Commento al Vangelo di domenica 6 Ottobre 2019 – p. Alessandro Cortesi op

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โ€œFino a quando Signore implorerรฒ e non ascolti, a te alzerรฒ il grido โ€˜Violenza!โ€™ e non soccorri? Perchรฉ mi fai vedere lโ€™iniquitร  e resti spettatore dellโ€™oppressione?โ€

La domanda del profeta: โ€˜Fino a quando?โ€™ รจ denuncia dellโ€™ingiustizia e della condizione di oppressione e violenza. Ed รจ anche implorazione a Dio. Domanda che rimane sospesa. โ€œFino a quando Signore?โ€ รˆ la preghiera anche dei salmi che rivolgendosi a Dio non possono non guardare allo scandalo del male e dellโ€™ingiustizia. โ€œPerchรฉ mi fai vedere lโ€™iniquitร  e resti spettatore dellโ€™oppressione?โ€ฆ Non ha piรน forza la legge nรฉ mai si afferma il diritto. Lโ€™empio infatti raggira il giusto e il giudizio ne esce stravoltoโ€.

La triste esperienza della legge stravolta, dei giudizi tramutati in esaltazione della truffa, lโ€™arroganza dei disonesti che schiacciano i deboli e la corruzione del giudizio, fa sorgere la drammatica domanda che investe la stessa fede e la spoglia di ogni presunzione e sicurezza.

Abacuc guarda non solo alle sofferenze di un singolo ma pone una domanda che tocca una realtร  piรน ampia. Come puรฒ Dio, il santo, colui che ha occhi troppo puri per vedere il male, permettere che sia un popolo barbaro a compiere vendetta e che popoli malvagi vengano offesi da popoli ancora piรน malvagi? La sua domanda si pone nella linea della provocazione di Giobbe: disorienta le teologie che intendono tutto spiegare. La sua pagina รจ esemplare del coraggio del profeta che apre domande difficili e le rivolge a Dio stesso. Nellโ€™annuncio della risposta di Dio viene indicato un termine: lโ€™ingiustizia e la violenza non sono lโ€™ultima parola. Ma รจ richiesto di attendere, di sperimentare una radicale fiducia in Dio.

Come tenere insieme la fiducia nel Dio buono e giusto e le tragedie storiche dโ€™ingiustizia e oppressione? Abacuc invita ad avere il coraggio di lanciare verso Dio il grido che sorge dal dolore, a vivere lโ€™attesa.

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Eโ€™ la domanda che risuona nel grido di ogni credente che non volge le spalle ad Auschwitz. Ed รจ ancora e sempre la domanda che si leva come grido silenzioso di fronte alla barbarie, allโ€™orrore, alla violenza.

Abacuc nel suo breve libro richiama lโ€™atteggiamento del giusto: โ€˜soccombe colui che non ha lโ€™animo retto, mentre il giusto vivrร  per la sua fedeโ€™. Il giusto รจ colui che, senza scorciatoie, senza facili risposte al male, mantiene la sua fedeltร  rivolta al Dio della vita. Trova la sua stabilitร  in tale affidamento.

La sfida del credere รจ vivere il presente, con il cuore rivolto a Dio senza far venir meno la domanda โ€˜fino a quando?โ€™ Credere non รจ quindi percorso senza problemi. La fatica interiore del credente proviene dallo scorgere le contraddizioni della storia.

La fede rimane sospesa alla fedeltร  di colui che non verrร  meno alle sue promesse, che chiama a solidarietร  con le vittime dellโ€™ingiustizia.

Il vangelo richiama lo stile del credere: credere non รจ adesione ad una serie di dottrine, รจ invece incontro e cammino, coinvolgimento della vita in una relazione con Dio. Eโ€™ affidamento. โ€˜Accresci la nostra fedeโ€™ รจ espressione di un cammino che sempre mantiene la ricerca. Non sono facilmente eliminati i problemi e le difficoltร  del pensare, del confronto con la storia e la vita. Non sono eliminate le fatiche di vedere il suo cammino come una sorta di illusione inutile. Il credente รจ presentato nel vangelo di Luca come colui che non trova in sรฉ la forza per affidarsi a colui che salva.

Per parlare della fede Gesรน indica un granellino di senapa, il piรน piccolo di tutti i semi. La vita della fede non รจ opera umana, non รจ realtร  che sโ€™impone e nemmeno qualcosa di grande, รจ piuttosto lasciare spazio allโ€™azione di Dio. Per questo la preghiera del credente รจ richiesta di cammino: โ€œAccresci in noi la fedeโ€. Chi crede รจ โ€“ dice Luca โ€“ come colui che risponde ad un incarico affidatogli. Sta qui il messaggio al centro della parabola del servo. Il senso della sua vita sta nella relazione con qualcuno che attende e a cui rispondere. Non รจ questione di diritti e pretese, ma riconosce di essere โ€˜semplice servoโ€™ (non โ€˜inutileโ€™, ma unicamente servo).

Nel rapporto con Dio il grande dono รจ poter assumere lโ€™attitudine di Gesรน che รจ stata quella del servo: e rimanere come lui. Nellโ€™immagine qui utilizzata del servo, che agisce e attende, lโ€™accento non sta sul rapporto servo-padrone quasi che lโ€™atto di fede sia riconducibile ad un rapporto schiavistico e oppressivo della libertร . Piuttosto chi crede scopre come tutto ciรฒ che รจ ed ha proviene da un dono e va messo a servizio di altri. Come Gesรน che si รจ chinato per lavare i piedi dei suoi discepoli assumendo la condizione del servo. E indicando ai suoi: anche voi fate cosรฌ.

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso lโ€™Istituto Superiore di Scienze Religiose โ€˜santa Caterina da Sienaโ€™ a Firenze. Direttore del Centro Espaces โ€˜Giorgio La Piraโ€™ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira โ€“ Firenze.

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