LETTERA DEL SANTO PADRE AI SACERDOTI DELLA DIOCESI DI ROMA
Cari fratelli,
in questo tempo pasquale pensavo di incontrarvi e celebrare insieme la Messa Crismale. Non essendo possibile una celebrazione di carattere diocesano, vi scrivo questa lettera. La nuova fase che iniziamo ci chiede saggezza, lungimiranza e impegno comune, in modo che tutti gli sforzi e i sacrifici fatti finora non siano vani.
Durante questo tempo di pandemia, molti di voi hanno condiviso con me, per posta elettronica o telefono, che cosa significava questa situazione imprevista e sconcertante. Cosรฌ, senza poter uscire nรฉ avere un contatto diretto, mi avete permesso di conoscere โdi prima manoโ ciรฒ che stavate vivendo. Questa condivisione ha nutrito la mia preghiera, in molti casi per ringraziare della testimonianza coraggiosa e generosa che ricevevo da voi; in altri, era la supplica e lโintercessione fiduciosa nel Signore che sempre tende la sua mano (cfr Mt 14,31). Sebbene fosse necessario mantenere il distanziamento sociale, questo non ha impedito di rafforzare il senso di appartenenza, di comunione e di missione che ci ha aiutato a far sรฌ che la caritร , specialmente con le persone e le comunitร piรน svantaggiate, non fosse messa in quarantena. Ho potuto constatare, in quei dialoghi sinceri, che la necessaria distanza non era sinonimo di ripiegamento o chiusura in sรฉ che anestetizza, addormenta e spegne la missione.
Incoraggiato da questi scambi, vi scrivo perchรฉ voglio essere piรน vicino a voi per accompagnare, condividere e confermare il vostro cammino. La speranza dipende anche da noi e richiede che ci aiutiamo a mantenerla viva e operante; quella speranza contagiosa che si coltiva e si rafforza nellโincontro con gli altri e che, come dono e compito, ci รจ data per costruire la nuova โnormalitร โ che tanto desideriamo.
Vi scrivo guardando alla prima comunitร apostolica, che pure visse momenti di confinamento, isolamento, paura e incertezza. Trascorsero cinquanta giorni tra lโimmobilitร , la chiusura, e lโannuncio incipiente che avrebbe cambiato per sempre la loro vita. I discepoli, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano per paura, furono sorpresi da Gesรน che ยซstette in mezzo e disse loro: โPace a voi!โ. Detto questo, mostrรฒ loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesรน disse loro di nuovo: โPace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voiโ. Detto questo, soffiรฒ e disse loro: โRicevete lo Spirito Santoโยป (Gv 20,19-22). Che anche noi ci lasciamo sorprendere!
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ยซMentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timoreยป (Gv 20,19)
Oggi come ieri sentiamo che ยซle gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini dโoggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi รจ di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuoreยป (Gaudium et spes, 1). Come conosciamo bene tutto questo! Tutti abbiamo ascoltato i numeri e le percentuali che giorno dopo giorno ci assalivano; abbiamo toccato con mano il dolore della nostra gente. Ciรฒ che arrivava non erano dati lontani: le statistiche avevano nomi, volti, storie condivise. Come comunitร presbiterale non siamo stati estranei a questa realtร e non siamo stati a guardarla alla finestra; inzuppati dalla tempesta che infuriava, voi vi siete ingegnati per essere presenti e accompagnare le vostre comunitร : avete visto arrivare il lupo e non siete fuggiti nรฉ avete abbandonato il gregge (cfr Gv 10,12-13).
Abbiamo patito la perdita repentina di familiari, vicini, amici, parrocchiani, confessori, punti di riferimento della nostra fede. Abbiamo visto i volti sconsolati di coloro che non hanno potuto stare vicino e dire addio ai propri cari nelle loro ultime ore. Abbiamo visto la sofferenza e lโimpotenza degli operatori sanitari che, sfiniti, si esaurivano in interminabili giornate di lavoro preoccupati di soddisfare cosรฌ tante richieste. Tutti abbiamo sentito lโinsicurezza e la paura di lavoratori e volontari che si esponevano quotidianamente perchรฉ i servizi essenziali fossero assicurati; e anche per accompagnare e prendersi cura di coloro che, a causa della loro esclusione e vulnerabilitร , subivano ancora di piรน le conseguenze di questa pandemia. Abbiamo ascoltato e visto le difficoltร e i disagi del confinamento sociale: la solitudine e lโisolamento soprattutto degli anziani; lโansia, lโangoscia e il senso di non-protezione di fronte allโincertezza lavorativa e abitativa; la violenza e il logoramento nelle relazioni. La paura ancestrale del contagio รจ tornata a colpire con forza. Abbiamo condiviso anche le angoscianti preoccupazioni di intere famiglie che non sanno cosa mettere nei piatti la prossima settimana.
Abbiamo sperimentato la nostra stessa vulnerabilitร e impotenza. Come il forno prova i vasi del vasaio, cosรฌ siamo stati messi alla prova (cfr Sir 27,5). Frastornati da tutto ciรฒ che accadeva, abbiamo sentito in modo amplificato la precarietร della nostra vita e degli impegni apostolici. Lโimprevedibilitร della situazione ha messo in luce la nostra incapacitร di convivere e confrontarci con lโignoto, con ciรฒ che non possiamo governare o controllare e, come tutti, ci siamo sentiti confusi, impauriti, indifesi. Viviamo anche quella rabbia sana e necessaria che ci spinge a non farci cadere le braccia di fronte alle ingiustizie e ci ricorda che siamo stati sognati per la Vita. Come Nicodemo, di notte, sorpresi perchรฉ ยซil vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene nรฉ dove vaยป, ci siamo chiesti: ยซCome puรฒ accadere questo?ยป; e Gesรน ci ha risposto: ยซTu sei maestro dโIsraele e non conosci queste cose?ยป (cfr Gv 3,8-10).
La complessitร di ciรฒ che si doveva affrontare non tollerava ricette o risposte da manuale; richiedeva molto piรน di facili esortazioni o discorsi edificanti, incapaci di radicarsi e assumere consapevolmente tutto quello che la vita concreta esigeva da noi. Il dolore della nostra gente ci faceva male, le sue incertezze ci colpivano, la nostra comune fragilitร ci spogliava di ogni falso compiacimento idealistico o spiritualistico, come pure di ogni tentativo di fuga puritana. Nessuno รจ estraneo a tutto ciรฒ che accade. Possiamo dire che abbiamo vissuto comunitariamente lโora del pianto del Signore: abbiamo pianto davanti alla tomba dellโamico Lazzaro (cfr Gv 11,35), davanti alla chiusura del suo popolo (cfr Lc 13,14; 19,41), nella notte oscura del Getsemani (cfr Mc 14,32-42; Lc 22,44). ร anche lโora del pianto del discepolo davanti al mistero della Croce e del male che colpisce tanti innocenti. ร il pianto amaro di Pietro dopo il rinnegamento (cfr Lc 22,62), quello di Maria Maddalena davanti al sepolcro (cfr Gv 20,11).
Sappiamo che in tali circostanze non รจ facile trovare la strada da percorrere, e nemmeno mancheranno le voci che diranno tutto quello che si sarebbe potuto fare di fronte a questa realtร sconosciuta. I nostri modi abituali di relazionarci, organizzare, celebrare, pregare, convocare e persino affrontare i conflitti sono stati modificati e messi in discussione da una presenza invisibile che ha trasformato la nostra quotidianitร in avversitร . Non si tratta solo di un fatto individuale, familiare, di un determinato gruppo sociale o di un Paese. Le caratteristiche del virus fanno scomparire le logiche con cui eravamo abituati a dividere o classificare la realtร . La pandemia non conosce aggettivi, confini e nessuno puรฒ pensare di cavarsela da solo. Siamo tutti colpiti e coinvolti.
La narrativa di una societร della profilassi, imperturbabile e sempre pronta al consumo indefinito รจ stata messa in discussione, rivelando la mancanza di immunitร culturale e spirituale davanti ai conflitti. Una serie di vecchi e nuovi interrogativi e problemi (che molte regioni ritenevano superati e consideravano cose del passato) hanno occupato lโorizzonte e lโattenzione. Domande che non troveranno risposta semplicemente con la riapertura delle varie attivitร ; piuttosto sarร indispensabile sviluppare un ascolto attento ma pieno di speranza, sereno ma tenace, costante ma non ansioso che possa preparare e spianare le strade che il Signore ci chiama a percorrere (cfr Mc 1,2-3). Sappiamo che dalla tribolazione e dalle esperienze dolorose non si esce uguali a prima. Dobbiamo essere vigilanti e attenti. Il Signore stesso, nella sua ora cruciale, pregรฒ per questo: ยซNon prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Malignoยป (Gv 17,15). Esposti e colpiti personalmente e comunitariamente nella nostra vulnerabilitร e fragilitร e nei nostri limiti, corriamo il grave rischio di ritirarci e di stare a โrimuginareโ la desolazione che la pandemia ci presenta, come pure di esasperarci in un ottimismo illimitato, incapace di accettare la reale dimensione degli eventi (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 226-228).
Le ore di tribolazione chiamano in causa la nostra capacitร di discernimento per scoprire quali sono le tentazioni che minacciano di intrappolarci in unโatmosfera di sconcerto e confusione, per poi farci cadere in un andazzo che impedirร alle nostre comunitร di promuovere la vita nuova che il Signore Risorto ci vuole donare. Sono diverse le tentazioni, tipiche di questo tempo, che possono accecarci e farci coltivare certi sentimenti e atteggiamenti che non permettono alla speranza di stimolare la nostra creativitร , il nostro ingegno e la nostra capacitร di risposta. Dal voler assumere onestamente la gravitร della situazione, ma cercando di risolverla solo con attivitร sostitutive o palliative aspettando che tutto ritorni alla โnormalitร โ, ignorando le ferite profonde e il numero di persone cadute nel frattempo; fino al rimanere immersi in una certa paralizzante nostalgia del recente passato che ci fa dire โniente sarร piรน come primaโ e ci rende incapaci di invitare gli altri a sognare e ad elaborare nuove strade e nuovi stili di vita.
ยซVenne Gesรน, stette in mezzo e disse loro: โPace a voi!โ. Detto questo, mostrรฒ loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesรน disse loro di nuovo: โPace a voi!โยป (Gv 20,19-21).
Il Signore non ha scelto o cercato una situazione ideale per irrompere nella vita dei suoi discepoli. Certamente avremmo preferito che tutto ciรฒ che รจ accaduto non fosse successo, ma รจ successo; e come i discepoli di Emmaus, possiamo anche continuare a mormorare rattristati lungo la strada (cfr Lc 24,13-21). Presentandosi nel Cenacolo a porte chiuse, in mezzo allโisolamento, alla paura e allโinsicurezza in cui vivevano, il Signore รจ stato in grado di trasformare ogni logica e dare un nuovo significato alla storia e agli eventi. Ogni tempo รจ adatto per lโannuncio della pace, nessuna circostanza รจ priva della sua grazia. La sua presenza in mezzo al confinamento e alle assenze forzate annuncia, per i discepoli di ieri come per noi oggi, un nuovo giorno capace di mettere in discussione lโimmobilitร e la rassegnazione e di mobilitare tutti i doni al servizio della comunitร . Con la sua presenza, il confinamento รจ diventato fecondo dando vita alla nuova comunitร apostolica.
Diciamolo con fiducia e senza paura: ยซDove abbondรฒ il peccato, sovrabbondรฒ la graziaยป (Rm 5,20). Non temiamo gli scenari complessi che abitiamo perchรฉ lรฌ, in mezzo a noi, cโรจ il Signore; Dio ha sempre compiuto il miracolo di generare buoni frutti (cfr Gv 15,5). La gioia cristiana nasce proprio da questa certezza. In mezzo alle contraddizioni e allโincomprensibile che ogni giorno dobbiamo affrontare, sommersi e persino storditi da tante parole e connessioni, si nasconde la voce del Risorto che ci dice: ยซPace a voi!ยป.
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