Se vogliamo essere beati abbiamo un comandamento a cui porre attenzione: non giudicate. Un comandamento da rivolgere verso noi stessi prima e verso il prossimo poi. La non attenzione a questo comandamento diventa, presto o tardi, un comandamento che noi rivolgiamo verso Dio stesso.
Il potere che noi vogliamo mettere in campo con le opere religiose prima e con lโuso dei beni poi (capitolo sesto di Matteo), noi lo mettiamo in campo come volontร di potere sullโaltro nel vangelo odierno.
Spontaneamente, dentro di noi, noi giudichiamo e nel giudizio misuriamo lโaltro col nostro metro. Quando parliamo con lui, invece di ascoltarlo, filtriamo ciรฒ che dice con i nostri pregiudizi. Se poi parliamo di lui con altri il nostro sport preferito รจ il tiro al bersaglio.
Quanto del nostro conversare รจ un giudicare! Giudicare o discernere? Questo รจ il problema.
Quale รจ il punto di partenza, รจ lโaltro problema. Giudicare significa separare, setacciando o vagliando. Noi giudichiamo e separiamo utilizzando il setaccio. Il setaccio trattiene ciรฒ che รจ da buttare e lascia cadere ciรฒ che รจ da trattenere. Cosรฌ lasciamo perdere il bene e ricordiamo il male, crocifiggendo al palo dei suoi errori lโaltro.
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Il giudizio di Dio รจ un giudizio che utilizza il vaglio, il vaglio della croce. Il vaglio trattiene il bene e lascia perdere il resto. Questo รจ possibile solo se, con la croce, noi portiamo con Lui su di noi il male restituendo il bene.
Questo modo di giudicare, di vagliare, mi permette di vedere ciรฒ che vede Dio. Lโuomo vive o muore del giudizio altrui. Uno รจ come รจ visto: lโocchio buono รจ una porta di luce che accoglie e fa vivere. Lโocchio cattivo รจ una lama di ferro che penetra e uccide.
Il mio giudizio sul fratello, giudizio che parte da me: il limite รจ provocato ad uscire allo scoperto da ciรฒ che vedo nellโaltro come un richiamo che usa il cacciatore per richiamare gli uccelli da cacciare, รจ sempre un mio male: con esso condanno Dio che ha detto di non giudicare.
Dio vede lโuomo molto buono fin dalla creazione perchรฉ nellโuomo rispecchia la sua bontร . Solo rispecchiando la nostra bontร in Lui noi possiamo vedere lโaltro come buono.
In tale relazione di giudizio ciรฒ che viene messo in campo รจ la mia relazione col Padre in quanto figlio e con lโaltro in quanto fratello. Se mi interessa lโessere figlio e lโessere fratello non posso giudicare. Il problema non รจ solo sbagliare, ma รจ anche annullare la nostra natura. Chi non giudica salva lโaltro come fratello e se stesso come figlio: รจ questione di prioritร .
Non giudicare significa partire dalla stima anzichรฉ dalla disistima. La stima รจ incarnazione della paternitร di Dio e della nostra figliolanza. La stima รจ fare allโaltro ciรฒ che voglio sia fatto a me. La stima come punto di partenza รจ mettere il dono della croce come vaglio per amare il prossimo facendo forza sulle sue fondamenta buone. La disistima รจ mettere la pagliuzza dellโocchio dellโaltro come trave che blocca ogni capacitร di vedere e di cogliere al di lร delle apparenze ciรฒ che realmente cโรจ.
Dunque il mio giudizio sullโaltro condiziona negativamente lโaltro. Il giudizio sullโaltro inoltre si rivolge contro di me. Il mio giudizio pre-giudica lโaltro e giudica me stesso: lโaltro tende a diventare come io lo vedo e io sono come vedo lโaltro.
Non giudicare significa essere come il Padre che accetta incondizionatamente il figlio. Non giudicare significa mettersi nella condizione di vedere il volto del Padre dentro di noi e sul volto del fratello. Col giudizio ci neghiamo questa beatitudine.
AUTORE: p. Giovanni Nicoliย
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