, poichรฉ Erode lโ€™aveva messo giร  a morte (Mt 14,3-12). Questa identificazione era anche lโ€™opinione di Erode che diceva di Gesรน: โ€œCostui รจ Giovanni il Battista. รˆ risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigiโ€ (Mt 14,2). Quanto a Elia, la tradizione biblica ne faceva il precursore della venuta del Signore (Ml 3,23; Sir 48,10) e Gesรน lโ€™ha identificato nel Battista (Mt 11,14; 17,10-13). Solo in Matteo si trova il riferimento a Geremia. Questi รจ stato il profeta che ha vissuto una vera e propria passione, soffrendo molto a causa della casta sacerdotale e molto ha patito a Gerusalemme. Forse dunque nel riferimento a Geremia in rapporto a Gesรน si cela lโ€™allusione alla vicenda di contraddizione e sofferenza che attenderร  il Figlio dellโ€™uomo nel suo cammino che troverร  in Gerusalemme la tappa decisiva (cf. Mt 16,21). Per altri, infine, Gesรน รจ semplicemente un profeta, un profeta come un altro. Ma tutte queste parole restano in superficie, e Gesรน stesso non se ne soddisfa. Soprattutto รจ interessato a sapere ciรฒ che di lui hanno compreso i suoi discepoli.

Alla seconda domanda di Gesรน risponde Pietro: โ€œTu sei il Cristo, il Figlio del Dio viventeโ€. Pietro riprende la confessione dei discepoli che erano sulla barca โ€œDavvero tu sei Figlio di Dioโ€ (Mt 14,33); vi premette la confessione messianica, โ€œTu sei il Cristoโ€ e vi aggiunge lโ€™aggettivo โ€œviventeโ€. Pietro riprende dal Primo Testamento lโ€™espressione che definisce il Dio dโ€™Israele come il โ€œDio viventeโ€ (cf. Dt 5,26; Os 2,1) e unificando confessione messianica e riconoscimento di divinitร  compone un titolo unico, tipicamente cristiano, in cui emerge la centralitร  di Gesรน quale manifestazione della pienezza della vita che viene da Dio. Pietro riconosce in Cristo colui che rende vivente Dio nella sua esistenza. Pietro, la pietra che stava affondando nelle acque del mar di Galilea appesantito dalla poca fede e dai dubbi su chi fosse veramente Gesรน (โ€œSe sei tuโ€: Mt 14,28), ora diviene pietra viva (cf. 1Pt 2,5) grazie alla fede, e a una fede che รจ per grazia, per rivelazione, come Gesรน stesso gli dichiarerร  (Mt 16,17). Dal โ€œSe sei tuโ€ al โ€œTu sei il Cristo, il Figlio del Dio viventeโ€ si verifica un passaggio non dovuto a evoluzione di intelligenza, ma al dono di Dio. Gesรน infatti, replica a Pietro proclamandone la beatitudine in quanto depositario di una rivelazione dallโ€™alto. Gesรน riconosce che Pietro si รจ fatto ricettacolo della rivelazione di Dio. La confessione di Pietro รจ sotto il segno della gratuitร , non del merito. E che Gesรน chiami Pietro con lโ€™espressione aramaica che contiene il patronimico, โ€œSimone figlio di Gionaโ€ (Mt 16,17), e poi usi la formula ebraica โ€œcarne e sangueโ€ indica che questa rivelazione si รจ depositata sullโ€™umana debolezza di Pietro, sulla sua umanitร  fragile e povera. In quanto destinatario della rivelazione divina, Pietro รจ uno dei piccoli oggetto della benevolenza e del compiacimento divino. La beatitudine rivolta a Pietro fa eco alla lode rivolta da Gesรน al Padre โ€œperchรฉ ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le ha rivelate ai piccoliโ€ (cf. Mt 11,25).

Questa proclamazione rivolta a Pietro sta alla base dellโ€™affermazione riguardante la chiesa (Mt 16,18). La chiesa nasce dalla grazia e dal dono di Dio. Una grazia e un dono di cui Pietro ha fatto lโ€™esperienza in prima persona. La saldezza di Pietro si accompagna alla coscienza della sua fragilitร  e debolezza, che non gli sono certamente tolte, come apparirร  dal prosieguo della narrazione evangelica: lโ€™ultima menzione di Pietro nel primo vangelo ce lo mostra tra le lacrime dopo il suo triplice rinnegamento (Mt 26,75). Pietro, qui gratificato (in senso etimologico) di una beatitudine a lui nominalmente rivolta, non sarร  piรน nominato da Matteo nei racconti delle apparizioni del Risorto. La figura di Pietro rimane con tutta la sua ambivalenza che porta Gesรน a dichiararlo roccia e pietra di scandalo, destinatario di rivelazione del Padre e Satana (Mt 16,23). Lโ€™affermazione che le porte degli inferi non prevarranno sulla chiesa, esprime il fatto che la chiesa, costruzione operata da Cristo stesso e fondata sulla sua resurrezione, prolunga la vita di Gesรน che, risorto dai morti, dona speranza a tutti gli uomini. Lโ€™apertura al dono di Dio consente alla chiesa di contrastare lโ€™azione delle forze del male, facendo spazio alla potenza di Cristo mediante la fede. La chiesa vive della promessa di Cristo. Infine Gesรน parla delle chiavi del Regno consegnate a Pietro e del suo potere di sciogliere e legare (Mt 16,19). Queste parole designano Gesรน come colui che determina i criteri dellโ€™azione ecclesiale. Le โ€œchiaviโ€ designano autoritร  (cf. Is 22,22). Gesรน รจ il Signore e le detiene e le consegna a colui che lo riconosce affidandogli, in questo modo, lโ€™autoritร  di insegnare in modo conforme alla sua parola. Se i farisei hanno portato via la chiave della conoscenza impedendo lโ€™ingresso nel Regno a chi avrebbe voluto entrarvi (cf. Lc 11,52), le chiavi del Regno che Gesรน consegna sono essenziali per far entrare tutte le genti nel Regno: โ€œAndate e fate discepoli tutti i popoli โ€ฆ insegnando loro a osservare tutto ciรฒ che vi ho comandatoโ€ (Mt 28,19). Il potere delle chiavi si accompagna poi a quello di sciogliere e legare, ovvero di proibire o permettere, in campo disciplinare e dottrinale. E diviene in particolare, nello spazio ecclesiale, il potere di rimettere i peccati, vero potere che narra la potenza della resurrezione.

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A cura di: Luciano Manicardi
Fonte: Monastero di Bose


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