Alberto Maggi – La fede non si ostenta

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RESPINTI DAL CRISTO

โ€œNon chiunque mi dice โ€˜Signore, Signoreโ€™, entrerร  nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontร  del Padre mio che รจ nei cieliโ€ (Mt 7,21). Con questo severo monito rivolto ai suoi discepoli, Gesรน dichiara e chiaยญrisce che lโ€™ostentata esibizione di attestati di fedele ortodossia non รจ sufficiente per lโ€™apparteยญnenza alla comunitร  del regno. Questa viene concessa solo a quanti, nella pratica delle beatitudini, reaยญlizzano la volontร  del Padre, prendendosi attivamente cura dei piรน deboli della societร , i poveri, gli emarginati, gli esclusi, gli stranieri. La missione di Gesรน รจ stata infatti quella di realizzare e portare a compimento il disegno del Creatore, che aveva espressamente chiesto che non vi fosse โ€œalcun bisognoso in mezzo a voiโ€ (Dt 15,4), unica garanzia della presenza del Signore in seno a una comunitร  (โ€œNessuno infatti tra loro era bisognosoโ€, At 4,34).

Per questo lโ€™unico distintivo ammesso, il solo che fa riconoscere come seguaci autentici del Cristo, รจ lโ€™amore che si fa servizio (โ€œDa questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altriโ€, Gv 13,35). Ponendo lโ€™amore-servizio quale unico segno distintivo dellโ€™appartenenza a Gesรน, viene escluso qualsiasi altro. Purtroppo, quando questo non รจ compreso si sceglie la facile strada del surrogato, attraverso lโ€™ostentata esibizione di stemmi, insegne, simboli, abiti, decorazioni, che vengono sbandierati per mostrare agli altri che si รจ religiosi, ma non sono sufficienti per essere riconosciuti quali autentici seguaci di Gesรน. Mentre abiti o insegne religiose sono legate a un determinato contesto culturale e sociale, e limitato quindi geograficamente a una parte del mondo, lโ€™amore che si traduce in generoso servizio รจ un linguaggio universale, che non conosce limiti e confini razziali o geografici, ed รจ lโ€™unico distintivo, prontamente riconoscibile da tutti, che manifesta la presenza di Dio nellโ€™umanitร .

Ai discepoli, che non accettano il rimprovero del loro maestro, e rivendicano di non essersi limitati alla sola professione di fede ma di aver anche profetato, cacciato demรฒni e compiuti prodigi nel suo nome, tutte azioni che il Signore aveva loro espressamente incaricato di compiere (ยซGuarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoniยป, Mt 10,8), Gesรน risponde duramente, mettendoli alla porta senza tanti complimenti. Adoperando una formula rabbinica di rifiuto che esprime la irreparabile separazione tra il maestro e i suoi discepoli (โ€œNon vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate lโ€™iniquitร โ€, Mt 7,23), Gesรน esclude questi sedicenti discepoli dal regno, esattamente come farร  per le โ€œvergini stolteโ€ della parabola (Mt 25,12).

Possono stupire queste parole dure, questo radicale rifiuto di Gesรน: lui che ha sempre accolto peccatori e miscredenti, pagani ed emarginati, con tenerezza, compassione e misericordia, ora respinge in maniera inappellabile proprio i suoi piรน vicini seguitori. Gesรน non si limita a escludere qualunque tipo di relazione con questi pseudo diยญsceยญpoli, ma li denuncia anche quali โ€œoperatori di iniquitร โ€. Nella Bibbia con โ€œiniquitร โ€ vengono designate le praยญtiยญche magiche (Nm 23,21.23; 1 Sam 15,23) e la forza nefaยญsta che produce solo quel che รจ inutile, vano, inefยญficace; per cui il significato di โ€œoperatori di iniquitร โ€ รจ quello di essere costruttori del nulla.

Il motivo del rimprovero da parte di Gesรน รจ nelle modalitร  dellโ€™attivitร  di questi discepoli, che hanno sรฌ agito usando il nome del Signore, ma senza identificarsi in lui. Gesรน infatti non contesta loro di non aver cacยญciato deยญmรฒยญni, profetato o compiuto prodigi, ma rimprovera loro che queste azioni, anzichรฉ essere la conยญseguenza dellโ€™adesione a lui (Mt 7,23) e dellโ€™idenยญtiยญficazione con la sua persona, sono solo frutto dellโ€™uso del suo nome, adoperato quasi come una formula dallโ€™autoยญmatico potere (โ€œnel tuo nomeโ€). Questi discepoli, pur avendo sottomesso i demรฒni, sono completamenยญte sconosciuti a Dio, perchรฉ il Padre riconosce come suoi figli solo quantiย  gli assomigliano nel comportaยญmento (cf Mt 5,43-45). Gesรน esclude dal regno questi uditori/ripetitori del suo insegnamento, che perรฒ non si sono lasciato coinvolgere nella propria vita dal suo messaggio: ascoltano e annunciano, ma la parola predicata ad altri non ha messo radici in essi, e per questo non porta frutto (cf Mt 13,5โ€‘6).

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Quanti ostentano dottrine e insegne religiose, senza che loro vita sia minimamente sfiorata dal Vangelo che sbandierano, sono il nulla, come denuncia Paolo nella Prima Lettera ai Corinti: โ€œSe avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la caritร , non sarei nullaโ€ (1 Cor 13,2).

Per questo, subito dopo questo duro rimprovero, Gesรน invita i discepoli non solo ad ascoltare le sue parole, ma a far sรฌ che queste mettano profonde radici nella loro vita e ne modifichino il comportamento, per costruire la propria casa con saldi fondamenti sulla roccia. Quando questo non viene compreso, quando ci si limita ad ascoltare senza mettere in pratica, si costruisce sul nulla, la casa crolla, โ€œe la sua rovina รจ grandeโ€ (Mt 7,24-26). Semยญbraยญvaยญno buon grano, mentre erano solo tossica zizzania (cf Mt 13,30). Non solo non hanno costruito nulla, ma quel che credevano di aver costruito รจ miseramente crollato. Questo fallimento, proprio da parte di quelli che si credevano i piรน vicini a Gesรน, non impedisce al Signore di continuare a proporre continuamente nella storia il suo messaggio vivificante, che verrร  accolto proprio da quelli che si consideravano i piรน lontani, gli esclusi, gli stranieri: โ€œOra io vi dico che molti verranno dallโ€™oriente e dallโ€™occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarร  pianto e stridore di dentiโ€ (Mt 8,11-12).

Fonte: Il Libraio

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