Luciano Manicardi, Commento al Vangelo di domenica 5 Aprile 2020

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La grande forza di un Messia mite

Con la domenica delle Palme, il tempo di Quaresima sfocia nel tempo della Passione. E noi, con questa domenica, entriamo nella settimana santa in cui seguiremo nella fede il cammino percorso da Gesรน nellโ€™ultima fase della sua vita, negli ultimi giorni della sua esistenza. E questo cammino inizia proprio con lโ€™ingresso di Gesรน a Gerusalemme, la cittร  santa: questโ€™anno lo ascoltiamo nella versione di Matteo, che lo pone sotto il segno del compimento della parola profetica (cf. Mt 21,4-5). La citazione di Zc 9,9 colloca Gesรน sulla scia del re โ€œgiusto, salvato e umileโ€ (secondo il testo ebraico) di cui parla il testo profetico. Ma รจ significativo che lโ€™incipit del passo di Zaccaria, che invitava alla gioia Gerusalemme (โ€œEsulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemmeโ€), sia sostituito da Matteo con una citazione di Is 62,11: โ€œDite alla figlia di Sionโ€ (Mt 21,5a). In questo modo lโ€™ingresso di Gesรน nella cittร  diviene una parola rivolta a Sion, un annuncio che la interpella, ma a cui la cittร  stessa non risponderร  con la gioia, bensรฌ con il turbamento e la diffidenza: โ€œTutta la cittร  fu agitata, dicendo: โ€˜Chi รจ costui?โ€™โ€ (Mt 21,10). La pagina evangelica ci suggerisce che gli eventi della vita e della storia, colti alla luce della Scrittura, diventano una parola che chiede un discernimento al credente.

E il discernimento devโ€™essere particolarmente affinato per cogliere il senso di questo ingresso che appare estremamente modesto, quotidiano. Gesรน ripete un gesto altre volte compiuto: manda due discepoli davanti a sรฉ nel villaggio in cui stanno per entrare (cf. Lc 9,51-52; Lc 10,1); dร  disposizioni perchรฉ prelevino una cavalcatura; quindi, salito sullโ€™asina, entra in Gerusalemme. Gesti e parole del quotidiano, ma in questo quotidiano – dice Matteo – si compie la Scrittura. Questo testo, che viene narrato come compimento delle Scritture, come apice del cammino di Gesรน verso Gerusalemme, si presenta con tratti minimalistici. Perchรฉ questa importanza accordata a un semplice camminare, a unโ€™asina e a un puledro, allo slegarli, al condurli a Gesรน, allo spiegare ai padroni chi รจ che ne ha bisogno e che saranno prontamente restituiti? Siamo di fronte a ciรฒ a cui nessuno sfugge: il quotidiano. Nulla infatti esiste al di fuori del quotidiano. Quel quotidiano fatto di ripetitivitร , di atti sempre da rifare e di parole sempre da ridire e che ci possono logorare se non li vivifichiamo dallโ€™interno. Matteo parlerร  in 24,37-39 del quotidiano come catastrofe, come luogo di possibile naufragio, di smarrimento di sรฉ, in cui si perisce, quando parlerร  della generazione dei contemporanei di Noรจ che annegarono nella loro incoscienza (โ€œnon si accorsero di nullaโ€: Mt 24,39), nella loro non vigilanza, nel loro trascinarsi giorno dopo giorno mangiando, bevendo, lavorando, vendendo e comprando, sposandosi e generando. Prima di annegare nel diluvio, la generazione di Noรจ, stando al testo di Matteo, รจ annegata nella propria incoscienza, nella non vigilanza, nellโ€™inconsapevolezza di ciรฒ che si stava preparando. รˆ annegata in un quotidiano divenuto orizzonte totalizzante e stordente, capace di intontire e inebetire, perchรฉ vissuto senza consapevolezza. Non รจ nella profonditร  che si annega, ma nella superficialitร . La catastrofe di unโ€™esistenza si puรฒ celare nelle pieghe apparentemente innocue del quotidiano.

Il discernimento รจ richiesto anche per cogliere in profonditร  il senso di questo gesto di Gesรน. Che cosa avviene veramente? Che cosa esprime veramente Gesรน in questo modo? Che cosa Gesรน sta dicendo alla cittร  di Gerusalemme? Il testo presenta una scena di intronizzazione regale. O meglio, questa scena รจ analoga allโ€™ingresso di un re nella sua cittร  come avveniva comunemente nellโ€™antichitร . E Gesรน mostra padronanza di sรฉ e della situazione: egli ordina, comanda, dispone. Ma tutta questa autorevolezza รจ a servizio di un sentire e pensare che presiede al suo agire a che lo porta a scegliere consapevolmente la via della mitezza come sigillo caratterizzante il suo mimo profetico di ingresso regale in Gerusalemme. Infatti, Matteo cita lโ€™oracolo di Zaccaria mantenendo solamente lโ€™attributo della mitezza del re che entra nella cittร  santa e omettendo gli altri due attributi elencati in Zc 9,9. La mitezza del โ€œMessiaโ€ Gesรน (cf. Mt 11,29) consiste nella rinuncia alle prerogative regali, allโ€™uso della forza, al potere pressochรฉ illimitato, per scegliere consapevolmente la via dellโ€™inermitร , della non-violenza, del rispetto, dellโ€™agire pacifico. Se questo re รจ โ€œdeboleโ€, lo รจ grazie a una โ€œgrande forzaโ€ che ha presieduto alla sua precisa scelta: la scelta di rinunciare alla forza e al potere. Sรฌ, siamo di fronte a un gesto profetico. Entrando nella cittร  su un puledro dโ€™asina, Gesรน sta indicando la via ai suoi discepoli: la via della mitezza, della rinuncia consapevole a una forza che potrebbe schiacciare gli altri, che potrebbe prevaricare e sopraffare e che deve essere limitata per far spazio agli altri. Gesรน รจ qui un profeta che compie un mimo profetico usando la scenografia dellโ€™ingresso di un re nella sua cittร  per dire altro. La signoria che Gesรน dimostra รจ legata a questa signoria su di sรฉ che lโ€™ha portato a essenzializzare nella mitezza la vera qualitร  messianica. E che lo porta a scegliere lโ€™asino, di cui non รจ nemmeno proprietario, ma che prende a prestito promettendo di restituirlo (v. 3). E che lo porta a compiere gesti presenti nelle Scritture, ma che ovviamente prendono un significato nuovo quando divengono carne ed evento. Gesรน sta compiendo la Scrittura, sta cioรจ dando la sua carne, la sua persona, la sua voce e i suoi gesti, la sua intelligenza e le sue energie alla parola di Dio. Gesรน sta parlando con la sua vita. E la vita di una persona parla la parola di Dio solo quando obbedisce a tale parola. Lโ€™autorevolezza รจ liberata dallโ€™obbedienza. E in tale obbedienza si trova anche lโ€™infinita libertร  di Gesรน. Quella libertร  che ora lo guida a compiere questo gesto che alcuni misconoscono, che altri guardano con sufficienza e con distacco (โ€œChi รจ costui?โ€: v. 10), e subito dopo lo porta a compiere nel tempio atti che solo i bambini, nella loro semplicitร  e immediatezza, sapranno discernere nella loro portata messianica: la cacciata dei venditori e la guarigione di ciechi e storpi nel tempio (Mt 21,12-17). E proprio quei gesti che Gesรน compie con sovrana libertร , scateneranno il precipitare degli eventi che lo porteranno alla morte.

Per Matteo, non solo il cammino di Gesรน verso la cittร  diventa una parola rivolta alla cittร  stessa, ma Gesรน stesso รจ ormai solo parola, รจ realizzazione della parola della Scrittura nella sua persona, nei suoi gesti. Il Gesรน che entra in Gerusalemme รจ ormai lโ€™uomo divenuto parola di Dio, compimento della Scrittura. Potremmo dire, profeta, sรฌ (โ€œQuesti รจ il profeta Gesรนโ€: v. 11), ma anche molto di piรน di un profeta. รˆ parola che interpella. รˆ parola infinitamente libera, dotata di quella libertร  che lo guiderร  nei giorni successivi a inoltrarsi sulle vie che lo condurranno al processo e al patibolo. Dove piรน che mai Gesรน starร  nel silenzio per far udire la parola che la sua persona esprime in ogni suo gesto.

La reazione di misconoscimento e incomprensione della cittร  nei confronti di questo re che col suo agire smentisce le caratteristiche regali รจ significativa di una possibilitร  permanente per il cristiano e per la chiesa: sentire come estraneo a sรฉ proprio il Cristo rivelato dai vangeli, il Cristo povero, il Cristo mite, il Cristo che non si impone. Insomma, il Cristo che sceglie come cavalcatura non il cavallo, ma lโ€™asino. Quel โ€œChi รจ costui?โ€ della cittร  incredula, deve divenire per il cristiano e per la chiesa la controdomanda: โ€œChi sono io?โ€, โ€œQuale immagine del Signore guida la mia prassi cristiana?โ€. รˆ alla luce della mitezza diquel Messia, della povertร  diquel re, dellโ€™inermitร  diquel Veniente che i cristiani e le chiese sono chiamate a verificare la loro prassi. Il paradosso ha funzione di rivelazione, ma puรฒ divenire motivo di inciampo.

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Matteo sottolinea, piรน di tutti gli altri evangelisti, la presenza di una folla numerosa allโ€™ingresso di Gesรน in Gerusalemme: โ€œfolla numerosissimaโ€ (v. 8); โ€œla follaโ€ (vv. 9.11). Gran quantitร  di gente che precede e che segue, partecipazione popolare, confessioni di fede, invocazioni liturgiche, gesti di omaggio per colui che sta entrando in Gerusalemme: sembrano le scene di un evento coronato da successo. Sembra un Gesรน uomo di successo (esiste anche il successo religioso, assolutamente identico nelle dinamiche a quello mondano). Ma con tutto questo stride la presenza silente di Gesรน. Emerge una domanda: le folle capiscono ciรฒ che avviene? Capiscono ciรฒ che รจ veramente essenziale capire? Capiscono Gesรน e il suo agire? Capiscono la parola che Gesรน sta pronunciando? Sanno ricevere la lezione di libertร  che Gesรน sta dando loro? Capiscono la mitezza messianica? Lโ€™episodio in cui di nuovo entrerร  in scena una grande folla tumultuante che chiede a Pilato di rilasciare Barabba e di condannare Gesรน (in Mt 27,20-24), suggerisce una risposta negativa. Allโ€™inizio della settimana santa, il cammino di Gesรน interpelli anche noi, i nostri cammini personali, il nostro cammino ecclesiale, interpelli i modi e le forme del nostro camminare da cristiani tra gli uomini. Se รจ un cammino verso la libertร  di Cristo o se segue logiche asservite ai modi di pensare e di sentire che non furono di Cristo, ma che sono sempre e soltanto mondane.

A cura di Luciano Manicardi – Fonte


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