Non neghiamocelo: quante volte abbiamo considerato gli apostoli come persone ยซlente di cuoreยป (cf. Lc 24, 25); quante volte abbiamo reputato sconsiderati i discepoli di Gesรน, ovvero coloro che ebbero la grazia di ascoltare direttamente la sua voce.
Come potevano non comprendere il dono della sua persona e della sua parola? โ ci fossimo stati noi, invece: altro che quellโottuso di Clรจopaโฆ
E come se non bastasse, ci si mette anche il Vangelo odierno ad infierire: ยซGesรน disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loroยป (Gv 10, 6).
Tuttavia, dato che lo scrivente non รจ certamente piรน acuto di Clรจopa (beato quel lettore che: ยซโ ci fossi stato ioโฆยป), mica รจ poi tutto cosรฌ chiaro nelle parole odierne di Gesรน.
Infatti, se leggiamo o ascoltiamo attentamente le righe del Vangelo di oggi, una domanda la faremmo anche noi al Maestro: ยซMa tu sei il pastore o la porta?ยป.
In effetti, sembra che Gesรน faccia quasi apposta a confondere le idee.
Invero, nella prima parte della pericope (Gv 10, 1-5) Egli appare chiaramente come il pastore. Nondimeno, nei versetti seguenti (Gv 10, 7-10) Gesรน stesso si definisce ยซla portaยป.
Da tutto ciรฒ un ragionamento.
Se nelle prime righe รจ facilmente comprensibile che Gesรน รจ il pastore, perchรฉ mai i suoi discepoli ยซnon capirono di che cosa parlava loroยป?
E se Gesรน รจ il pastore, come mai, a seguito della richiesta di chiarimento della similitudine, Egli dice di sรฉ stesso: ยซIo sono la portaยป?
Piaceva forse a Gesรน divertirsi coi giochi di parole? Oppure i discepoli sapevano che le pronunce del Maestro celavano sempre dei sensi taciuti, ragion per cui chiesero probabilmente spiegazioni al Maestro?
A seguito di quanto, sono da osservare due note.
ร possibile che il versetto di Gv 10, 6 (ยซGesรน disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loroยป) possa essere unโinterpolazione dellโAutore Sacro (cf. Gv 2, 21 ยซMa egli parlava del tempio del suo corpoยป); nondimeno, se continuassimo a leggere il capitolo 10 secondo Giovanni, nel versetto 11 Gesรน si definisce proprio ed esattamente: ยซIo sono il buon pastoreยป.
Ma allora: cosโรจ tutta questa confusione? Ovvero: siamo proprio certi che solo Clรจopa fosse stolto?
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Ebbene, lasciando al perito lettore la facoltร di scegliere tra ยซportaยป e ยซpastoreยป (e se non ci fosse alcuna scelta da fare?), vogliamo, invece, cogliere qualche particolaritร presente nel greco del Vangelo odierno.
Come abbiamo detto altre volte, una lingua puรฒ esprimere significati e veicolare concetti anche coi propri suoni (cf. COSPARSE DI PROFUMO).
Di ciรฒ dato atto, nella pericope odierna ci sono alcuni vocaboli che sono perfettamente in rima tra loro:
ยซIn veritร [โฆ] recinto [โฆ] pastore [โฆ] voce [โฆ] pascolo [โฆ] vitaยป.
Chiaramente in italiano non si capisce, ma nel greco originale del testo sono:
ยซamรจn [โฆ] aulรจn [โฆ] poimรฉn [โฆ] fonรจn [โฆ] nomรจn [โฆ] zoรจnยป.
Tecnicamente lโuso della rima indica una connessione, un legame tra piรน parole, concetti, espressioni. Ebbene, basterebbero questi termini per comprendere il senso pieno del Vangelo di oggi, dato che ne rappresentano puntualmente lโossatura; ed รจ assai interessante rilevare come aulรจn (ยซrecintoยป) tecnicamente non alluda ad una ยซprigioniaยป, ma valga puntualmente ยซatrioยป, ovvero ยซingresso/portaยป.
Ecco, allora, che ยซpastoreยป e ยซportaยป non sono poi cosรฌ diversi, poichรฉ entrambi sono lโยซingressoยป alla salvezza e la vita.
Tuttavia lasciarsi corrompere dai termini sopra elencati รจ molto facile, e in tali sottigliezze si insinua il maligno: ยซMa quale vita. Il pastore altro non รจ che un tiranno! โ Ma quale salvezza. La porta รจ impedimento ad ogni liberta; รจ la fine! รจ la morte!ยป.
A tal proposito, รจ rilevante approfondire ancora un poโ il testo evangelico e penetrare in altre particolaritร .
In greco esiste un termine, ovvero poรญmnรจ.
Esso significa precisamente ยซgreggeยป, tanto รจ vero che deriva esattamente proprio dal giร citato poimรฉn (ยซpastoreยป).
Tuttavia, nella pericope di questa domenica il sostantivo poรญmnรจ (ยซgreggeยป), che sarebbe stato perfettamente adatto per contesto, semantica e lessico, non viene mai usato (nel capitolo 10 secondo Giovanni lo si troverร una sola volta al versetto 16: ยซE ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastoreยป. Cf. Sal 100); viene invece adoperato il termine prรณbaton, ovvero ยซpecoraยป.
Come maiโฆ
Ebbene, osserviamo una prima specificazione.
Il ยซgreggeยป รจ un gruppo di pecore sotto la custodia effettiva di un pastore.
Dire ยซpecoraยป, invece, non implica necessariamente la presenza del pastore. Certo, la pecora cerca, ricerca, un pastore; รจ insita nella sua natura la necessitร di un pastore, ma non รจ detto che ce lโabbia. Puรฒ, infatti, capitare che la pecora venga rubata; o che si allontani dal gregge e si smarrisca.
Data questa premessa, sono poi le stesse parole a dare dimostrazione di quanto appena detto.
Infatti, poรญmnรจ (ยซgreggeยป) รจ allacciato in tutto e per tutto a poimรฉn (ยซpastoreยป), tanto a livello semantico, quanto per il fatto che entrambi i termini sono esattamente composti dalle stesse lettere, le quali vanno quasi reciprocamente ad annodarsi, a confondersi e a incastrarsi, a moโ di vicendevole abbraccio. In un certo senso, questo sembra quasi voler significare che tra gregge e pastore cโรจ profondissima simbiosi, cโรจ richiamo fortissimo, quasi che non possano non attrarsi; anche per il fatto che nellโuno cโรจ scritto esattamente lโaltro.
Cosa accade, invece, per prรณbaton (ยซpecoraยป)?
Tale termine non ha alcun legame con poรญmnรจ (ยซgreggeยป) e poimรฉn (ยซpastoreยป), nรฉ semasiologico, nรฉ grafico. Difatti il nome prรณbaton (ยซpecoraยป) deriva dal verbo probaรญno che significa ยซandare-innanziยป.
Cosa intende, quindi, prรณbaton?
Tale sostantivo significa e manifesta (al contrario del gregge, il quale ce lo ha il suo pastore) la fortissima urgenza di avere una guida.
Ebbene, se poรญmnรจ (ยซgreggeยป) e poimรฉn (ยซpastoreยป) non possono far altro che attrarsi, data anche la loro simiglianza lessicale, a chi assomiglia, invece, prรณbaton (ยซpecoraยป)? Ovvero, quale termine possiede quella prossimitร tale da attrarre e richiamare prรณbaton (ยซpecoraยป)?
Nel testo evangelico di oggi cโรจ un verboโฆ
Orbene, anche se il pastore smania per la pecora, e tiene per lei spalancata la porta di ingresso nel suo gregge, la prรณbaton (ยซpecoraยป), invece, rischia fortemente di cadere attirata dal richiamo di un tranello.
A calamitarla, difatti, รจ un verbo, che rappresenta, al cospetto dellโurgenza della pecora, una letale guida.
E questo verbo la adesca proprio in virtรน della reciproca e fortissima somiglianza: anabaรญnon (ยซIn veritร , in veritร io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale (anabaรญnon) da unโaltra parte, รจ un ladro e un briganteยป (Gv 10, 1).
Infatti pro-baรญno e ana-baรญnon sono esattamente lo stesso verbo (baรญno), nel quale cambia solo la preposizione (sottile il demonioโฆ).
Ecco, quindi, dove si gioca la partita della vita e della salvezza.
Il Signore, sa che siamo prรณbaton; conosce che in noi รจ forte lโurgenza di avere una guida; vede che siamo morbosamente e visceralmente attratti da anabaรญnon (e tutto ciรฒ lo intende anche il maligno, il ladro-brigante, lโanabaรญnon per antonomasia), ma ci invita ad essere accorti; ci invita a non cadere nelle trappole scimmiottanti e nei sottili inganni del demonio; ci invita a non rigettare lโingresso nel suo cortile di Libertร , preferendo i chiodi del vacuo libertinaggio; ci chiama alla conversione da pecora in gregge; ci chiama a non temere la porta del suo recinto, poichรฉ la sua porta รจ la Salvezza, e il suo recinto รจ la Vita.
ยซCome puรฒ esserci libertร nel recinto?ยป sussurra infimo lโanabaรญnon alla prรณbaton.
Ma la Libertร , invero, non รจ nellโassenza di limiti, ma nella reciproca appartenenza (dove ognuno รจ libero grazie al limite di ciascuno); cosรฌ come sciolti ma annodati sono poรญmnรจ (ยซgreggeยป) e poimรฉn (ยซpastoreยป).

