Rivista di Pedagogia Religiosa – Commento alle letture di domenica 27 Ottobre 2019

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L’elemosina della santitร 

ยซDisse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri โ€œDue uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e lโ€™altro pubblicanoโ€ฆโ€ยป (Lc 18, 9-14).

Mettendo in scena il primo personaggio, Gesรน vuole denunciare due disposizioni sbagliate e opposte al comportamento evangelico: la presunzione di essere giusti di fronte a Dio e il sentirsi superiori agli altri tanto da disprezzarli. I due atteggiamenti sono legati e il secondo dipende dal primo.

Lc 18,11 andrebbe meglio reso in italiano cosรฌ: ยซIl fariseo stando ritto presso se stesso, queste cose pregavaโ€ฆยป. Il fariseo, dunque, รจ tutto preso di sรฉ, รจ rivolto non a Dio ma a se stesso, recita delle parole pensando di pregare ma in realtร  fa un autoelogio.

Il fariseo presume di sรฉ ed รจ sicuro della propria santitร , si presenta cosรฌ quale giudice zelante e spietato nei confronti del suo prossimo: ยซTi ringrazio che non sono come gli altri uominiโ€ฆ e neppure come questo pubblicanoยป (Lc 18, 11).

Il pubblicano, invece, non si preoccupa di quello che gli altri sono e fanno; รจ lontano dalla sua mente il giudicare il fariseo o altri. Egli รจ consapevole dei suoi tradimenti e delle sue colpe e non tenta di mascherarli davanti a Dio: ยซStando a molta distanza non voleva neppure alzare gli occhi al cielo, ma batteva il suo petto dicendo: โ€œO Dio, fai elemosina a me peccatoreโ€ยป (Lc 18, 13). Si presenta con quelle che dovrebbe essere laย  ยซcarta dโ€™identitร ยป di ogni cristiano: peccatore!

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La parabola presenta due atteggiamenti di preghiera, ma poi finisce con il descrivere due modi di vivere. La preghiera cosรฌ rivela la vita dei due personaggi. Di conseguenza ciรฒ che va corretto non รจ la preghiera ma l’idea che si ha di Dio, di se stessi e del prossimo. Il fariseo e il pubblicano incarnano un modo diverso di porsi di fronte a Dio e agli altri, un modo opposto di guardare a se stessi, un modo opposto di concepire la santitร .

Parole senza preghiera… la perfezione del presuntuoso

II fariseo entra nel tempio e rimane ยซin piediยป: รจ sicuro e fiero di sรฉ. Formula una preghiera di ringraziamento a Dio non per i doni ricevuti, non per la vita o la fede; ma perchรฉ non รจ come gli altri. Egli si ยซdistingueยป per il suo impegno e avanza dei meriti dinanzi a Dio: ยซDigiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedoยป (Lc 18,12). รˆ piรน che scrupoloso nell’osservare i suoi doveri religiosi. La sua ยซsantitร ยป sarebbe frutto unicamente del suo sforzo e del suo impegno. Ma in fondo il fariseo dice la veritร , perchรฉ รจ vero che osserva fedelmente la legge e fa grandi sacrifici; รจ vero che il suo zelo lo spinge a fare piรน di quanto la legge richiede: non digiuna soltanto un giorno alla settimana, come era prescritto, ma due. Che cosa allora non va nella sua vita? Perchรฉ la sua preghiera non รจ gradita a Dio?

Tutto il suo impegno lo ha realmente portato all’autorealizzazione nella santitร ? Il ยซdifettoยป del fariseo non รจ l’ipocrisia, ma il riporre la fiducia unicamente in se stesso. La sua preghiera รจ un monologo: ยซStando ritto presso se stesso queste cose pregava… ยป (Lc 18, 11). Egli sta ยซin piediยป, non ha nulla da chiedere a Dio, anzi ritiene che Dio debba qualcosa a lui: nella sua preghiera non chiede misericordia, non aspetta il dono della salvezza, ma attende da Dio il premio che gli รจ dovuto per il bene fatto. Nel suo monologo orante esordisce dicendo: ยซO Dio, ti ringrazio… ยป: fa risalire in un certo modo la sua santitร  a Dio. Ma questa originaria consapevolezza di dipendenza da Dio per la sua autorealizzazione si perde lungo la strada, perchรฉ il suo sguardo รจ tutto ripiegato in se stesso. La sua santitร  non deriva da Dio e il suo modo di giudicare con disprezzo il prossimo non ha nulla a che vedere con la preghiera: รจ solo un autocompiacimento.

Uscirร  come era entrato: con il suo orgoglio, il suo disprezzo, per gli altri, la sua presunta santitร … Nella Casa di Dio era entrato da ยซsantoยป, ne esce da fallito!

II coraggio di piegarsi… l’umiltร  del peccatore

Il pubblicano, ebreo ยซrinnegatoยป, รจ iscritto nell’elenco ufficiale dei ยซsenza Dioยป insieme ai ladri, alle prostitute e agli adulteri. Consapevole che la sua vita รจ in forte dissonanza con la fede e la santitร , ยซstando a molta distanza, non voleva nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma batteva il suo petto…ยป (Lc 18, 13). Entra nel tempio con la coscienza di porre dinanzi a Dio tutta la sua vita, senza maschere e in tutta la sua nuditร . Il suo atteggiamento di preghiera รจ esattamente opposto a quello del fariseo. La sua preghiera non รจ un monologo ma un dialogo; egli non parla a se stesso ma a Dio: ยซO Dio, fai elemosina a me peccatoreยป. Dice la veritร : รจ peccatore! A Dio presenta con coraggio la sua carta di identitร  e, cosciente della sua fragilitร , piega le ginocchia, tiene abbassato lo sguardo perchรฉ si vergogna di se stesso, resta in fondo al tempio perchรฉ non osa avvicinarsi alla santitร  di Dio.

La sua umiltร , tuttavia, non consiste nell’abbassarsi perchรฉ egli รจ realmente ciรฒ che dice di essere, ma nel coraggio di presentarsi con veritร  a Dio e a se stesso, cosรฌ com’รจ. Al coraggio unisce il bisogno di cambiamento, consapevole di non poter pretendere nulla da Dio. Non ha nulla di cui vantarsi e non ha nulla da esigere. Puรฒ solo chiedere: ยซO Dio, fai elemosina a meยป, in greco: ilร stheti moi! Chiede l’elemosina di Dio, implora cioรจ il chinarsi misericordioso del Signore sulla sua fragilitร , sul suo essere peccatore. E si rimette a Lui, si affida completamente allo sguardo compassionevole di Dio, non a se stesso. รˆ questa l’umiltร , รจ questo l’atteggiamento che Gesรน loda. Nella Casa di Dio era entrato da peccatore, ne esce da santo!

Cogliersi dallo sguardo di Dio

Gesรน non elogia la vita del pubblicano e non disprezza le opere del fariseo; apprezza la veritร  con la quale il pubblicano si pone dinanzi a Dio e a se stesso; del fariseo condanna l’atteggiamento orgoglioso e arrogante e l’inutilitร  della sua vuota preghiera.

L’unico modo di porsi di fronte al Signore, nella preghiera e nella vita, รจ essere se stessi nella coscienza della propria fragile creaturalitร … liberata e redenta e perciรฒ bella! Il fariseo considera la sua santitร  come frutto del suo impegno e non come dono di Dio; รจ lontana dalla sua mentalitร  di misericordia e la ยซprossimitร ยป con chi รจ diverso da lui, con il pubblicano.

Gesรน non rimprovera perciรฒ il fariseo di ipocrisia, ma evidenzia che รจ sbagliato l’intero suo modo di rapportarsi a Dio: ยซDisse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altriยป (Lc 18, 9). Gesรน smaschera nel fariseo la sua ยซradice inquinataยป, il sistema religioso del quale รจ intriso e non una semplice incoerenza. La parabola non afferma che il fariseo avrebbe dovuto vivere come il pubblicano: non sono le sue opere ad essere contestate ma egli stesso e il suo modo di essere.

L’errore sta nel guardare a Dio alla luce delle proprie opere. Per Gesรน invece รจ importante e necessario che l’uomo guardi a se stesso a partire da Dio, che l’uomo impari a cogliersi dallo sguardo di Dio e ad essere ยซveroยป di fronte a Lui. ยซIo vi dico: questi tornรฒ a casa sua giustificato, a differenza dell’altroยป (Lc 18, 14); la ยซgiustificazioneยป รจ permettere a Dio di farci dono del suo perdono, lasciare che Dio ci ami cosรฌ come siamo, senza paura e senza infingimenti. E allora la fragilitร  umiliata si trasforma in forza e coraggio, ci rimette nuovamente in strada da santi verso la pienezza della vita, ยซperchรฉ chi si esalta sarร  umiliato e chi si umilia sarร  esaltatoยป (Lc 18,14).

Santi perchรฉ peccatori

La lezione della parabola รจ stata molto chiara. La santitร  รจ iscritta nella nostra creaturalitร , ci restituisce al nostro essere uomini. La santitร , perรฒ, inizia dove finisce l’umana presunzione perchรฉ รจ riconoscimento, accoglienza e offerta di ciรฒ che si รจ: peccatori! รˆ questa la nostra carta d’identitร , questa la coscienza della nostra creaturalitร  esposta al bacio della graziosa tenerezza di Dio. Possiamo allora dire che noi siamo santi perchรฉ peccatori. Chi non ha la profonda consapevolezza di essere peccatore non potrร  mai essere santo!

(M. RUSSOTTO, Santitร  come autorealizzazione? Spunti di riflessione in compagnia della Parola, in CISM, La relazione con Dio: fondamento dellโ€™autorealizzazione del vivere con i fratelli, della passione apostolica. ยซProtesi verso il futuroยป (Fil 3,12)โ€ฆ per essere santi, Roma, Il Calamo, 2003, 55-59).

Preghiera e valutazione degli altri

La valutazione degli altri, ecco l’altro parametro che bisogna accettare per riscoprirsi. Specie se quest’altro รจ Dio e per lui Cristo.

Un giorno si presentano al tempio per pregare un fariseo ed un pubblicano. Il primo prega cosi: “Dio, ti ringrazio che non sono come il resto degli uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, oppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana, pago la decima di tutto ciรฒ che acquisto”. L’altro invece: “Dio, sii clemente al peccatore che io sono”. Gesรน sentenzia: “Vi dico, il pubblicano se ne tornรฒ giustificato a casa sua, a differenza dell’altro” (Lc 18,11-14).

Evidentemente il primo si รจ valutato da sรฉ e lo ha fatto paragonandosi agli altri. E chi รจ disposto a considerarsi peggiore degli altri? Non giudichiamo forse gli altri con estrema facilitร  e molto spesso con spietata severitร ? Il fariseo ha finito con il sopravvalutarsi, con l’essere ingiusto con sรฉ e soprattutto con gli altri; perciรฒ continua Gesรน: “Chi si esalta sarร  umiliato e chi si umilia sarร  esaltato” (Lc 18,14). Il pubblicano s’รจ messo di fronte a Dio e ne ha visto l’immensa distanza, l’incolmabile differenza, ha chiesto aiuto ed รจ stato restituito al suo posto di uomo “giusto”.

Un giorno (scrive Francesco Alberoni) rabbi Jochanan ben Zaccai domandรฒ ai suoi discepoli quale รจ la retta via da seguire. Elazar gli diede la risposta esatta: “un cuore buono”. Ottima risposta, eppure noi riusciamo a manipolare anche l’intenzione. A poco a poco, attraverso una sottile azione di propaganda su noi stessi, arriviamo a nasconderci i veri motivi della nostra azione: l’ambizione, l’interesse, l’odio, la vendetta. Ci convinciamo di essere mossi soltanto dal desiderio di fare del bene, dall’altruismo. Sartre la chiamava falsa coscienza. Anche il grande inquisitore Torquemada pensava di essere buono, in quanto cercava di salvare l’anima immortale di coloro che condannava al rogo. Qualsiasi virtรน รจ automaticamente distrutta dal compiacimento di possederla.

O Dio, abbi pietร  di me, peccatore

ยซVeglia su di te, dice la Scrittura (Dt 15,9). Credo che colui che ha dato la legge sia ricorso a tale ammonimento anche per sradicare un’altra passione; poichรฉ ciascuno di noi รจ piรน facilmente incline a interessarsi delle cose altrui invece che meditare sulle proprie, affinchรฉ non abbiamo ad ammalarci di questa malattia, il Signore ci dice: ยซSmetti di interessarti della cattiveria del tale o del tal altro; non dar tempo ai tuoi pensieri di esaminare le debolezze altrui, ma veglia su di te, cioรจ volgi l’occhio dell’anima a scrutare tรจ stessoยป.

Molti, infatti, secondo la parola del Signore, osservano la pagliuzza nell’occhio del fratello e non vedono la trave che รจ nel proprio (cfr. Mt 7,3). Non cessare, dunque, di scrutare te stesso, se vuoi vivere secondo il comandamento. Non stare a guardare fuori di te se ti riesce di trovare qualcosa da rimproverare agli altri, come faceva quel fariseo presuntuoso e vanaglorioso che innalzava se stesso giustificandosi e disprezzava il pubblicano (cfr. Lc 18,10-14); non smettere di esaminare te stesso chiedendoti se hai peccato nei tuoi pensieri o se la tua lingua, piรน veloce del pensiero, non ha detto qualcosa di troppo, se con le opere delle tue mani non hai compiuto qualcosa al di lร  delle tue intenzioni. E se trovi nella tua vita un gran numero di peccati – sei uomo e dunque ne troverai di certo โ€“ ripeti le parole del pubblicano: โ€œO Dio, abbi pietร  di me peccatoreโ€ (Lc 18,13).

Veglia su di te. Se godi di grande pace, se i tuoi giorni scorrono felici, queste parole ti saranno utili come un buon consigliere che ti ricorda la realtร  delle cose umane. Se invece sei oppresso da vicende avverse, le stesse parole cantate nel cuore ti riusciranno utili per non elevarti orgogliosamente a un’insolenza eccessiva o per non cadere per disperazione in un meschino scoraggiamentoยป.

(BASILIO DI CESAREA, Veglia su di te 5, Bose, 1993, pp. 19-20).

Lโ€™umiltร 

Unโ€™ulteriore energia dello Spirito รจ lโ€™abbassamento. Non uso volutamente la parola ยซumiltร ยป perchรฉ il significato abituale che attribuiamo a questโ€™ultima comporta una certa dose di autodeterminazione, il che in realtร  รจ unโ€™impressione a posteriori. Lโ€™umiltร  รจ una condizione prima di essere un giudizio su noi stessi. รˆ una situazione di abbassamento sulle tracce di Cristo: ยซChi si umilia sarร  esaltatoยป. Un abbassamento che ha valore solo se รจ opera dello Spirito santo. รˆ indubbiamente a questo punto che entra in gioco lโ€™obbedienza religiosa, nella misura in cui tale obbedienza consiste nel rimanere sottomessi, soggetti ad altri uomini, per amore del Signore e seguendo il suo esempio.

(Tratto da A. Louf, La vita spirituale, Edizioni Qiqajon – Comunitร  di Bose, Magnano, 2001, pp. 9-20).

Commento tratto da Rivista di pedagogia religiosa

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