La liturgia ci ripropone il vangelo di ieri, quasi a ricordarci di non dimenticare quelle parole che si sono riassunte in un unico comandamento: amare …come Lui ci ha amato. Gesù sottolinea che è il SUO comandamento, per contrapporlo a quelli di Mosè. Mosè, molto tempo prima di Gesù, aveva manifestato al popolo di Israele due comandamenti in particolare nel Deuteronomio: “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo.
Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze (Dt 6,4-5). E nel Levitico: “ Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19, 18). Ma conoscere i comandamenti e metterli in pratica sono due cose diverse. Infatti, spesso sappiamo cosa dovremmo fare e come dovremmo comportarci, ma siamo incapaci di essere coerenti quando è il momento di passare dalla teoria alla pratica.
Sappiamo che dobbiamo essere buoni e caritatevoli con tutti, ma quando ci troviamo di fronte a certe persone o a certi modi, i nervi saltano, la carità va a farsi benedire, il nervosismo e la scontrosità prevalgono. Sembra quasi che le leggi di Mosè siano stati fatte apposta per evidenziare la nostra incapacità di metterli in pratica. Sarà questo il caso anche con il comandamento di Gesù?? No! Perché il comandamento di Gesù non è una legge ma dovrebbe essere una conseguenza dell’esperienza dell’amore che Lui ha fatto sentire a noi.
Chi ama, infatti, è pronto a donare tutto, la sua stessa vita per la persona amata, senza falsi e rimbombanti eroismi, ma nel silenzio e nella gioia. Gesù non ci ha chiamato per essere suoi servi, ci ricorda il vangelo, ossia persone che aspettano di ricevere ordini e che devono aspettare umiliazioni e sofferenze. Gesù ci chiama ‘amici’ ma se non conosciamo il valore della vera amicizia, mi chiedo se saremo in grado di comprendere il suo invito a condividere quello che Lui ci sa donare ogni giorno.
p. Arturo MCCJ
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Fonte: Telegram
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