Essendo lโestate oramai trascorsa, ci si avvicina pian piano alla stagione fredda, che comunque in certi tratti sembra ancora abbastanza lontana: pur se al calar del sole lโaria si รจ fatta frizzante, tenacemente le giornate resistono aggrappate a quei tepori che hanno riscaldato i mesi trascorsi.
Una languida mestizia caratterizza questi periodi, ma accanto alle foglie che cadono, ci sono colori e sapori che maturano: anche se lโapparenza si vela di morte, a trionfare sarร sempre la gioia della vita.
Certo che se poi a partire da fine settembre la pubblicitร giร reclamizza i regali di Natale, tutto diventa piรน facile!
Lo Spirito renda vivace lโispirazione dello scrivente e la meditazione del lettore.
Dopo aver affrontato nelle scorse settimane letture alquanto lunghe, questa domenica la liturgia ci offre un passo evangelico relativamente breve. Tuttavia lo scrivente รจ bene a conoscenza che anche โun solo iotaโ della Scrittura ha in sรฉ unโinfinita densitร , e che la concisione del lessico non corrisponde a sterilitร di senso.
Lโestratto lucano che il sacerdote proclamerร in questa occasione, riporta un confronto tra Gesรน e gli apostoli.
Questi ultimi pongono al Maestro una domanda dal contenuto importante. Il testo italiano recita: โAccresci in noi la fede!โ (v. 6), ma il greco originale usa il verbo โprostรฌthemiโ che letteralmente vale โporre_pressoโ. I dodici quindi, per precisione, non chiedono che Gesรน renda piรน grande la fede che giร posseggono, ma supplicano che il Maestro conceda loro la fede che non hanno.
Certamente gli apostoli in tale circostanza, hanno domandato una cosa molto buona, ed hanno agito molto bene: la fede infatti รจ un dono, e questo dono va chiesto al Signore. Eppure, in trasparenza, cโรจ unโenorme ombra che incupisce questa richiesta.
Lo scrivente invita il lettore a porsi la seguente domanda: per quale motivo i dodici chiedono la fede?
ร necessario affrontare tale quesito, perchรฉ quello che gli apostoli chiedono al Cristo allude ad altro, e ciรฒ non รจ sfuggito alla โcardiognosiโ del Maestro.
Alla richiesta dei dodici (โDacci la fede!โ), Gesรน replica: โSe aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: <<Srร dicati e vai a piantarti nel mare>>, ed esso vi obbedirebbeโ.
La risposta di Gesรน ha una duplice sfumatura (proprio come duplice รจ la tinta della supplica dei dodici): Il significato letterale delle parole del Cristo porta allo scoperto il motivo subdolo della richiesta degli apostoli; il senso recondito, invece, risponde poderosamente alla โrischiosaโ esternazione formale di Pietro e compagni.
(Curioso รจ il gioco di incroci tra gli apostoli e Gesรน. Entrambe le parti, ciascuna nelle rispettive pronunzie, hanno una โapparenza formaleโ e una โsottigliezza sostanzialeโ, ed รจ interessante come alla sottigliezza dei dodici faccia fronte lโapparenza di Gesรน, e come allโapparenza di costoro a rispondere sia la sottigliezza del Maestro)
Veniamo al primo aspetto.
La superficie delle parole di Gesรน intende questo: โVolete la fede? Guardate che la fede ha un potere grandemente autorevole, poichรฉ ne basterebbe pochissima per compiere prodigi inverosimiliโ.
Ecco il vero motivo per cui gli apostoli volevano la fede: il potere!
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(Esplicativo a tale asserto sia il riferimento a due esempi, i primi che sovvengono alla mente dello scrivente. 1 โ Durante la Cena prima della Passione โnacque tra loro (gli apostoli) anche una discussione: chi di loro fosse da considerare piรน grandeโ [Lc 22, 24]. 2 โ Addirittura durante unโapparizione del Risorto gli apostoli domandarono: โSignore, รจ questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?โ [At 1, 6]. Per tornare al gioco degli incroci di poco fa, Gesรน ha colto pienamente la sottigliezza degli apostoli, ma questi ultimi [a leggere gli esempi riportati] non hanno per nulla scorto la profonditร della risposta del Cristo [che analizzeremo tra poco]: lo capiranno pian piano durante lโarco della loro vita. E noi?)
Per scovare, invece, il valore profondo della risposta di Gesรน, dobbiamo penetrare dentro le parole del Signore e scrutarle con attenzione.
Da come il lettore avrร intuito, questโoggi il centro del nostro commento รจ una frase, non tanto una parola, ma per rispettare ciรฒ che caratterizza i nostri incontri, scegliamo un termine che ci faccia da guida: GELSO.
Il nome greco che viene usato nella pericope รจ โsukร minosโ che vale tanto โgelsoโ quanto โsicomoroโ.
Questa pianta, tuttavia, assume senso pieno, solo se stretta in relazione con il suo agire: โSrร dicati e vai a piantartiโ.
Lo โSrร dicatiโ italiano soddisfa pienamente il greco โekrizรฒthetiโ. Per quel che riguarda โvai_a_piantartiโ, in greco รจ โfutรจuthetiโ, verbo che ha la stessa radice di โfรนoโ che intende propriamente โnascere/crescereโ.
Per giungere a dare completezza al nostro discorso, occorre prestare attenzione anche allo sfondo della scena: il โmareโ.
Sappiamo che Gesรน, a questo punto del Vangelo secondo Luca, รจ in viaggio verso Gerusalemme; inoltre nei capitoli successivi (precisamente al capitolo 19) Cristo entrerร in Gerico. La logica dello scrivente puรฒ dedurre che il dialogo riportato nel Vangelo odierno si sia svolto, quindi, nei pressi di Gerico, e il fondale che attornia tale cittร potrebbe essere stato di ispirazione per lโesempio paradigmatico proclamato dal Signore. In virtรน di quanto dedotto, nei pressi di Gerico vi รจ un solo mare: il โMar Mortoโ.
Detto tutto ciรฒ, torniamo allo scenario che ci viene offerto dal versetto 6: un gelso che si sradica dal terreno (dalla sua naturale fonte di vita) e va a piantarsi (va a nascere/crescere) nel mare (che giร di per sรฉ non puรฒ concedere habitat ad un gelso, figuriamoci un mare โmortoโ).
Proseguiamo nellโesplicitazione.
Abbiamo anticipato che al capitolo 19 Gesรน entrerร in Gerico. In tale circostanza il Vangelo secondo Luca colloca lโepisodio di Zaccheo. Il lettore certamente ricorda che per vedere Gesรน, Zaccheo sale su un albero, e che questโalbero รจ un โsicomoroโ (per la precisione il greco in tal caso usa โsukomorรจaโ).
Ma cosa รจ stato il sicomoro per Zaccheo? ร stata la sua salvezza, poichรฉ solo aggrappandosi al sicomoro ha potuto vedere Gesรน; solo aggrappandosi al sicomoro ha potuto farsi vedere da Gesรน. Ma perchรฉ la sua salvezza fosse definitivamente compiuta, Zaccheo รจ dovuto scendere dal sicomoro (sukomorรจa) e aggrapparsi a ben altro โsicomoro/gelso (sukร minos)โ: Gesรน.
Ma che Gesรน si possa identificare con il โgelsoโ di Luca 17, 6 non รจ il frutto romanzato dello scrivente: รจ proprio tale versetto che suggerisce questa lettura. E per cogliere il suggerimento in questione procediamo come fa il matematico con un postulato: il โgelsoโ รจ Gesรน, poichรฉ chi se non lui si รจ โsradicatoโ (dalla sua natura divina) e si รจ โpiantato nel mareโ (della condizione mortale)?
Unโaltra โincognitaโ, inoltre, viene ad irrobustire il postulato in esame: il verbo โobbedireโ (il versetto 6 usa โupรจkousenโ letteralmente โstare_sotto_in_ascoltoโ). Chi se non Gesรน รจ lโ โObbedienteโ per eccellenza, obbediente fino ad aggrapparsi, egli che รจ il Gelso, al โgelso della Croceโ?
(Interessante e degno di riflessione รจ proprio il fatto che il โgelsoโ del versetto 6 possa essere anche prefigurazione della Croce: infatti la tappa che segue Gerico sarร Gerusalemme)
Lo scaltroย lettore starร riflettendo perรฒ, che il postulato รจ un principio che viene โammesso come veroโ, solo e soltanto al fine di giungere logicamente alla veritร di una asserzione, ma non รจ dimostrato che sia tale. Eppure lo scrivente sa che quella scaltrezza che ha appena pervaso la contestazione del lettore, gli avrร immediatamente suggerito la controprova che dimostra la veridicitร del postulato in questione: รจ un passo della Scrittura che in dissolvenza ci sta respirando accanto.
La Lettera ai Filippesi capitolo 2 versetti 6-8 รจ stesa precisamente su Luca 17, 6:
A โ โpur essendo di natura divina, non considerรฒ un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliรฒ sรฉ stessoโ (Srร dicati)
B โ โassumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliรฒ sรฉ stessoโ (vai_a_piantarti)
C โ โfacendosi obbedienteโ (obbedirebbe)
D โ โfino alla morte e alla morte di croceโ (mare)
E โ Manca giustamente il soggetto ovvero il postulato, che viene perfettamente confermato: โil qualeโ ovvero sottinteso (da Fil 2, 5) โCristo Gesรนโ (gelso)
(Ci basti in questa sede solo una mera nota al riguardo: il โfacendosi obbediente [upรจkoos]โ della Lettera ai Filippesi รจ lo stesso identico lemma di โupรจkousenโ del versetto di Lc 17, 6)
Come se non bastasse, tutto ciรฒ รจ corroborato dalla prima parte del versetto di Lc 17, 6: โSe aveste fede quanto un granello di senapeโ.
Per sviscerare anche questโaltra โincognitaโ, dobbiamo far riferimento ad un ulteriore estratto dal Vangelo secondo Luca. Il capitolo 13 versetto 19 recita: โ(il Regno di Dio [sogg. sott. dal v. 18]) ร simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettรฒ nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi ramiโ.
Il โgranello di senapeโ, quindi, non indica tanto una โquantitร โ, quanto una โqualitร โ: esso รจ un albero, o meglio un โfarsi alberoโ.
Interessante come il greco di Luca 13, 19 per indicare โalberoโ usi โdรจndronโ che รจ un termine generico: intende infatti โtronco/legnoโ. Occorre, allora, classificare questo arbusto generico.
Ragioniamo con un sillogismo: se il granello di senape corrisponde a (farsi) albero, e se il granello di senape รจ figurazione del Regno di Dio, tra (farsi) albero รจ โRegno di Dioโ la congiunzione รจ diretta.
E chi รจ il Regno di Dio se non Gesรน (tra molteplici riferimenti a supporto cfr. Lc 17, 20-21), il โGelso Obbedienteโ?
Ecco quindi che alla โrischiosaโ (poichรฉ non sapevano quello che chiedevano) domanda formale degli apostoli: โDacci la fede!โ, la risposta profonda di Gesรน รจ la seguente: โSe volete da me la fede, sappiate che la mia fede รจ farsi obbediente fino alla morteโ.
Potremmo concludere cosรฌ, ma piace allo scrivente dare al lettore un altro supporto: con le chiavi che abbiamo scovato, proviamo a parafrasare letteralmente questa risposta di Gesรน (Lc 17, 6), facendoci aiutare da altre due โincogniteโ: โquantoโ e โquestoโ.
Iniziando il nostro incontro, parlavamo di come la voce del Cristo abbia un significato letterale ed un senso recondito. Mutando termini, possiamo affermare che il significato letterale corrisponde allโaspetto โquantitativoโ, mentre il senso recondito allโaspetto โqualitativoโ.
Parafrasiamo in base allโaspetto quantitativo:
A โ โSe aveste fede quanto un granello di senapeโ
(โquantoโ equivale โmisura/dimensioneโ)
A1 โ โSe aveste fede della misura/dimensione di un granello di senapeโ
(Da intendersi, quindi, โfede poca/piccolaโ)
B โ โpotreste dire a questo gelso: <<Srร dicati e vai a piantarti nel mare>>, ed esso vi obbedirebbeโ
(โquestoโ equivale โdi_fronte/davantiโ)
B1 โ โpotreste dire al gelso che sta qui di_fronte/davanti: <<Srร dicati e vai a piantarti nel mare>>, ed esso vi obbedirebbeโ
(La fede รจ un โpotereโ)
Parafrasiamo in base allโaspetto qualitativo:
A โ โSe aveste fede quanto un granello di senapeโ
(โquantoโ equivale โallo_stesso_modo/alla_stessa_manieraโ
A2 โ โSe aveste fede come quella che appartiene a un granello di senapeโ
(Da intendersi, quindi, โfede partecipe al Regno di Dioโ);
B โ โpotreste dire a questo gelso: <<Srร dicati e vai a piantarti nel mare>>, ed esso vi obbedirebbeโ
(โquestoโ equivale โme_qui_presenteโ [per capire lโaccezione cfr. Gv 2, 19-21: โDistruggete questo tempioโฆโ]
B2 โ โpotrร dire a me_qui_presente_che_sono gelso: <<Srร dicati e vai a piantarti nel mare>>, ed io obbedirรฒโ
(Avendo certamente il lettore rilevato una stonatura di incongruenza logica tra A2 e B2, andiamo ad argomentare. Nel momento in cui la mia fede diviene โcome_quella_che_appartiene_aโ un granello di senape (partecipe al Regno di Dio) cโรจ un ribaltamento, poichรฉ cambia il concetto di fede: cessa di alludere ad un โpotereโ e diviene โobbedienzaโ. Quindi il gelso che era fuori di me, su cui avrebbe pesato il mio potere, divento io stesso gelso obbediente. Il lettore osserverร che necessita esplicitare, a questo punto, il soggetto a cui obbedire, dato che chi doveva esserlo si รจ fatto obbediente. Ebbene, la fede che chiediamo a Gesรน altro non puรฒ essere che โobbedienza alla volontร di nostro Signoreโ, il quale Egli stesso si รจ fatto obbediente. Il lettore domanderร : ma nostro Signore, invece, ha obbedito a chi? Egli ha obbedito alla Sua volontร [ci basti!]. Ecco in definitiva, quindi, che la fede รจ avere in noi โgli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesรนโ [guarda un poโ? Ancora lei: Fil 2, 5]).
Per il coraggioso (e ce nโรจ voluto di coraggio!) che ha perseverato sin qui nella lettura, รจ bene che egli sappia che abbiamo miseramente approcciato โun solo versettoโ.

