Diventiamo โpaneโ per il prossimo
Il brano della moltiplicazione dei pani e dei pesci โ che รจ il miracolo piรน citato nei vangeli, in tutto sei volte per le due moltiplicazioni โ contiene innanzitutto altri miracoli che alla prima lettura sfuggono.
Il primo consiste nel fatto che Gesรน, certamente triste per la morte del Battista, vuole stare solo nel desertoย dove, al suo arrivo, trova cinquemila persone. Il miracolo รจ che una folla esce dalla cittร di corsa per andare in quel luogo e incontrare Dio; scena che richiama lโEsodo in cui un popolo affronta il deserto per seguire la voce di Dio. E, sul far della sera, i cinquemila sono ancora lรฌ: il miracolo รจ una presenza โ quella di Gesรน โ che fa dimenticare il tempo e lo spazio. Seguirร , quindi, il miracolo vero e proprio della moltiplicazione dei pani e dei pesci: un miracolo di condivisione in cui la sfiducia di chi ha poco pane โ il โmioโ pane โ cederร alla richiesta di chi gli chiede di donare quel poco affinchรฉ diventi il โnostroโ pane.
ยซPreseโฆ alzรฒ gli occhiโฆ recitรฒ la benedizioneโฆ spezzรฒ e diedeยป (cfr. Mt 14,19): sono i gesti che rimandano alla consacrazione eucaristica. Qui, Gesรน prefigura lโeucarestia come mistero di comunione: il miracolo della moltiplicazione avviene nel momento in cui Egli, ricevuto il dono per tutti, si identifica con esso, dona e si dona. Quel pane e quei pesci, da semplice cibo, si trasformano in amore che dona la vita.
Infine, dopo che tutti sono stati sfamati, le dodici ceste sono ancora miracolosamente piene: รจ lโemblema della caritร , nella quale non manca mai nulla, tutti si saziano e nulla si spreca. Al riguardo Isaia, nella prima lettura, ammonisce chi spreca, chi disperde risorse per ciรฒ che non sazia.
Cambiando prospettiva, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci richiama alla dinamica relazionale in cui avremmo potuto dare noi da mangiare ma ci siamo scansati, abbiamo tirato dritto o ci siamo eclissati. Il โdare da mangiareโ puรฒ avere ovviamente molti significati: quello di offrire del cibo a qualcuno, come anche del denaro; oppure puรฒ essere riferito al mettere a disposizione il proprio tempo, il proprio ascolto, la propria comprensione, la propria compassione, la propria competenzaโฆ insomma dare del proprio, qualunque cosa sia.
Perchรฉ ci scansiamo ai problemi altrui? Perchรฉ non affrontiamo la โfameโ degli altri? Forse perchรฉ abbiamo paura di non essere allโaltezza o ci sentiamo oppressi da qualcosa che temiamo possa soverchiarci. Quando temiamo di non avere risorse sufficienti, Gesรน ci rimanda a questo episodio evangelico, in cui afferma che possiamo soddisfare la fame altrui, affrontare i problemi del prossimo partendo da quel poco che abbiamo; che sarร sempre poco finchรฉ rimarrร nella nostra bisaccia. Un seme finchรฉ non viene sotterrato non germoglierร e non darร frutto.
La frase chiave รจ: ยซPortatemeli quiยป, pronunciata da Gesรน in riferimento ai cinque pani e due pesci (Mt 14,18). Questo avvenimento รจ la storia della Chiesa; รจ lโesperienza di un poco che, nelle mani di Cristo, diventa tanto; ed รจ anche lโesperienza di apertura per entrare nel problema dellโaltro.
Mi rendo conto che nel sacerdozio davvero quel poco fatto in nome di Gesรน puรฒ generare il molto che va assolutamente oltre i nostri meriti. Le piccole risorse che abbiamo, i piccoli numeri che possediamo Cristo li sa spezzare, li sa benedire, li sa cambiare in una moltitudine.
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Noi crediamo di sapere chi siamo, ma lo ignoriamo sino a quando a noi si unisce lo Spirito Santo, il fattore di moltiplicazione che il mondo non conosce.
Commento di don Luciano Condina
Fonte – Arcidiocesi di Vercelli
